22. Un bacio definitivo - Joanne

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𝄞 Hate You - Jungkook

«Non riesco a credere al fatto che io ti stia consigliando cosa indossare a un appuntamento con Mr Mutande sul Letto.» Karter ficcò la testa dentro il mio armadio, scuotendola contrariato.
«Vedo che entrambi siamo molto in sintonia con i reciproci partner», scherzai, lasciandomi cadere sulla poltrona accanto alla scrivania.
Karter si voltò a guardarmi e tirò fuori una gruccia. «Tu non hai motivo di essere in collera con Parker.» Adagiò sul mio corpo un abitino blu notte tempestato di paillettes, ma subito lo scartò. «Non devi sembrare una suora.»
«Più scosciata di così?» domandai allargando gli occhi. «E poi, nemmeno tu hai motivo di avercela con Keaton. Semmai è il contrario.»
Il mio amico si girò e l'occhiata che mi rivolse era simile a quella del cattivo in un film horror. «Stai sul serio dando la colpa a me?»
«Non è colpa di nessuno; ma dato il malinteso lui potrebbe avere una giustificazione in più per prendersela, ecco.»
«Credevo che fossimo amici», bofonchiò infilandomi un abito sopra la testa con tutta la gruccia. «Questo è perfetto.»
«E lo siamo», mi precipitai a dire. «Migliori amici. Amici che di più non si può.»
«Avresti dovuto dire che sono come un fratello e bla bla bla», imitò una bocca parlante con la mano e mi spinse davanti allo specchio, adagiando sulla mia testa un bucket hat di pelle, il suo bucket hat.
Il riflesso mostrava una me tutta trasandata con i capelli sparati in tutte le direzioni e, dietro di me, un Karter magnifico come sempre. Indossava degli skinny jeans e una semplice felpa verde acqua, ma riusciva comunque a sembrare uno strafigo. Sorrisi come una scema e sospirai, lasciandomi andare con la nuca sulla sua spalla.
«Davvero mi lascerai uscire con quel cappello?» chiesi, sollevando gli occhi su di lui. Era il suo accessorio preferito.
«Solo se mi prometti di non perderlo.»
«Te lo prometto, te lo prometto», esultai, dandogli quasi una testata per la mia enfasi improvvisa. Lo abbracciai e nel farlo scorsi il coniglietto che tenevo sul comodino; segnava già le otto di sera e quasi non mi soffocai con la mia stessa saliva ad appurarlo. «Non sono mai in ritardo», gracchiai agitata, iniziando a girare come una molla per tutta la stanza, cercando di recuperare biancheria intima e asciugamani.
«L'attesa del piacere è essa stessa il piacere», citò Karter, divertito. Poi, si parò davanti a me e mise le mani sulle mie spalle per fermarmi. «Respira. Corri sotto la doccia, ti preparo tutto io», consigliò spingendomi verso la porta del bagno.
«Niente mutandine tattiche!» lo avvertii, saltando su un piede mentre mi sfilavo i pantaloni della tuta.
Karter sbuffò una risata e agitando le mani in un ciao ciao, chiuse la porta, lasciandomi preda di un'agitazione esagerata. Mi infilai sotto la doccia e lasciai all'acqua il potere di calmarmi. Ovviamente non ci riuscì, ma tentar non nuoce. Quando spalancai l'anta del box urlai dallo spavento. «Che diamine, Karter!» feci con una mano premuta sul petto. «Quando sei entrato?»
«Quasi subito. Non ci voleva molto a recuperare il necessario», ammiccò, indicando il mobile del lavabo su cui giaceva la mia biancheria intima che aveva scelto accuratamente.
«Avevo detto niente mutandine tattiche», bofonchiai, incendiando con gli occhi il minuscolo pezzo di stoffa per cui aveva optato.
Karter non rispose e mi avvolse con l'asciugamano, prima di uscire dalla stanza e mettersi comodo sul mio letto. «Voglio l'effetto sorpresa», spiegò. «Quindi, vestiti e mostrati a me, mia adorabile creatura.»
«E se avessi creato un mostro?» chiesi alzando la voce così che anche a distanza riuscisse a sentirmi.
«Impossibile. Stai parlando con il re dello stile, non dimenticarlo. Mai.»
Risi e mi affrettai a mettermi tutto quello che mi aveva preparato. Mi infilai gli stivali, recuperando dieci centimetri di altezza che mi facevano somigliare più a una donna, piuttosto che a Slugma, il pokémon senza gambe. Mi passai la spazzola sui miei indomabili ricci e fermai un ciuffo laterale con una molletta color argento. Non persi altro tempo nel truccarmi, Keaton mi aveva visto in situazioni peggiori di questa, perciò non aveva alcun senso. Uscii dal bagno e venni accolta subito da un fischio di apprezzamento.
«Giuro che se non ti sco...»
«Non dirlo!» fermai Karter, inorridita. Sapevo già dove volesse andare a parare.
Karter fece spallucce e sorrise malizioso. «Se non lo fa lui, lo faccio io. Dannazione, piccola J. sei uno schianto!»
Spalancai gli occhi e mi ritrovai a boccheggiare come una cretina. Fallo! Fallo tu! Lo avrei urlato, ma sapevo che Karter, con tutta la sua buona fede, non pensava davvero quello che aveva detto. Mi strinsi nelle spalle con un sorriso timido sulle labbra.
Karter si avvicinò a me, passandomi il pollice sulle labbra. «Cos'è questo imbarazzo?» domandò divertito. «Avresti preferito sentirmi dire che sei un cesso ambulante?»
«Assolutamente no», risposi. «Solo che... A te le ragazze non piacciono, quindi sei di parte, no?»
Sorrise comprensivo e mi accarezzò le guance. «Credimi se ti dico che non lo sono», iniziò con un tono basso e calmo e sincero. I suoi occhi erano lucenti come quarzo nero e trasparenti come il più cristallino dei fondali, non sapevano mentire, non a me che ne conoscevo ogni più piccola sfumatura. «Sei bellissima Joanne e, se mai fossi tanto disperato da desiderare una vagina, tu saresti la mia prima e unica scelta.»
«Consolatorio», mormorai sarcastica. Ciò che provavo era più di un divertimento spicciolo. Avevo la sensazione che il cuore si fosse gonfiato come un palloncino ad aria, a quelle sue parole.
«Tesoro, se il figo più figo di tutta New York ti dice una cosa del genere, come minimo dovresti urlare e strapparti i capelli», ghignò con fare spavaldo. Fece una giravolta e concluse con una mossa alla Michael Jackson, spostando il bacino in avanti con una mano davanti agli attributi, mentre con l'altra mi rubava il cappello e se lo adagiava sulla testa.
«Ok, hai finito il tuo spettacolino?» domandai fingendo uno sbadiglio.
Lui scosse la testa e mi circondò le spalle con un braccio. «Non hai gusto, in fatto di uomini, piccola J.» Spalancò la porta e ci ritrovammo di fronte a Keaton con il pugno a mezz'aria, pronto a bussare, e un mazzo di rose a nascondergli il volto.
«Sorpresa!» mormorò deluso, notando la presenza di Karter.
«Rose rosse,» giudicò piano quest'ultimo, direttamente al mio orecchio, «davvero troppo scontato.»
Lo guardai di traverso e gli lanciai una gomitata sul fianco. «Sono bellissime», commentai, prendendole con attenzione. Non volevo di certo ferirmi con una spina, non sarebbe stato di buon auspicio. «Grazie.» Le presi e le adagiai sulla scrivania, senza troppe cerimonie.
«Dovresti metterle in un vaso con dell'acqua, altrimenti appassiranno», consigliò Keaton, ancora fermo sulla soglia della porta.
«Appassiranno come il tuo amore per lui», sussurrò di nuovo Karter, sporgendosi verso di me.
Lo ignorai e spostai lo sguardo da Keaton alle rose. «Temo di non averlo un vaso», mi scusai, imbarazzata.
Karter sospirò, tirandosi indietro il ciuffo di capelli. «Vai e divertiti. Penso a tutto io, di nuovo.» Poi, mi lasciò un bacio sulla guancia e mi spinse verso Keaton con una pacca sul sedere. Lo aveva fatto apposta, era evidente, ma anziché arrabbiarmi quel gesto, e la conseguente espressione di Keaton, mi suscitarono una mezza risata che non riuscì a trattenere.

«Scusami, pessimo ristorante», disse Keaton, infilandosi il portafoglio nella tasca posteriore dei jeans.
«Non importa.»
«Spero che almeno la compagnia non sia stata pessima come la cena.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 23 ⏰

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