Capitolo Dodicesimo

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Se qualcuno avesse dovuto chiedermi come mi sarei immaginato da adulto avrei risposto in un modo che molti avrebbero ritenuto più che banale.
Mi immaginavo in una casa modesta, umile ma confortevole, con un bel giardino, un marito amorevole e magari qualche bimbo che scorrazzava in giro. Quando sorridevo all'idea che quello sarebbe stato il mio futuro ai miei coetanei scappava una risata; c'era chi proprio non capiva perché "dovessi rinchiudermi in quelle quattro mura domestiche", dicevano.

"Eccelli in tutte le materie, dovresti andare al college Louis." Mi ripetevano i professori di qualunque corso mi ostinassi a seguire.

In realtà era tutto molto più complesso di così, realmente non è che non me ne fregasse della scuola, mi piaceva apprendere, scoprire, imparare ma il college era stato sempre un sogno lontano, troppo costo per una madre single come la mia, con una famiglia ed una casa da mandare avanti. Così, col tempo l'idea di proseguire gli studi fu sempre più lontana.

Lavoravo nei weekend da quando avevo quattordici anni, poi verso i sedici avevo iniziato con i turni anche dopo l'orario scolastico, i soldi che guadagnavo li lasciavo a mia madre, che li metteva da parte o ci pagava le varie spese, ma almeno così riuscimmo a creare un fondo studi per le mie sorelle.
Non ho mai colpevolizzato mia madre, il college non era la mia aspirazione comunque, ed in qualche maniera mi illudevo che, volendo, avrei potuto frequentarlo anche una volta sposato. In primis volevo ardentemente qualcuno che mi amasse. Era quello il mio problema più grande, per tutta la mia vita avevo cercato affetto nelle persone; chiunque esse fossero, facevo di tutto pur di renderle fiere,  professori, amici, colleghi, anche la cassiera del supermercato.

La costante ricerca di approvazione.

Penso che il declino sia iniziato così, non so neanche spiegarmi perché, mia madre è sempre stata troppo occupata per potersi prendere cura di me come un genitore avrebbe dovuto fare. Non che sia stata una cattiva madre anzi, rimarrà per sempre il mio più grande punto fermo, ma non credo che mi abbia mai visto come un figlio, piuttosto come un suo pari e, se questo da un lato mi compiaceva; essere ritenuto grande e maturo è la più grande aspirazione di qualunque adolescente, dall'altro, avrei voluto potermi permettere di osare a volte, di arrabbiarmi, di piangere e disperarmi per un qualcosa di futile, solo per il gusto di farlo, solo per assaporare quella spensieratezza dolce amara della fanciullezza. 

Ma non fu possibile, talvolta la vita è dura, e dopo l'abbandono di mio padre, mia madre cadde in uno stato depressivo agonizzante; restava giorno e notte nel letto, non si alzava a meno che non fosse per beni di prima necessità, a volte neanche per quello. Avevo dodici anni, mentre tutti vivevano spensierati l'inizio delle scuole medie io cercavo di non sprofondare  con mia madre. 
La salvezza fu un uomo di nome Marcus, mia madre lo conobbe in chiesa, l'unica attività a cui riuscivo a portarla la domenica. Non so come, ma iniziarono a frequentarsi, e fu una bella risollevata per mia madre, finché non rimase incinta e il grande e grosso Marcus spari dalla circolazione, senza lasciar traccia. Sembrava quasi come se non fosse mai esistito. Allora mi ero già preparato al peggio e invece mia madre si risollevò, come se la gravidanza le avesse dato la spinta migliore che potesse desiderare.
Forse anche un po' per colpa sua ho sempre desiderato una famiglia tutta mia; la gravidanza per mia madre era sempre stata la massima aspirazione, le piacevano i bambini, li adorava ma ancora di più le piaceva essere incinta, diceva che il suo corpo si adattava benissimo a quei cambiamenti e che l'idea di portare un bambino in grembo era la massima espressione dell'amore. Devo dire che, effettivamente, brillava di luce propria in quel periodo.

Col tempo crebbi anch'io, e con la nascita delle mie due sorelline il ruolo del fratello maggiore mi si appiccicò addosso come una seconda pelle; adoravo quelli batuffoli che mia madre vestiva costantemente di un rosa tenue, adoravo il modo in cui lei mi diceva che ero portato per fare da padre, e che non vedeva l'ora di vedermi con un bambino tra le braccia. Era paradossale, perché mi sentivo costantemente come se mi mancasse qualcosa, e quel qualcosa era proprio una mia famiglia, qualcuno che mi desse quella stabilità tanto agognata ma ero troppo giovane ancora.

Poi successe che un giorno conobbi Andres, ero giovane, stupido, e follemente innamorato delle attenzioni che mi dava. Col senno di poi, non mi dava nessun tipo di attenzioni in particolare, se non qualcosa che dovevo davvero elemosinare o guadagnarmi, spesso e volentieri era uno sguardo in più, una carezza, una stretta sul fianco, una pacca sulla natica ma suppongo che quando cresci in fretta, in quegli ambienti, nessuno ti spiega veramente come sia giusto che qualcuno ti ami.

Mia madre mi leggeva spesso, quando ero piccolo, le favole della buonanotte; dove solitamente il vissero tutti felici e contenti consisteva in una buona dose di parità e protezione, tra due persone che si amavano ma poi cresci, e capisci che la vita non è mai lineare e così semplice come ti spiegano da bambini, che non esiste un vissero felici e contenti perché ogni giorno hai una sfida con te stesso, la società ed il mondo intero e che sostanzialmente sei già fortunato se qualcuno ti vuole al suo fianco. Andres mi aveva in qualche modo convinto che fosse quello il modo in cui dovevo essere amato, trattato con sufficienza, talvolta vessato, "perché non alla sua altezza". Per quanto mi sforzassi di scalare quella montagna, lui sarebbe sempre stato un tassello, o forse più, avanti a me.

Ricordo il grande litigio con mia madre, lei aveva odiato Andres dal primo momento in cui l'aveva visto, ma all'epoca pensavo fosse solo un suo capriccio, pensavo fosse gelosa del fatto che io avessi trovato qualcuno che mi voleva sposare, qualcuno che lei si sarebbe sognata. È un pensiero tremendamente insensibile, e me ne vergogno amaramente ancora oggi, ma credo che il fato mi abbia punito abbastanza a tale riguardo.

Ed ora eccomi qui, con Harry alle mie spalle, fermo davanti la porta di ingresso mentre mi assalgono i ricordi.

"Anche se continui a fissare quel campanello così intensamente non credo che si suonerà da solo, però probabilmente prenderà fuoco."

Un'altra cosa che mi piaceva di quell'uomo era la sua capacità di non perdere mai la pazienza, era un qualcosa a cui non ero abituato; Harry prendeva con le pinze qualunque mio gesto, ed un po' mi dispiaceva che dovesse sempre stare così attento a qualunque cosa mi riguardasse ma da un lato non potevo che apprezzare e sorridere di quei suoi modi per spezzare la tensione che si creava tra me ed il mio interfacciarmi col mondo.

La mia mano è tremante quando premo il campanello e non smetto di tremare neanche quando mia madre apre la porta, e mi si fionda addosso in un abbraccio quasi violento che mi lascia senza fiato. 

"Oh mio dio Louis!"

I gemelli mi attaccano le gambe, e mi trovo circondato da un calore ed un affetto talmente familiare da farmi scoppiare in un pianto silenzioso, riconosco in quella sensazione il calore che tanto mi era mancato. 

"Mio piccolo Louis, che ti hanno fatto?"

In seguito il tempo sembrò essersi fermato, il pomeriggio lo passai a raccontare a mia madre l'accaduto; non la vedevo da anni, e nonostante le raccontai gran parte di quello che mi era capitato evitai i dettagli più crudi, sapevo che se avesse capito il disprezzo che provavo per me stesso avrebbe iniziato anche lei ad odiarmi, oppure si sarebbe spezzata, intristita e l'ultima cosa che volevo era vedere una delle persone a me più care soffrire per colpa mia. Non successe niente di tutto questo, l'unico sguardo di disapprovazione e disgusto lo mostrò quando nominavo Andres, anche se neanche una volta mi rinfacciò le sue parole. Fu comprensiva, amorevole, non mi giudicò neanche per un secondo e forse per la prima volta in vita mia mi sentì figlio, mi abbandonai nella più completa dolcezza dell'abbraccio materno frignando come un bambino.

Spazio Autrice.

Buonasera, mi scuso per l'enorme ritardo, purtroppo la sessione mi sta togliendo il respiro, ringrazio tutti voi per il supporto e spero che apprezzerete questo piccolo capitolo. Ci vedremo presto con un nuovo aggiornamento. 

Sophie. 

Black Hells Rose , Larry. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora