Capitolo secondo

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Capitolo secondo.

Possiamo essere eroi,

almeno per un giorno.1

Greenwich Village, New York

marzo 2011

«Qualcuno ha visto la mia scarpa da ginnastica? Quella sinistra, intendo» domandò Jane, sdraiandosi sul parquet per riuscire a guardare sotto il divano, incurante del fatto che fosse decisamente troppo basso perché ci si potesse infilare sotto una scarpa.

«Se fossi un pochino più ordinata, queste cose non ti succederebbero» replicò Larissa da un punto poco più in alto della testa riccia dell'amica. «Prendi esempio da me. Io so sempre dove sono le mie scarpe.»

«Quindi posso prendere le tue? Sono quasi in ritardo per l'allenamento. Se arrivo tardi un'altra volta il mister non mi lascerà giocare contro Harvard» pigolò Jane, alzando lo sguardo implorante.

«Col cavolo, come minimo le dimenticheresti nello spogliatoio! E poi ho i piedi più piccoli dei tuoi, per infilarle dovresti staccarti tutte le dita.»

«Stai forse criticando i miei piedi?»

«Assolutamente no. Sto solo dicendo che le mie scarpe restano dove sono.»

«Ryan, posso prendere le tue?»

«Ho i piedi ancor più piccoli di Larissa, quindi non credo sia possibile» rispose la terza ragazza, sciacquando un piatto insaponato. «Hai guardato dietro la porta del bagno? Ci trovo sempre un sacco di roba tua.»

«Sei un genio!» esclamò Jane, correndo a controllare. «Mi hai salvato il posto di titolare!» aggiunse, tornando in salotto con una scarpa piuttosto sdrucita stretta nella mano destra.

«Come no» replicò Ryan con un sorriso. «Il mister sarebbe un idiota se non ti schierasse in campo fin dall'inizio della partita. Sei una delle più forti della squadra, se vuole vincere deve farti giocare.»

«Non farle troppi complimenti, si monterà la testa» rise Larissa, alzando gli occhi dai progetti che stava controllando. «Jane, ti conviene correre o arriverai davvero in ritardo» aggiunse, lanciando un'occhiata all'orologio.

«Ma dove ho messo le ginocchiere?» borbottò Jane, rovistando freneticamente nel borsone. Tornò a sparire in camera propria nell'esatto momento in cui qualcuno bussava alla porta d'ingresso.

«Vado io...» sospirò Larissa, alzandosi dal divano. «Chi è?» domandò, mettendo una mano sul pomello senza ruotarlo. Una settimana prima avevano chiamato il padrone di casa chiedendogli di installare almeno uno spioncino, ma nonostante le promesse nessun lavoro era ancora stato messo in programma.

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