Capitolo 6

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26 ottobre 2007
    
    

Un Nicola di cinque anni.

Non esce a giocare, non al parco, costretto solamente a rimanere in casa ad imparare imparare e ad imparare, ma non quello a cui era interessato no a quello che gli altri, i suoi genitori, dettavano di fare.
Imparare a suonare il pianoforte, con un insegnante pagata dai genitori con la sola e unica volontà di farlo suonare perfettamente, suonare, suonare e suonare questo gli faceva fare e rifare. ‘Finché non sarai perfetto’

Questo gli diceva l’insegnante e ribadivano costantemente i suoi genitori, non aveva scelta era già stato scritto, non importa quello che voleva o non voleva fare, il dovere non era un suo diritto e non più un suo possesso.
Se mai l’ha avuto un possesso di ciò che faceva della sua vita.
     
  
“Hey girl, open the walls
Play with your dolls
We’ll be a perfect family
When you walk away is when we really play
You don’t hear me when I say
“Mom, please wake up
Dad’s with a slut
And your son is smoking cannabis”
No one never listens
This wallpaper glistens
Don’t let them see what goes down in the kitchen”
    
   
Più passa il tempo più Nicola si stanca, più si stanca più sbaglia, più sbaglia più arriva il dolore pungente e improvviso sulle dita poggiate sul pianoforte.

I suoi genitori poco si preoccupavano della condizione del figlio a quei tempi, ignorando le sue mani pesantemente rosse e piene di lividi, tremolanti dal dolore mentre cercava di mangiare normalmente come la famiglia ‘normale’ e ‘perfetta’ quale erano.
L’unica che veramente si è mai preoccupato di lui era sua nonna paterna.
La signora Clara Balducci, una simpatica donna di settantadue anni madre del mostro che era il padre del suo unico nipote, Valerio.
Aveva lunghi capelli castano-grigi che le incorniciavano il viso sorridente con il nipotino. Abitava a pochi minuti di distanza dal figlio, trasferendosi lì solo per essere il più vicina a Nicola, per ogni occasione speciale o problematica in caso di necessità.
    
   
“Places, places
Get in your places
Throw on your dress and put on your doll faces
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains
Picture, picture, smile for the picture
Pose with your brother, won’t you be a good sister?
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains
D-O-L-L-H-O-U-S-E
I see things that nobody else sees
D-O-L-L-H-O-U-S-E
I see things that nobody else sees”
     
     
O almeno così si diceva di loro, ma mai nessuno lo scoprì mai quello che succedeva in quella casa, mai nessuno si interessò.

Ignoravano le sue scure borse sotto gli occhi, che erano come cerchi di carbone o lividi scuri tanto da fare impallidire chi lottava.
Allarmò i professori questi aloni scuri sotto gli occhi e le mani tremolanti mentre disegnava con i pastelli all’asilo, i genitori però lo sviarono dicendo che disobbediva e rimaneva alzato fino a tardi, sulle mani tremanti dissero che lui era così doveva ancora capire bene come tenere i pastelli e le penne.
   
   
“Hey girl, look at my mom
She’s got it going on
Ha, you’re blinded by her jewelry
When you turn your back
She pulls out a flask
And forgets his infidelity
Uh-oh, she’s coming to the attic, plastic
Go back to being plastic
No one never listens
This wallpaper glistens
One day they’ll see what goes down in the kitchen”
    
    
Più sbagliava più veniva punito.
Più veniva punito e sbagliava più urla gli andavano contro.
Più rimprovero li venivano vomitati contro.
Più pratica per essere ‘perfetto’, anche se doveva essere sveglio per farlo quindi meno tempo per dormire.
Più sbagliava meno mangiava la cena, meno usciva perché più sbagliava meno diritti aveva. Significa meno tempo libero.
Meno uscite, meno amici.
Meno sfoghi più stress.
Più stress più ansia.
Più ansia, più dolore, più sofferenza.
Più depressivo…
    
   
“Places, places
Get in your places
Throw on your dress and put on your doll faces
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains
Picture, picture, smile for the picture
Pose with your brother, won’t you be a good sister?
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains
D-O-L-L-H-O-U-S-E
I see things that nobody else sees
D-O-L-L-H-O-U-S-E
I see things that nobody else sees”
    
   
La sua sanità mentale stava lentamente degradando drasticamente, si stava avvicinando sempre di più alla libertà, se la sarebbe conquistata… Finalmente.
Era lì ad un passo da quella tanto attesa luce, era lì infondo al tunnel, c’è riuscito si diceva.
Ma la luce venne meno quando un angelo si presentò.
    
  
“Hey girl (hey girl)
Hey girl, open your walls
Play with your dolls
We’ll be a perfect family”
      
   
Aveva i capelli color sabbia, illuminato dalla luce angelica pari suo, lo portò con sé, confortandolo con i suoi occhi verde menta, liberi come il mare che avevano dentro.
Lasciò che le sue lacrime lo cullassero nel buio più totalmente.
    
    
“Places, places
Get in your places
Throw on your dress and put on your doll faces
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains
Picture, picture, smile for the picture
Pose with your brother, won’t you be a good sister?
Everyone thinks that we’re perfect
Please don’t let them look through the curtains”

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 14 ⏰

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