ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 2

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ʙʟᴀɪʀ

Aprì gli occhi con fatica, il mio sguardo era rivolto verso l'alto dove vedevo un lampadario ed ero circondata dalla luce che mi accecava la vista.

«Dove... Dove mi trovo?» domandai.

«BLAIR!» esclamò mia madre a braccia aperte per poi stringermi a lei più che poteva, mi stava letteralmente strozzando, ma per lei era un sollievo riavermi fra le sue braccia.Dopodiché
rilasciò un sospiro di sollievo

«Non puoi capire che spavento, appena non ti ho vista a casa ho subito pensato che ti avessero rapito!»

«No... Non mi hanno rapito... Per fortuna direi » faticai a rispondere, girai la testa verso mia sorella.
Era seduta su una sedia accanto al mio lettino d'ospedale con lo sguardo verso le sue mani graffiate e fatte di sangue, la mamma si girò a guardarla e con un espressione furibonda e psicopatica mi chiese:

«É per caso opera sua?»

«Non è colpa sua, madre, io...»

Mi appoggió una mano sul cuore e l'altra sui capelli

«Blair, non c'è bisogno che prendi le difese di tua sorella» poi si voltò verso di lei, ringhió e le fece il segno con la mano che le staccava la testa.
Lei la guardò impallidita, abbassò la testa, senza dire nulla.
Continuava a togliersi le croste con uno stuzzicadenti trovato sul comodino dallo stress, le lacrime le scendevano lungo le guance fino alle mani.

«Blair, io...» cercò di dire

«Stai zitta» la bloccò mia madre secca

«Riesci a camminare Blair?»

«Si, credo... Per quanto tempo sono svenuta?» chiesi.

«Non si sa ancora, tra poco ti faranno sapere, credo» rispose la mamma.

Sentì dei passi arrivare, era la dottoressa, con un taccuino in mano guardò la mia faccia e prese appunti, poi mi guardò di nuovo e disse:

«Solo due ore, almeno, grazie al cielo» sbuffò.
Quella dottoressa mi emanava un aria al dir poco negativa, non mi faceva sentire a mio agio. Con quei capelli marroni legati in una coda di cavallo , la divisa azzurra che le arrivava ai piedi tutta arricciata, gli occhi a mandorla e le labbra carnose in una smorfia simile ad un bacio.
Finì di scrivere su quel coso, strappò il foglio e lo diede a mia mamma.

«Sua figlia puó camminare, ma si assicuri che lei stia in un luogo recintato, senza contatti all'esterno, là fuori è... Pericoloso» diagnosticò una cazzata.

«Per il resto lì sono consigliate le medicine»

«Non si preoccupi, la casa è grande e recintata per bene, lì ha tutto quello che le serve, non si perderà nulla del mondo là fuori» affermó.

Invece sì che mi perdevo tante cose.

Mi risdraiai, ero stanca.
La dottoressa mi fissò
minacciosamente, così, a caso.

«Signora che ha contro mia sorella?» le chiese furiosamente Maya.

Lei smise di guardarmi fissa nell'anima e si girò verso Maya

«Come prego?»

«Non si azzardi, assolutamente a toccarla! Brutta megera figlia di Troia!» sbottò.

«Basta Maya» interruppe mia madre.

«Non sei tu quella che vuole il meglio per lei? Non lo vedi come la sta guardando la dottoressa?! Come cazzo fate ad essere così... così orbe porca vacca!» si alzò dalla sedia tirandola giù con un calcio e se ne andò ringhiando, non volendo sentire altre parole.
Altre stupidaggini varie.
Altri controbatti.
Atre cose contro il suo corpo.

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