ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 4

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.ʙʟᴀɪʀ

Non avevo voglia di svegliarmi.
Non avevo voglia di uscire dalle coperte del mio lettino.
Non ci tenevo a vedere nessuno: Famiglia, "amici" e conoscenti vari.
Il clima era umido e freddo, una scia di vento entrava dalla finestra. «Mmh» mi sfuggì un lamento, la sveglia continua a vibrare in maniera squillante, la mia testa stava scoppiando.
Erano solo le 8:39 del mattino, di solito mi sveglio più presto però oggi no.
Quella notte non chiusi occhio per ascoltare tutta la discussione tra Maya e questo essere. Avevo provato in tutti i modi di origliarli senza farmi scoprire da essi e senza addormentarmi, ho provato a sdraiarmi vicino al muro sotto la finestra ma non ebbe successo, decisi poi di affacciarmi alla finestra con le tende chiuse, ma stavo ad una postazione troppo elevata per sentirli, al massimo sentivo lamenti e tuoni.
Mi rigirai con la faccia di fronte al muro, mi portai un cuscino sull'orecchio ma nulla da fare, la sentivo lo stesso quella maledetta sveglia.
«Al diavolo » mormorai, lanciai il cuscino per terra, infilai i miei piedini nelle mie ciabatte rosa con pompon e mi misi davanti allo specchio.
La vista era annebbiata.
Quello specchio rifletteva ogni minimo dettaglio di me, rifletteva la mia bellezza, rifletteva i miei pensieri, rifletteva una perfezione incisa con forza nella mia vita. Rifletteva quella immagine distorta di me che vedevano tutti,ma non avrebbe mai riflettuto ciò che avrei voluto mostrare di me sul serio. In quell'istante mi sentì imprigionata dentro lo specchio, mi sentì rotta, mi sentì come una bambola di porcellana messa in mostra per quanto era unica, meravigliosa da osservare e da vantarsi, ma anche troppo esile e pesante per occuparsene. Qualunque cosa avrei fatto, qualunque regola avrei infranto, avrebbe distrutto ogni speranza che si poteva desiderare da me, si sarebbe sgretolato ogni mio piccolo granello di perfezione e popolarità che ognuno desiderava e avrei potuto divenire una nuova persona, una nuova me.
E per quanto potesse essere difficile riuscire a togliere quel titolo dalla mia testa, avrei affrontato qualsiasi tipo di evenienza pur di riuscirci.
Raccolsi i miei capelli biondi in una coda alta e lasciai ogni mio sfogo dentro la mia stanza. Un caos di idee e pensieri litigavano nella mia mente.
Come sono diventata così adorata?
C'è qualcosa in me che evita ogni mio cambiamento?
Lo fanno solo per farmi stare bene.
Io non sono unica.
Io sono un'umana come tutti ma con una vita da vera principessa.
Vorrei che qualcuno come Romeo venisse a salvare la povera Giulietta rinchiusa in questa vita di lusso.
Troverò chi mi porterà fuori da questa simulazione.
Se non lo troverò, allora sarò io a fuggire.
Sentì il mio stomaco brontolare d'un tratto, così decisi di lasciare tutti i miei problemi davanti allo specchio e scendere per prendere qualche sfizio pur di calmare la fame. Chiusi le finestre e a passo lento incominciai a superare qualche gradino.
Non avevo tanta fretta, anzi per nulla.
Ero abbastanza tranquilla e libera oggi che potevo fare di tutto.
Ma c'era qualcosa che me lo impediva.
In casa si sentiva già il buongiorno anche senza parlare una parola.
Ma non un buongiorno caloroso e che potesse augurarti "buona giornata!".
Non era quel tipo di buongiorno.
Era più un: "GIORNO, FAI LE VALIGIE E VAFFANCULO."
Nella cucina, sentivo la mamma strillare forte come non mai, ciò era accompagnato dal rumore dei piatti rotti che sbattevano nel muro e si rompevano in mille pezzi taglienti. Dal lato opposto, intravedevo mia sorella schivare ogni tiro.
I suoi capelli erano scompigliati e bruciati, indossava gli stessi vestiti della sera prima,umidi e strappati. Aveva ancora la pala in mano come strumento di difesa dagli attacchi. All'interno della casa rimbombò il frastuono dei piatti rotti che venivano lanciati e respinti contro il rigido metallo.
«Non ne hai avuto ancora abbastanza eh?!»  sbraitò affannata la mamma.
Aveva le borse sotto gli occhi, la faccia ridotta in un ammasso di lividi e tagli incarnati, il trucco le si scioglieva nel volto. Teneva in mano un lume, immagino che quella notte fosse andata a cercare Maya disperatamente senza risultati, per poi ritrovarsela davanti la mattina seguente.
Immagino che quella notte si fosse pentita dei suoi comportamenti verso di lei.
Immagino che quella notte pensò solo a come scusarsi con lei.
Cosa doveva cambiare.
Cosa voleva cambiare tra loro.
Il rapporto tra madre e figlia.
Pensò a come divenire una madre migliore agli occhi di Maya.
Le sue gambe non reggevano quasi più il suo peso corporeo, appoggió una mano nel lavello e con l'altra aprì il cassetto, il rumore delle varie posate che si scontravano tra loro mi faceva rabbrividire.
Mi faceva sentire in confusione.
In confusione con me stessa.
Con la mia vita.
Con la mia anima.
Con il mondo.
E scontrarsi fra i problemi per crearne altri e realizzare così un ammasso confuso nella mia testa mi faceva sentire male.
Mi faceva sentire un errore.
La mamma prese dal cassetto un enorme coltello, strinse forte il pugnale, lanciò uno sguardo gelido a Maya e qualche risatina le sfuggì dalle labbra.
Maya la fissò con la bocca aperta e gli occhi spalancati dal terrore. Fece qualche passo indietro finché non si ritrovò il muro dietro e capì che non c'era più via di scampo per fuggire.
Aveva appena compreso la situazione che ella aveva creato tra loro due.
Aveva creato una guerra.
Un contrasto di emozioni.
Loro non andavano mai d'accordo e non avevano di sicuro un bel rapporto, ma c'era qualcosa tra di loro che le legava, qualcosa che le univa, qualcosa che le faceva assomigliare l'un l'altro.
E perché quella caratteristica era proprio la cattiveria?
Perché entrambe erano testarde.
Perché entrambe volevano fare di testa loro.
Perché entrambe avevano caratteri diversi.
Idee diverse.
Pensieri diversi.
Voglie diverse.
Vite diverse.
Non erano semplicemente compatibili fra loro, punto.
Non c'era speranza.
Non potevo obbligarle ad avere un buon rapporto.
Non potevo.
Non avevo possibilità.
Zero opzioni.

«Mamma...», il suo sussurro per me sembrò come un fischio leggero disperso nell'aria. La sua voce tremolante mi impanicava, forse era davvero in pericolo, forse per la prima volta aveva abbassato le armi in segno di sconfitta e deciso di fermare la guerra una volta per tutte.
«Che stai facendo con quel coltello...», si spostò leggermente verso destra in segno di precauzione, ma la mamma scattò velocemente verso di lei, spingendola bloccandola contro al muro.
Faccia a faccia.
Il diavolo aveva appena afferrato la sua preda.

Per poco non svenivo, mi stava venendo un attacco di panico.
Non è che il quadro avesse predetto qualcosa?
Replicato un'anteprima della scena?
Avvisato le prime e le ultime mosse?
Forse c'era qualcosa sotto questo.
Un giuramento.
Una promessa.

Il suo respirò si mescolava con quello di Maya, le sue mani erano bloccate da una singola. Alzò in alto il coltello e lo puntò dritto al suo petto.
«Come io ti ho creato...», alzò ancora di più il coltello. Nel suo volto si formò un sorriso a trentadue denti, molto ampio, quasi da psicopatica.
«ti distruggo!» sbottò.
I suoi capelli stavano... Volando??
Sembravano ribellarsi contro il carattere.
«Mamma...» bisbigliò Maya. Le lacrime le stavano bagnando le fossette, gli occhi erano rossi e le labbra incurvate in un mezzo sorriso. Il suo volto sembrava implorare di finirla qui, di abbassare le armi e andare in pace.
«Taci!» urlò. A velocità massima il coltello le stava per trafiggere il petto.
«No mamma!» esclamai in panico. Scesi le ultime scale, mi schierai davanti a mia sorella e afferrai il coltello con una mano.
«Mamma..» la chiamai una seconda volta «Cos'hai contro Maya?».
Lei sbarrò gli occhi, non immaginava che dalla mia bocca potesse mai uscire una domanda del genere.

Cos'ha contro di lei?
Che patto ha contro di lei?
Che succede?
Che ha lei che non va?

Un fiume di sangue scorse a partire dalla mia mano fino al gomito. Il dolore era lancinante, ma per Maya quel gesto ne valse la pena.
La mamma aveva gli occhi socchiusi, non era in sé.
Lei non era lucida.
Non capivo il perché ma c'era qualcosa che non andava bene.
Lasciò il coltello.
«Tu.. Tu non capisci Blair» sussurrai la mamma con tono discreto.
Alzai un sopracciglio
«Perché mai non dovrei capire?» le posai una mano sulla spalla ma lei la scansò e mi diede la schiena.
«Tua sorella, Maya.»
«Che ha che non va?..»
Mi stava iniziando a fare preoccupare. Le dita mi formicolavano.
Fece un sospiro «Lei é un mostro»
Mi scappò una risata «Ahahah! Che battuta ma'!», però la guardai meglio e vidi che non stava scherzando, aveva l'aria di una cosa seria. «Oh»
«Hai presente le favole, Blair?» chiese
«Sí» risposi
«Tu vivi in una di esse, viviamo tutti in una fiaba a lieto fine più o meno..»
Si voltò verso di me «Ma noi no. Noi non siamo reali »
«Cosa intendi??» chiesi.
Si limitò a scuotere la testa, ma ormai ero troppo presa dalla curiosità di quelle parole e non avrei accettato un no come risposta.
«Cosa mamma!» strillai.
«Noi siamo eroi, mostri o creature.»
«Cosa..» rimasi sbalordita dalla risposta.
Eroi.
Mostri.
Creature.
«La razza umana viene definita un mostro».
I miei occhi si spalancarono, la sua espressione facciale diceva tutto.
Noi siamo dei mostri.
Ma perché?
Perché non c'è limite alla cattiveria dell'uomo.

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