XXIX

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Orgosolo, 1915

Le gambe tremavano più del normale, il sudore colava copioso lungo la sua fronte bagnando i ciuffi di capelli chiari del ragazzo. Il sole lasciava che i suoi raggi arrivassero prepotenti sulla strada sterrata, costringendo chiunque la percorresse a portarsi spesso una mano sulla fronte, nel tentativo di ripararsi. Il viaggio era stato stancante, Mario non ricordava di aver mai camminato così tanto prima d'allora, i piedi pulsavano doloranti così come la pelle scoperta bruciava sotto al sole. Aveva lasciato che Antonia viaggiasse in sella al mulo, la donna non si era lamentata ed aveva accettato la proposta silenziosa del figlio, ma di tanto in tanto lo osservava dall'alto temendo che questo potesse stancarsi troppo. Si erano fermati fin troppe volte, prima di riuscire a vedere finalmente il paese in lontananza, perché le gambe di Mario quasi parevano  non reggere lo sforzo. Anche il mulo aveva avuto bisogno di fermarsi e di abbeverarsi di tanto in tanto lungo le strade di campagna costeggiate da piccoli ruscelli o pozze d'acqua particolarmente grandi. Il ragazzo aveva finito per seguire l'animale, si era dovuto spogliare degli indumenti che parevano volerlo soffocare per bagnarsi il corpo con l'acqua soltanto apparentemente pulita. Adesso i capelli gli si appiccicavano lungo la fronte, sporchi di sudore e di terra, e la vista si era fatta quasi del tutto annebbiata per via della stanchezza. Antonia aveva preso ad osservarlo nuovamente con apprensione, per poi sospirare e tirare la corta criniera dell'animale, costringendolo a fermarsi. Mario ci aveva messo qualche secondo di troppo a comprendere che questo aveva smesso di camminare, e aveva strattonato la corda che pendeva lungo al suo collo per costringerlo a ripartire. "Lascia che scenda" aveva detto Antonia, e lo aveva visto annuire soltanto silenziosamente, forse troppo stanco per mormorare anche solo la più semplice delle frasi. Così avevano invertito le posizioni, Mario si era finalmente seduto sulla schiena ampia dell'animale, ed i piedi di Antonia avevano toccato dopo anni quella terra che sapeva di casa. La donna aveva quasi dovuto trattenere l'emozione, quando le prime abitazioni si erano fatte sempre più vicine.

Mario allora, sentendosi già più riposato, si era concesso di osservare finalmente ciò che aveva attorno. Le vie fin troppo strette del paese si aprivano davanti al suo sguardo curioso, gli occhi chiari del ragazzo vagarono sulle strade prive di ciottoli o qualsiasi tipo di manodopera da parte dell'uomo. Le mura erano quasi tutte in pietra, ed anch'esse parevano essere completamente diverse da quelle che era stato abituato a riconoscere a Cagliari; il basalto talvolta chiaro, talvolta più scuro, rendeva quasi ipnotico quel gioco di colori. Le finestre delle abitazioni parevano essere tutte serrate, come se chiunque le abitasse non avesse intenzione di accogliere ospiti. Nell'addentrarsi finalmente dentro le vie strette, Mario sentì un improvviso senso di inquietudine frasi strada lungo il suo petto, il cuore già sotto sforzo per via del viaggio prese a battere nuovamente in maniera fin troppo veloce. Tossicchiò per qualche secondo, attirando l'attenzione di Antonia, che sollevò immediatamente il capo nella sua direzione. Il viso della donna era quasi arrossato per via del sole, questa aveva indossato nuovamente il fazzoletto scuro dopo il viaggio, come se temesse di essere scoperta senza. Mario la osservò muoversi esperta dentro al paese, come se nonostante il tempo ancora ricordasse perfettamente quelle strade che l'avevano vista crescere. Incrociarono soltanto poche donne, una volta arrivati in quello che pareva essere il centro; queste indossavano degli abiti che Mario non aveva mai visto prima. Alcune di loro portavano un velo dal colore sgargiante, il giallo copriva quasi del tutto i loro visi, lasciando soltanto che gli occhi potessero vagare indisturbati lungo i visi di coloro che non parevano conoscere. Gli sguardi presto si fecero quasi impossibili da sostenere, tanto che Mario cercò di destare il suo ogni volta che incrociava quelli degli altri. Altre ancora parevano essere vestite proprio come Antonia, si muovevano in maniera veloce, facendo oscillare le loro gonne scure ed i lembi dello scialle di lana nera. 

Quella sensazione fastidiosa parve non voler abbandonare il suo petto, tanto che fu costretto a sospirare nel sentire le tempie pulsare. Probabilmente, si disse, quel malessere generale era soltanto dovuto al viaggio che avevano appena concluso; si ritrovò a sperare però, di poter tornare immediatamente indietro. Una piazza si aprì proprio davanti ai loro occhi, una volta lasciate indietro le donne dagli sguardi curiosi, Mario poté osservare come queste si recavano alla fontana con i cesti colmi di panni sporchi. Una attività che aveva visto svolgere più volte anche alla madre, che continuava a tenere d'occhio, cercando di leggere nei suoi movimenti stranamente sicuri ciò che teneva nascosto. "Siamo quasi arrivati" aveva mormorato poi Antonia, costringendo Mario ad abbandonare lo sguardo lungo i tratti contratti del viso della donna. Aveva sospirato a sua volta, prima di annuire senza aggiungere altro e saltare giù dalla schiena dell'animale, che pareva anch'esso sollevato di non dover più sostenere quel peso. Strattonò poi nuovamente la corda che pendeva dal suo collo, per costringerlo a camminare ancora, anch'esso pareva essersi stancato e di tanto in tanto si fermava volontariamente, come per protestare. Tra poco lo avrebbero lasciato in pace, immaginò Mario, perché attraversata la piazza entrarono nuovamente all'interno del paese, questa volta raggiungendo una chiesa abbastanza piccola. "Questa è la chiesa di Santa Croce" spiegò Antonia, come se avesse intuito i pensieri del ragazzo, portandosi poi una mano a fare immediatamente il segno della croce. Mario osservò a lungo la struttura, a costeggiare quasi tutto il suo perimetro c'erano delle panche di marmo occupate soltanto all'ombra dal sole, da alcuni uomini che chiacchieravano tra di loro. Mario osservò le bocche coperte quasi del tutto dalle barbe bianche ed incolte muoversi velocemente, le mani che accompagnavano il discorso si spostavano nell'aria, quasi come se il gesticolare fosse indispensabile per comprendere appieno le parole che abbandonavano i loro corpi. 

Mario lasciò che il suo sguardo vagasse per pochi secondi sui visi degli uomini, che continuarono a parlare senza curarsi più di tanto del loro passaggio. Antonia lo trascinò fino ad una abitazione incastonata tra le altre, quasi anonima dentro a quel vicolo fin troppo stretto, e Mario si sentì immediatamente soffocare. Era come se questa fosse circondata da un'aria cattiva, impossibile da respirare tranquillamente. Sospirò rumorosamente, sentendo gli occhi riempirsi improvvisamente di lacrime salate. Forse, si disse, non era totalmente pronto ad andare incontro alla verità.
Sentiva che questa si stava facendo sempre più vicina, lo leggeva nel viso della donna che lo aveva messo al mondo. Mentre lasciava un ultimo sguardo perso al figlio, per poi tornare a concentrarsi sulla porta di ingresso.
Dall'interno sembrava non arrivare alcun rumore, come se la stessa abitazione si fosse spenta completamente. Mario sperò che non ci fosse nessuno ad aprire, che la casa fosse stata abbandonata improvvisamente. Sarebbero potuti tornare da dove erano venuti, avrebbero magari potuto mettere una pietra sopra a quei segreti, una volta per tutte.
Nel notare però lo sguardo timoroso della madre, per qualche secondo si sentì in colpa. Sentì di aver desiderato di andare via per puro egoismo, di aver messo per la prima volta ciò che desiderata prima di qualsiasi altra cosa. Non era un comportamento che si accorgeva ad adottare spesso, ma quando accadeva si sentiva terribilmente male. Come in quel preciso momento, il buco nel petto non poteva essere più grande di quanto già lo sentisse, pensò. Forse lo avrebbe inghiottito vivo un giorno, non gli avrebbe lasciato scampo.

Mario non aveva prestato attenzione ai movimenti di Antonia, perché si accorse che questa aveva già bussato alla porta soltanto quando ne sentì il rumore. Il cigolio del legno rivelò immediatamente un uomo che non conosceva. Il viso scarno gli ricordava vagamente quello della donna, gli occhi scuri erano contornati da occhiaie violacee, parevano quasi spinti troppo indietro rispetto al resto. Il naso abbastanza grande era quasi arrossato, forse per via del caldo, e sul capo portava un berretto scuro simile ad una coppola di velluto.
Le mani tremavano leggermente, e anche se entrambe agguantavano la porta Mario riuscì comunque a notarlo. I capelli dell'uomo erano troppo corti, quasi non si riuscivano a vedere ai lati della testa. Non sorrideva, ma furono i lineamenti tirati del viso a comunicarne lo stupore.
Osservò la donna in silenzio per pochi secondi, prima di passare lo sguardo sul viso di Mario. Non riuscì a sostenerlo, e dovette tornare ad osservare il mulo, lasciato per qualche secondo incustodito. L'animale non si era allontanato, forse troppo stanco per farlo aveva preso ad annusare il terreno con il muso chino, in cerca di acqua o cibo.
Il silenzio si era fatto immediatamente pesante, e Mario non sapeva se sarebbe stato in grado di sostenerlo a lungo. Dietro l'uomo poteva vedere soltanto una piccola stanza buia, come se le prime luci del mattino non potessero raggiungerla. Ebbe l'impressione che si sarebbe ritrovato dentro ad una abitazione ancora più piccola di quella che aveva conosciuto a Cagliari. Se quella era la casa dove Antonia aveva vissuto gran parte della sua infanzia, allora non avrebbe avuto altra scelta.
Fu come se l'uomo l'avesse riconosciuta soltanto dopo qualche secondo, come se avesse avuto bisogno di un po' di tempo per comprendere ciò che stava accadendo. Allora Mario notò il bastone da passeggio, abbandonato lungo la parete.
Pareva una persona piuttosto anziana, come se la vita gli fosse stata improvvisamente risucchiata via. Non aprì la bocca per parlare, semplicemente si spostò quel tanto che bastava per spalancare la porta.
L'invito ad entrare portò un leggero sorriso sul viso di Antonia, e Mario si domandò da quanto tempo gli fosse mancato.
Quando la donna raggiunse l'uomo, questo tornò ad osservarlo, un sopracciglio alzato quasi in una espressione dubbiosa. Non gli rivolse alcuna parola, ma con gli occhi domandò se avesse avuto voglia di seguire la madre.
Mario si mosse velocemente, non voleva fare attendere più di tanto l'uomo, che continuava a studiarlo con lo sguardo. Lasciò quindi la corda che teneva tra le mani, stringendola in un nodo sul gancio di ferro arrugginito che spuntava dal muro in pietra.
L'animale non si mosse, aspettò che tutti fossero andati via per sbuffare leggermente.
Quando la porta venne chiusa alle sue spalle, si beccò a sospirare rumorosamente, sentendosi immediatamente non al sicuro. Cercò lo sguardo di Antonia, dentro a quella stanza ampia ma spoglia, e nel trovarla quasi già sistemata le fu immediatamente accanto.
La mano della donna si posò leggera e delicata lungo la sua guancia sbarbata, ed i brividi si fecero strada nuovamente sulla schiena del ragazzo, nel sentire l'uomo avvicinarsi.

Mille miglia | Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora