<<Sta ferma, vedrai che ti piacerà.>>
Scattai sul letto all'improvviso.
Era un incubo.
Emisi l'ennesimo sospiro, girai il viso e controllai l'ora. Erano le 04:00.
Ogni notte era così, da ormai un anno e mezzo la mia vita era un susseguirsi di brutti incubi. Facevo fatica anche a respirare, io ci provavo giuro, ma l'aria veniva sempre meno e i miei polmoni non collaboravano quasi mai. Mi sentivo difettosa. Sognavo sempre la stessa cosa, non c'era una notte che pensavo a qualcosa di diverso. La mente andava sempre a quel giorno.
Quel 17 agosto.
Quel giorno d'estate.
Io tutta tranquilla e poi boom.
Le sue sporche mani su di me.
La sua voce nel mio orecchio.
La zip dei miei pantaloni che veniva aperta senza il mio permesso.
Le mie urla strazianti.
E poi fu lì che una parte di me smise di vivere.
Non riuscivo a superarlo, era diventato ormai un pensiero fisso.
Mio padre mi aveva costretta ad andare da una psicologa, andavo regolarmente tre volte a settimana, ma non era sicura servisse a molto.
Forse mi serviva più tempo, forse avevo ancora bisogno di metabolizzare il tutto.
Ma come potevo dimenticare tutto il male che mi era stato fatto quel giorno?
Ripensai al giorno precedente, quei tre ladri che avevano avuto la brillante idea di venire a rubare in casa mia.
Nell'istante in cui quel ragazzo mi si parò davanti io persi la testa, quel momento mi riportò a quello che avevo già vissuto in passato.
Chiusi gli occhi mettendomi due dita ai lati della tempia, cercai di non pensare altro e decisi che era l'ora di fare una bella doccia calda.
Dovevo sciogliere i nervi.
Mi alzai dal mio comodo letto, mi stiracchiai il collo e lentamente mi diressi verso il bagno. Andai dritta in doccia, e stetti sotto il getto di acqua calda per almeno una buon ora.
Tornai in camera con ancora l'asciugamano addosso, presi l'intimo nero e lo indossai e successivamente aprì l'armadio per decidere cosa indossare.
Ogni giorno era un dilemma, avevo questo problema di non sapere cosa mettermi.
Odiavo mostrare il mio corpo, dopo quello che mi era accaduto mi vergognavo di me stessa.
So che non doveva essere così, però più mi guardavo e più mi saliva la nausea.Optai per un jeans cargo nero, una maglia anch'essa nera e una felpa di almeno due taglie in più grigia.
Girai la testa verso la grande finestra della mia stanza, alzai lo sguardo verso il cielo e notai dei nuvoloni grigi. Sicuramente pioverà quindi meglio portare un ombrello.
Mi era appena venuto il ciclo, quindi dovevo andare al supermercato per prendere gli assorbenti e anche qualche snack per i giorni successivi. Quando avevo le mie cose assumevo una quantità industriale di zuccheri, non potevo farne a meno visto quel periodo infernale.
Mi spruzzai un po' di profumo addosso, presi la borsa nera assicurandomi che dentro ci fosse il portafogli e dopo di ché mi chiusi la porta della camera dietro le spalle.
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La mia salvezza sei tu
ChickLitNon puoi giocare una battaglia già persa in partenza. Daphne Sanchez questo lo sapeva fin troppo bene. Perché provare a vincere se sai già che è una causa persa? La vita è piena di ostacoli e le cose non vanno mai come previsto, però perché perché...