7. Fabbricanti di sogni

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Greta sa che i sogni possono trasformarsi in favole pericolose. La sua attrazione per il fantastico, in particolar modo i fumetti, non era vista di buon occhio quando viveva ancora con i suoi. Le era stato più volte fatto notare quanto queste sue illusioni la estraniassero da un mondo dal quale non desiderava altro che fuggire.

Tra le linee sinuose dei disegni e i colori sgargianti delle sue storie, non riusciva più a percepire il ronzio incessante dei macchinari che tenevano in vita sua sorella, le urla isteriche di sua madre, la monolitica assenza di suo padre. E lei non era più di troppo, un dettaglio incastonato a forza all'interno della perfetta infelicità che la circondava.

Sin da piccola le era stato insegnato che i desideri sono cose da egoisti. Doveva essere grata per ciò che aveva, anche se questo significava rimanere imprigionata nella fredda indifferenza che la circondava. La sua colpa non era solo quella di essere l'unico elemento funzionante all'interno di una famiglia difettosa, ma anche quella di rifiutare di rompersi per assomigliare un po' di più a loro.

Greta era abituata a cavarsela da sola, senza mai chiedere aiuto, perché in fondo nessuno si era davvero preoccupato di lei, non aveva bisogno di medicinali o macchinari per tenerla in vita, così come poteva muoversi liberamente sulle sue stesse gambe.

La sua mente l'aveva portata lontano con la stessa tenacia del suo corpo. Solo che a un certo punto sognare non le era bastato più. Lei voleva vivere. E l'arte era il suo lasciapassare.

Ma a quale prezzo?

Greta è seduta di fronte al pc, l'unica finestra sul mondo che le è rimasta. Si sfiora il volto calvo, quasi nella vana speranza di vederlo tornare normale da un momento all'altro.

Sa di essersi meritata quanto le è accaduto. Le era stato predetto nel momento stesso in cui aveva mosso il primo passo fuori dalla casa in cui era cresciuta, e dentro la quale stava soffocando un giorno alla volta.

Il diavolo è affamato di sogni, così come dell'egoismo dei sognatori. È pronto ad attenderli dietro l'angolo, con la promessa di esaudire qualunque desiderio a buon prezzo per poi risucchiarli nella rete delle loro stesse illusioni.

Illusioni come Hugo, l'unico vero amico che Greta abbia mai avuto nel buio di quelli che avrebbero dovuto essere gli anni della spensieratezza. Un fioco bagliore di speranza a cui aggrapparsi mentre sperava in segreto che persone come lui, gentili nei modi e nobili d'animo, esistessero anche nel mondo reale.

Greta ripensa a sua sorella, venuta a mancare troppo presto. In fin dei conti, il vero impostore è lei, il pezzo difettoso che si è rifiutato di prendere il posto della figlia perfetta dopo essere sopravvissuto. Sapeva di essere il rimpiazzo sin dalla nascita, quando i suoi genitori avevano capito che quel momento fatale sarebbe arrivato prima o poi.

Anche sua sorella lo sapeva, glielo aveva sempre fatto notare attraverso gli sguardi neri e cattivi che le scagliava attraverso la muraglia di cuscini in cui era stata confinata negli ultimi anni della sua vita.

Greta non aveva mai avuto il diritto di essere se stessa, ma solo l'ombra di qualcun altro che avrebbe continuato a perseguitarla anche dopo essersi lasciata alle spalle le macerie desolate del suo passato.

In qualche modo, ora l'essere priva di un volto le dà quasi un minimo di sollievo. È quel nulla in cui ha sempre desiderato scomparire, e dal quale può nascere qualcosa di completamente nuovo. Qualcosa che sia davvero suo.

Eppure Hugo sembra ostinarsi a ricordarle ogni giorno di essere ancora viva. È stato grazie a lui se Sara le ha impedito di compiere un gesto malsano, la sera in cui si sono incontrate per la prima volta. È stato sempre lui a non darle requie durante le lunghe notti insonni, nascosta nella camera della sua nuova amica con la quale divide l'appartamento di nascosto, nella speranza di dare un senso all'ostinato presente che le si dipana davanti.

L'intrusoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora