Fuoco

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La prima volta che avvertii qualcosa di sbagliato in me avevo 5 anni. Ciò che mi successe lo considero "sbagliato" perché è così che lo definirono i miei in una stanza d'ospedale, seduti accanto al letto di mia sorella, che vi giaceva addormentata in condizioni orribili.
Quello stesso giorno infatti, a mattinata inoltrata, mentre ero in camera mia a mangiare di nascosto, iniziai ad avvertire in me qualcosa di insolito, qualcosa di profondamente sbagliato, che però non aveva niente a ché fare con la quantità sproporzionata di cibo che avevo ingurgitato fino ad allora. Non passò un minuto che, scendendo cauta dal letto per andare a prendermi un bicchiere di latte, sentii improvvisamente una fitta lancinante, proprio al centro della spina dorsale. Per lo spavento mi sfuggì il barattolo di biscotti, che volò contro il muro, imprimendovi un solco. Non potei tuttavia preoccuparmi del danno inflitto alla preziosa tappezzeria viola, che una nuova fitta mi attanagliò la schiena, stavolta più lunga e penetrante. Ben presto il dolore, divenuto costante, si tramutò in calore. La situazione completamente assurda e inaspettata diventò insopportabile: era come se un fuoco mi lambisse le viscere. Mi mancava il respiro. Boccheggiai alla ricerca d'aria, ma i miei polmoni in fiamme non sembravano più riuscire a contenerla.
In quello stesso momento mia sorella maggiore, Juliet, spalancò allegramente la porta di camera mia. "Alexia vieni a vedere! Simon ha fatto cadere il barattolo della marmellata e ha dato la colpa alla domestica, quella mezza cieca, sai? Tatiana. Vedessi la faccia di mamma ora... Lexy cos'hai?". Juliet sapeva che odiavo quel soprannome, ma non riuscii a tirarle la solita ciabbattata: il dolore era sempre più intenso. Mi si annebbiò la vista e per un attimo temetti di bruciare viva, non vedevo più niente, ero immersa in un'oscurità opprimente, soffocante, bruciante

Inaspettatamente il dolore cessò. All'improvviso, proprio com'era arrivato. Smisi di urlare e con estrema cautela provai ad aprire gli occhi. Lingue di fuoco scarlatto mi lambivano entrambe le mani. Ero esterrefatta. In preda al terrore chiusi di nuovo gli occhi, in attesa. Eppure il dolore non venne. Le fiamme non mi ustionarono. Sembravano fatte di me. Sbirciai la faccia di Juliet: guardava inorridita il fuoco che sembrava essermi scaturito da dentro, il volto cinereo, impallidito di fronte a quello spettacolo surreale. 

Io ero confusa. Dopotutto il fuoco mi aveva sempre affascinata e io non sentivo dolore, la mia pelle era intatta, senza alcun segno di bruciature. Mi spostai di lato, in modo da riflettermi nello specchio posizionato davanti al mio letto. Lo spettacolo a cui assistetti era strabiliante: il fuoco non mi lambiva solo le braccia, bensì mi avvolgeva completamente, tutto il mio corpo sembrava succube di questa specie di... magia. Provai a chiudere la mano, ma, inavvertitamente, una fiamma si agitò e repentina si staccò dal mio braccio. Senza che io potessi intevenire, volò per la stanza e lacerò il braccio di mia sorella ancora attaccato alla maniglia della porta. Qualunque cosa fosse quella cosa, era potente. Juliet perse i sensi e si accasciò a terra, il braccio quasi carbonizzato. Le "mie" fiamme si spensero all'improvviso. Non doveva succedere. Ero sconvolta, il terrore mi attanagliava lo stomaco con una morsa ferrea.

Da allora la storia la conoscono tutti, mia sorella finì in ospedale con un ustione di terzo grado e io venni additata da tutti quelli che conoscevo come pericolosa e sbagliata.
Il nostro paese, Goldenville, era retrogrado e pieno di superstizioni. Gli anziani mi lanciavano occhiate sprezzanti e furiose quando passavo loro accanto; i più giovani, invece, erano diffidenti: non credevano alla storia dei poteri e si limitavano a evitarmi. Col passare degli anni iniziai anch'io a dubitare dei miei ricordi: il fuoco era sparito, spento. Dalla fine di quel fatidico 5 maggio quella specie di "potere" non si manifestò più.

Rimasi senza amici. Mia sorella ogni volta che mi vedeva spalancava gli occhi dal terrore e si portava a distanza di sicurezza. L'unico ragazzo della mia età che ancora mi parlava era Simon. Eravamo cresciuti insieme e sin da piccoli passavamo tutto il tempo a casa mia, tentando di rubare un po' di marmellata dalla sorveglianza della povera Tatiana. Nemmeno Simon credeva alla storia del fuoco magico, ma almeno non mi riteneva responsabile dell'ustione di Juliet. Era completamente certo che fosse stato solo un incidente. Pian piano me ne convinsi anch'io. Finché...

F.A.T.A.L.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora