Alexia

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Sono passati quasi 10 anni dal giorno in cui mia sorella rimase ferita e la mia vita peggiorò notevolmente. Oggi è il 4 di maggio. Per nove anni ho temuto la ricorrenza del quinto giorno del quinto mese, avevo paura che la storia si ripetesse, che potessi ferire di nuovo qualcuno. Con mio grande sollievo non è mai successo. Ormai sono sempre più convinta di aver cambiato, con l'immaginazione di una bambina, la realtà dei fatti. Altre volte temo di aver fatto volontariamente del male a Juliet, sono arrivata a pensare di essere in qualche modo cattiva. Simon continua a ripetere che è stato solamente un incidente. Preferisco pensarla anch'io così: è un'opzione migliore a cui aggrapparsi.
Eppure una parte di me vorrebbe che non fosse stata tutta un'illusione: quel giorno, prima di carbonizzare il braccio di mia sorella, sono stata entusiasta di me stessa, per la prima volta mi sono sentita potente, speciale. Ora però non so più cosa pensare. Il dubbio mi corrode. Nonostante ciò la mia vita è continuata piuttosto regolarmente (occhiate maligne a parte). Ormai ho quindici anni e frequento il più famigerato liceo linguistico di Goldenville, Inghilterra. Con mio sommo piacere Simon è rimasto al mio fianco. Andiamo nella stessa classe e lo adoro come fosse un fratello. Ho fatto anche delle nuove amicizie: Jasmin e Linsday sono simpaticissime, ma non le frequento molto, sono più grandi di me e hanno i loro amici con cui uscire; La mia migliore amica, però, è di certo Sonia. Si è trasferita nella mia città all'inizio di quest'anno scolastico. Viene nella mia classe e ci vediamo quasi ogni giorno. Le ho raccontato la storia del fuoco e non mi ha mai giudicata, anzi, mi ha aiutata a trovare una risposta, anche se ovviamente senza successo. Lei non vuole che mi ci tormenti troppo su. Ha ragione, eppure il terrore mi stringe il petto ogni volta che sento troppo caldo o che ho una fitta. Ho costantemente una cupa sensazione a riguardo. Nonostante questo mi reputo fortunata ad avere Sonia, è diventata la mia ancora di salvezza. Va anche molto d'accordo con Simon, ma soprattutto con Tatiana: la mia vecchia domestica ha un debole per lei, quando c'è Sonia ci cucina tutto quello che vogliamo. La mia amica con il suo fascino riesce a manipolare chiunque, ma lo fa a fin di bene. Chiusi nella mia stanza io, Simon e Sonia ci abbuffiamo di biscotti al burro, mentre guardiamo ogni genere di film, criticandoli e ridendoci sopra. Io amo mangiare, trovo che sia il mio passatempo preferito. Simon e Sonia affermano che sono molto carina: alta, diafana, sinuosa, bionda, con particolari occhi gialli. Io non sono d'accordo con loro, non mi piaccio. Vorrei essere bella come Sonia: non troppo alta, di carnagione scura, formosa, con corti capelli scuri e occhi castani profondissimi. Io la trovo perfetta. Simon invece è il solito rubacuori: alto, moro, con gli occhi di un profondo blu scuro. Potrebbe avere tutte le ragazze della classe, eppure non le degna neanche di uno sguardo, rifiutando le loro moine, mi chiedo il perché.
Oggi ad esempio, dopo il suono della campanella, aveva snobbato Sarah Norman, la ragazza più bella della classe, che stava palesemente cercando di attaccare bottone con lui. Io e Sonia siamo rimaste scioccate: aveva sempre avuto un debole per Sarah, fin dalle elementari.
Durante la strada di ritorno da scuola lo avevamo tempestato di domande, quasi rimproverandolo, lui aveva licenziato le nostre parole con un gesto della mano e si era allontanato in fretta, salutandoci appena. Strano. Io e Sonia eravamo quindi rimaste sole, l'indomani sarebbe stato il 5 maggio ed io ero nervosa. Mi tormentavo le mani come al solito, incapace di smettere. Sonia, conoscendomi fin troppo bene mi aveva abbracciata, comprensiva.Inaspettatamente, tra le sue braccia, mi sono sentita sicura,  avevo chiuso gli occhi e sorridevo. Siamo rimaste così per un bel po'.

Questa notte non riesco a dormire, il tempo è strano, freddo. Quando finalmente riesco ad addormentarmi i miei sogni sono frammentari, confusi. Come quelli di un febbricitante. La mattina seguente l'unico vago ricordo che mi è rimasto di essi è una forte luce, bianca al centro, circondata da mille colori ai lati.
Perplessa e assonnata, scendo dal letto sbadigliando e, strusciando i piedi sul pavimento di marmo verde, mi dirigo verso il bagno. Faccio la solita doccia mattutina, mi vesto svogliatamente e mi dirigo nella grande cucina della mia villa ottocentesca. Sono sola. Accanto al lavandino è appeso il calendario, sbircio nella sua direzione. Ho perso la cognizione del tempo. Comprensibile, dopo una nottata del genere. Prendendo coscienza della data sento una morsa allo stomaco. Sono passati tanti anni, non dovrei reagire così. Eppure la morsa persiste. Diventa una fitta. Il terrore mi pervade. Spalanco gli occhi mentre un calore insopportabile mi abbraccia. Sta succedendo di nuovo. Mi lascio prendere dal panico e scoppio in lacrime senza ritegno. È il dolore più grande che io abbia mai provato. Stavolta non ho neanche la forza di urlare. Sono certa che brucerò viva. Dopo un paio di minuti, che sembravano interminabili, il dolore cessa. Di botto. Tengo gli occhi bene aperti. Per un momento non succede nulla, poi noto qualcosa all'altezza del pavimento: ampie lingue di fuoco scarlatto mi avvolgono i piedi nudi. Con una velocità sconcertante risalgono il mio corpo, bruciandomi i vestiti. A quel punto non riesco più a trattenermi. Grido con tutte le mie forze.
Trafelata, Tatiana spalanca la porta della cucina.
Il terrore le deforma il viso come una maschera. Le pupille le si dilatano. Attraverso di esse riesco a scorgerere la mia figura. È indistinta. Mi concentro. Ora riesco a vederla.
Sono nuda, vestita solo di fiamme scarlatte.

Sembra che stia bruciando.

Sono fatta di fuoco.

F.A.T.A.L.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora