Era passato più di un mese dalla partenza di Sukuna e in quel tempo i rituali erano stati il mio unico pensiero, aiutata dalla Sensei e da Kita.
Con quest'ultima le cose si erano in parte sistemate, benché continuassi a vederla sofferente per la sua condizione di cortigiana.
Sukuna non l'aveva toccata, eppure pativa in maniera evidente quel luogo, sebbene in più di un'occasione le avessi detto che se avesse voluto potevo cercare un modo per aiutarla a tentare la fuga.
Tuttavia aveva sempre rifiutato il mio aiuto, con la giustifica di volermi stare vicina e aiutarmi nel mio addestramento, sostenendomi qualora ce ne fosse bisogno.
Il freddo aveva portato il gelo dell'inverno. La prima nevicata venne di notte, ricoprendo di bianco l'intera abitazione e il giardino in cui eravamo solite riposare o danzare.
I laghetti erano ghiacciati, anche se l'acqua delle cascatelle era rimasta corrente, permettendo alle carpe Koi di sopravvivere sotto le lastre congelate.
Tutto era avvolto da un manto immacolato, dando l'impressione che il tempo si fosse fermato in un'immagine di eterea irrealtà immutabile.
Diversi Irori, i focolari domestici, vennero accesi in tutta la tenuta per scaldare gli ambienti, tra cui il nostro, preparato appositamente per stare tutte e sei in un ambiente caldo e tranquillo.
Il falò era disposto al centro della stanza, diversa da quella usata nelle stagioni più calde, ricavato da uno scavo di forma rettangolare nel pavimento, contenente le fiamme a contatto con il terreno sottostante, lontano dal legno infiammabile.
La sala che invece utilizzavamo per i rituali di danza Kagura era differente, molto più fredda e con poco riscaldamento, impedendoci di continuare con lo stesso ritmo gli allenamenti e obbligandoci a svariate pause per poterci riposare e recuperare un minimo di calore.
Fu proprio per il freddo che Kita si ammalò, colpita da una pesante febbre che la costrinse a letto in uno stato delirante che mi preoccupò parecchio.
Mi chiese di non danzare senza di lei, che voleva essere presente quando fossi riuscita a vedere ciò che agli altri non era permesso e alla sua insistenza gli promisi che per qualche giorno avremmo rimandato le prove per il rituale.
Non lo feci, in realtà, per la sua esplicita richiesta, ma per poterle stare accanto e darle un minimo di cure effettive.
Nessuno alla tenuta aveva cuore della nostra salute, tranne forse della mia, e alla malattia di Kita nessuno diede peso.
A Sukuna, capii dai discorsi dei domestici, non importava nulla se qualcuno la dentro moriva.
Prendersi cura di lei o andare a recuperare delle medicine sarebbe stata solo fatica sprecata.
<< Dovremmo riprendere a fare qualche prova, Kitsu >> mi riprese Riko una sera, dopo che avevo dato da mangiare e da bere a Kita.
<< Le ho promesso che le sarei stata vicina. Non sta bene e sta peggiorando. Mi servirebbero delle medicine. Se anche per qualche giorno non provassi non cambia nulla >> valutai sorseggiando il tè. << Forse non cambierà nulla in ogni caso. Più danzo e più sono sconfortata dagli scarsi risultati. Ormai manca sempre meno. >>
<< Non devi perdere la speranza. Non morirai, un'alternativa la troveremo e non ti divorerà. >>
Scossi il capo a quelle parole, socchiudendo gli occhi. Temevo ovviamente la morte, ma che più mi disturbava, sebbene fosse assurdo, era il timore di deludere le sue aspettative.
L'ultima volta mi aveva persino parlato di un premio se lo avessi soddisfatto abbastanza e non ero riuscita a frenare l'immaginazione su ciò che avrei potuto chiedergli.
<< Possiamo provare qualche volta, quando Kita dorme, ma avrei bisogno di qualcosa per abbassarle la febbre. Non sembra diminuire e mi preoccupa. Non sarei concentrata sul rituale. >>
<< Posso vedere di farmi portare qualcosa appena la neve si sarà sciolta un po' e i domestici potranno raggiungere il villaggio, ma a patto che tu torni a provare i sacri riti. >>
<< E per la musica? >>
<< Finché Kita non sa sarà ripresa posso accompagnarti io. Facciamo una prova domani mattina e vediamo come va. >>
Strinsi le labbra per poi annuire. << Va bene >> acconsentii. << Ma appena puoi, fatti portare i medicinali, per favore. >>
Lei annuì, sorridendo soddisfatta. << Avviserò subito di quanto mi serve. Saranno di ritorno entro la giornata stessa. >>
Durante la notte faticai a riposare, visto che la mia compagna ebbe un altro attacco di delirio dovuto alla febbre che tentati di sedare con le poche erbe che avevo a disposizione, aiutata anche dalla Sensei.
Diceva cose senza senso, piangeva e chiamava i suoi genitori, chiedeva scusa per poi maledire persone dai nomi a me sconosciuti.
Il tutto seguito dalle tre cortigiane che non lesinavano in lamentele e suggerimenti drastici.
<< State solo perdendo tempo >> sibilò Ryaka ormai stanca di continuare a sentire i deliri della mia amica. << Ormai non le resta tanto da vivere. Portatela fuori e lasciatela morire, così possiamo dormire tutte quante senza seccature. >>
Ovviamente non la presi minimamente in considerazione.
Solo dopo una tisana calmante e impacchi di ghiaccio per calare la febbre, Kita si calmò, cadendo in un sonno profondo e permettendo anche a noi di poter metterci a riposare fino al giorno successivo.
La mattina dopo Riko tenne fede alla sua parola, avvisando i domestici che per sua necessità avrebbero dovuto scendere al villaggio a recuperare alcune cose per lei e nessuno sembrò aver da ridire al riguardo.
<< Ora non hai nulla a cui pensare per non provare il rito >> osservò la donna dopo esserci assicurate che Kita dormisse e stesse bene.
<< Spero solo di riuscire a concentrarmi abbastanza... >> valutai mentre chiudevo gli Shoji della stanza, ancora troppo fredda.
<< Non pensare a Kita. Concentrati su Sukuna e cerca di estraniarti dal resto >> consigliò, mentre iniziava a battere il ritmo.
Il rituale era semplice: passi di una danza ripetuta, seguendo un disegno preciso al ritmo di un piccolo tamburo. Dovevo estraniarmi dalla realtà, entrare a contatto con il mio spirito e chiedere di mostrarmi il futuro attraverso lo spazio e il tempo.
La danza Kagura partiva lenta, misurata e con movimenti statici, ma nel mio particolare caso diventava via via sempre più rapida, per portarmi allo stremo e alla concentrazione maggiore possibile.
Neppure mi accorsi che anche Oki e Nao mi stessero guardando, mentre ormai avevo perso la cognizione di quello che mi stava attorno, cercando di focalizzarmi sulle mie sensazioni e, soprattutto, verso il mio Signore.
Pensai a lui, Ryomen Sukuna, alla sua terrificante maestà, ripercorrendo con i ricordi le linee dei suoi tatuaggi e la sua stessa fisionomia.
Fino a quando arrivai alle dita.
Le sue venti dita!
Non ero più nella tenuta di Hida, non ero più presente nella stanza gelata assieme a Riko e alle due cortigiane, ma altrove.
Non c'era una fine, né un inizio. Poggiavo su qualcosa, ma non lo percepivo. Tutto era oscurità, ma al contempo vedevo tutto, o meglio, sapevo che se avessi voluto avrei visto.
E, difatti, vidi.
Un rotolo chiuso, disseminato di glifi protettivi stampigliati su carta pergamena.
I sigilli che si spezzavano e l'oggetto che veniva srotolato, mostrando venti dita mummificate e cerate.
Le Venti dita di Sukuna.
Venti feticci.
Venti frammenti della sua anima.
La pergamena svanì un istante dopo che mi ero resa conto di cosa stessi vedendo e attorno a me l'ambiente cambiò di nuovo.
Il terreno si fece liquido, il soffitto una gabbia toracica scheletrica di una bestia antica. Al centro si innalzava una pila di teschi di bue, sopra al quale sedeva qualcuno.
Una figura avvolta da un kimono bianco, legato da una fascia blu scura decorata, con dei sandali ai piedi.
Sul volto gli stessi tatuaggi di Sukuna, sebbene apparisse molto più giovane, con i capelli di un arancio rosato, scuri sui lati dove erano tagliati più corti.
Due sole braccia erano in vista, liberamente appoggiate sui teschi in un comodo e svagato atteggiamento di sufficienza. Sorrideva, il solito sorriso sarcastico e maligno, indice che la persona che avessi di fronte fosse il Re delle maledizioni.
Era lui, ma al contempo non lo era.
Durò un istante, prima che sparisse nel buio, lasciando al suo posto solo una risata, profonda e divertita, come se quel Sukuna che avevo visto, il Sukuna del futuro, fosse gratificato da ciò che avrebbe fatto.
Non ebbi il tempo di pensarci, che l'ambiente mutò di nuovo.
Mi apparve come un dipinto, una sorta di città, piena di luci e colori, aliena, da un certo punto di vista, distrutta dalla potenza di tagli e smantellamenti attraverso l'espansione del dominio di Sukuna, prima che le fiamme divorassero quel che restava, lasciando solo un enorme cratere.
La scena cambiò di nuovo. Questa volta, mi resi conto, era un futuro prossimo, più vicino.
La figura di Sukuna assieme quella di un monaco, non ben definito, di cui vidi solo una cicatrice che gli attraversava la fronte.
Il Re delle maledizioni scomparve poco dopo mentre il monaco alzava una mano con una delle dita di Sukuna, restando a rimirarlo prima di voltarsi verso di me, sorridendomi.
Tuttavia nel vedere quell'uomo mi si gelò il sangue e nell'istante successivo tornai in me.
Mi misi a sedere sul tatami di scatto, fumando letteralmente, come se il mio corpo fosse umido e più caldo rispetto all'aria della stanza. Mi sentivo come se stessi per prendere fuoco da un momento all'altro.
Rialzai lo sguardo sulla Sensei, dall'altra parte della stanza rispetto a me, atterrita, che mi fissava con occhi sgranati.
Delle altre due ragazze non c'era traccia.
<< Cosa... cosa è successo? >> domandai, sentendomi la gola secca e percependo il fortissimo bisogno di bere dell'acqua.
<< Kitsu? >> mi domandò lei, incerta e diffidente, lasciandomi interdetta.
Mi rimisi a fatica in piedi, guardando il mio kimono completamente bagnato, iniziando a sentire il morso del freddo.
<< Cosa... >> iniziai a dire tra me e me, tornando poi a guardare Riko. << Che cosa è successo? >>
<< Non... non lo so... >> farfugliò lei.
<< Perché sono bagnata? >> domandai, iniziando a tremare e cingendomi con le braccia. Anche il fumo stava lentamente diminuendo.
<< Perché hai iniziato a emettere un fortissimo calore >> sentii dire alle mie spalle, voltandomi verso Ryaka che era entrata nella stanza assieme alle altre due, anche loro piuttosto scosse.
<< Che razza di mostro sei? >> insistette la cortigiana. << Sei una maledizione, non è così? >> ringhiò irritata.
<< No, non lo sono... >> risposi deglutendo. << Non so di che stai parlando. >>
<< I suoi occhi hanno cambiato anche colore, per un istante... >> sussurrò Oki << Sicuramente è una maledizione! >>
Scossi il capo, confusa, per poi guardare la Sensei che sembrava più confusa di me. << Riko, ho visto... sono riuscita... a vedere... a vedere qualcosa >> dissi in difficoltà.
Lei scosse il capo, cercando di capire quanto accaduto.
<< Dovremmo ucciderla! >> sibilò Ryaka.
<< Come si uccide una maledizione? >> domandò Nao.
<< Smettetela! >> sbottò Riko. << Non è una maledizione! >> disse scuotendo il capo, iniziando a riprendersi.
<< Allora perché fumava e gli occhi hanno cambiato colore? >> domandò alterata la prima cortigiana.
<< Possono... possono esserci un sacco di spiegazioni che escludono sia una maledizione >> disse osservandomi, anche se ero certa che anche lei nutrisse qualche dubbio. << È vero? Hai visto? >>
Annuii, stringendomi i vestiti fradici addosso. << Riko-Sensei, stò morendo di freddo... >>
<< Non ho intensione di dormire nella sua stanza! >> esclamò Oki.
<< Allora trovatevene un'altra! >> replicò seccata la Sensei, continuando a fissarmi.
<< Riko-Dono... >> intervenne Ryaka << Questa donna è un mostro... non è umana... >>
<< Lei appartiene a Sukuna! A prescindere non potete proprio fare nulla! >> sbittò irritata. << Chiunque lei sia! Se non volete più vederla spostatevi un paio di pannelli e andatevene a dormire da qualche altra parte! >> replicò a sua volta alterata, non so se per la situazione, l'insistenza delle cortigiane o per la paura nei miei confronti.
Tuttavia almeno convinse le ragazze a uscire dalla stanza.
Mi accompagnò nei nostri alloggi in silenzio, permettendomi di cambiarmi e di ristorarmi vicino al focolare.
Per tutto il tempo non mi parlò, come se stesse elaborando quanto accaduto, e io tornai a prendermi cura di Kita che non aveva smesso di dormire. Quantomeno il suo respiro era tornato regolare.
Dopo quasi più di un ora tornò a parlarmi. Era quasi sera e i domestici ci avevano già portato la cena.
<< Hai visto davvero qualcosa? >> domandò, per poi scuotere il capo con un sorriso sprezzante. << Che domanda, qualcosa è successo in quella stanza. Che cosa hai visto? >> Si voltò, seria in volto.
<< Che cosa è successo da avervi così tanto spaventato? >> chiesi invece. << Oltre al fatto che sembrava dovessi prendere fuoco. >>
Mi venne in mente quello che mi aveva detto Sukuna, delle fiamme di Kagutsuhi, e il dubbio che centrassi davvero con quanto accaduto a Iga iniziò a diventare reale anche per me.
<< Ti sei fermata, di colpo. Eri immobile al centro della stanza, lo sguardo rivolto a un punto imprecisato. Il tuo volto ha assunto un'altra espressione, più seria, di ostentata sicurezza. Sembravi più... adulta, ma non guardavi nessuno di noi. Oki ti ha vista in viso, io purtroppo non ho potuto vedere con certezza, ma ha detto che il colore dei tuoi occhi è cambiato. >>
<< Non potrebbe essere stata una conseguenza di quello che stessi vedendo? >>
<< Non credo, o almeno, che io sappia nessuno ha mai iniziato ad avere piccole fiammelle attorno a sé o a cambiare colore degli occhi. Persino i capelli sembravano muoversi da soli >> spiegò scuotendo il capo. << Io riesco a vedere le maledizioni, ma ammetto che vederti in quello stato mi ha messo addosso più timore che vedere gli spiriti maledetti che si aggirano intorno alla tenuta. >>
Chinai il capo, sospirando. << Sukuna mi ha detto che non sono un essere umano, ma non sa che cosa io sia. Non ho nessun ricordo di fatti ambigui del mio passato. Ho sempre vissuto al tempio, non mi sono mai allontanata. Sapevo di avere degli occhi strani, che probabilmente qualcosa da piccola mi fosse capitato, ma... >> dissi a fatica, per poi scuotere il capo. << Non so davvero che pensare. >>
Rialzai lo sguardo su di lei, stringendo le labbra. << Posso solo chiedere scusa per avervi spaventate. Non era mia intenzione. >>
Rika annuì, alzando poi le spalle. << Non fa nulla, ora va meglio. Raccontami piuttosto che cosa è successo. >>
Narrai tutto ciò che avevo visto, in ogni dettaglio. Rika mi chiese di ripeterlo una seconda volta, per poi scrivere tutto quanto così da non dimenticare nulla.
Terminammo a tarda sera, ormai stanche dalla giornata, andando a dormire. Per mia fortuna, nonostante gli svariati pensieri per la testa, mi addormentai.
I giorni successivi non vidi nessuna delle cortigiane e rimasi sola con Riko e Kita, occupandoci di quest'ultima come potevamo. Almeno fino a quando arrivarono i medicinali richiesti dalla Sensei.
<< Quando credete tornerà Sukuna? >> domandai iniziando ad essere apprensiva vista la sua assenza.
<< Non ne ho idea. Come già detto in passato potrebbe stare via dei mesi prima di tornare qui, ma credo che farà di sicuro ritorno prima del termine che ci ha dato per il tuo operato. >>
Fece mezzo sorriso, d'incoraggiamento. Inizialmente era stata distante, un po' dubbiosa sul come trattarmi, ma nel vedere che ero sempre la stessa l'atteggiamento della donna tornò quello di sempre.
Kita passava il tempo a dormire o nel dormiveglia. La febbre calò dopo averle dato le medicine del villaggio, ma solo dopo qualche giorno riuscì finalmente a mangiare qualcosa e riprendersi abbastanza da poter parlare con coscienza.
Quando seppe di quanto accaduto, però, si allarmò più del dovuto. Impallidì visibilmente, per poi dare la colpa al suo stato di salute, anche se mi sembrò solo una scusa. Si fece raccontare tutto, nel dettaglio, compresa la profezia che avevo potuto vedere.
Il suo atteggiamento mi lasciò piuttosto interdetta, iniziando a farmi dubitare che sapesse, in realtà, molto più di quanto dicesse. Non avevo mai sospettato di lei, visto che avevamo vissuto assieme per più di un anno.
Tuttavia non potei indagare al riguardo, visto che Sukuna, finalmente, fece il suo ritorno.
Lo sentii arrivare, ma diversamente dal solito non lo nascosi, avvisando Riko del suo arrivo e iniziando già a sentire l'ansia per ciò che gli avrei dovuto raccontare.
Fu Uraume a entrare nella stanza, ricevendo inchini ossequiosi per il suo rango, benché non quanto quelli riservati a Sukuna.
Rimase in silenzio a guardarci, osservando la stanza prima di tornare su noi tre. << Come mai siete separate dalle altre? >>
<< Ryaka, Oki e Nao non vogliono rimanere in nostra compagnia dopo che... >> tentennò un istante Riko, voltandosi a guardarmi. << Dopo che Kitsu è riuscita ad avere una previsione del futuro. >>
L'attenzione dello stregone passò su di me. << Davvero? >> domandò con palese sorpresa. Rimase serio, con un solo sopracciglio alzato a indicarne lo stupore.
<< Sì, Uraume-Dono. Una settimana fa ho visto quello che potrebbe accadere in un lontano futuro. Non mi è del tutto chiaro il significato, ma desidererei parlarne con Sukuna-Sama, se lui fosse d'accordo. >>
<< Lo avviserò della notizia >> tagliò corto come suo solito, tornando a guardare le altre due prima di uscire dalla stanza. L'interesse del perché non fossimo più assieme alle altre era diventato irrilevante.
Ero già pronta a coricarmi quando Uraume mi venne a chiamare, avvisandomi che il Re volesse vedermi.
Non me lo feci ripetere due volte. Volevo vederlo e dirgli quanto avessi visto.
Non so se avrei guadagnato quel premio che agognavo, anche se sapevo già cosa chiedergli nel caso ne avessi avuto occasione. Sempre se ne avessi avuto il coraggio.
Raggiunsi le sue stanze e il lacchè mi fece entrare, salutando il suo signore e lasciandoci da soli come sempre, con me prostrata di fronte a lui, ma con la sola differenza che non ne avevo più timore.
Ero felice di essere là, felice di poter fare qualcosa per lui che andasse oltre al semplice appagamento fisico.
<< Uraume dice che sei riuscita a prevedere il futuro. >>
C'era una nota di scherno nella voce, beffarda e ironica. << È la verità o ti sei inventata qualcosa per convincermi a non ucciderti? >>
<< Verità, Sukuna-Sama >> confermai senza alzare il capo. << Non mi permetterei mai di mentirvi. Sarebbe sciocco da parte mia. >>
<< Mph... >> sbuffò con ironia, divertito. << Alzati e vieni più avanti >> mi ordinò imperativo, benché sempre con quel tono sprezzante e di ostentata sicurezza, e io seguii l'ordine.
Mi alzai e mi feci più vicina, con il capo ancora chinato e il cuore che mi martellava in petto. Ma non avevo paure, solo l'emozione di essere finalmente in sua presenza.
Mi si avvicinò anche lui, sentendo i suoi occhi su di me << Coraggio >> mi intimò ironico e divertito, come se stesse giocando. << Raccontami cosa hai visto. Sono molto curioso. >>
Annuì, iniziando a raccontare dettagliatamente quanto avessi visto: Dal rotolo con le sue dita, che sapevo fossero dei feticci, parti in cui aveva diviso la sua anima per poter poi tornare in vita nel futuro.
Quando arrivai alla parte dove lo avevo visto, più giovane e solo con due braccia, mi fermò. << Ripetimi come era l'ambiente >> ordinò severo, afferrandomi per il mento e facendomi alzare il volto verso il suo.
Aveva solo l'ombra del sorriso, lo sguardo assottigliato e particolarmente interessato.
<< A terra c'era un liquido, forse sangue. Sopra di me ricordo delle ossa, una cassa toracica scheletrica enorme e delle luci soffuse rosse. Al centro c'era una pila enorme di teschi di animale, sopra alla quale stavate seduto voi >> spiegai, mentre lui mi lasciava il mento, incrociando due delle quattro braccia. << Eravate voi, lo sentivo, ma al contempo non lo eravate. I tatuaggi sul volto erano gli stessi, ma eravate più giovane, inoltre avevate solo due braccia. >>
Sukuna inclinò il capo di lato, palesemente incuriosito. Distolse lo sguardo, voltandosi e allontanandosi di due passi, dandomi l'impressione che stesse riflettendo.
<< Poi che altro hai visto... >>
<< Credo... un villaggio, o meglio, una città, ma era strana. Le case erano diverse, piene di luci colorate. Tutto veniva distrutto dalla vostra tecnica maledetta, smantellato e ridotto in polvere, poi c'è stata un'ondata di fuoco... >>
Tornò a guardarmi a quelle parole << Interessante... >> sussurrò.
<< Voi ridevate alla fine di quella... carneficina. Eravate... >> faticai a trovare delle parole adeguate, distogliendo per un attimo lo sguardo da lui. << ...soddisfatto, mi è parso. >>
Sukuna ridacchiò, sorridendo di nuovo. << Altro? >>
<< Sì; alla fine, ho visto voi e un uomo. Un monaco con una cicatrice sulla fronte... >>
<< Oh... Kenjaku >> si intromise senza farmi finire. << Non sono sorpreso. >>
<< Lo conoscete? >>
<< Ho avuto a che fare con lui. È un abile manipolatore e uno stratega efficiente a cui piace fare esperimenti >> spiegò lui allontanandosi da me, prima di mettersi a terra, seduto.
<< Credo che centri con le vostre dita >> ipotizzai, restando immobile a guardarlo riflettere.
Rimase in silenzio qualche istante, prima di tornare a guardarmi. << C'è altro? >>
<< No, Sukuna-Sama >> ammisi, chinando il capo in cenno di rispetto.
<< Allora puoi andare. >>
Strinsi le labbra a quelle parole, contrariata e delusa. << Come volete... >> mormorai senza nascondere il disappunto, combattuta se chiedere se restare o meno.
Feci un inchino profondo, iniziando a indietreggiare verso la porta alle mie spalle, per poi ricordarmi quanto avesse detto nell'Onsen.
Si aspettava iniziativa.
<< Sukuna-Sama... >> dissi con rispetto, a bassa voce, aspettando che lui mi desse permesso per parlare.
Non rispose, ma tornò a guardarmi, sentendomi i suoi occhi addosso.
<< Volete... volete che resti? Posso fare altro per voi? >> chiedi con un velo di timidezza.
In risposta lo sentii ridere.
<< Resta! >>
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Memories - Ryomen Sukuna
FanficPeriodo Heian. Kitsu, orfana di guerra, istruita per diventare sacerdotessa Miko, viene venduta come sacrificio, assieme alle altre ragazze del suo villaggio, per pagare un tributo al Re delle Maledizioni. Un singolo errore, la parola o un gesto s...