Capitolo 1

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Era da un sacco di tempo che Gerard non vedeva Mikey arrabbiato, anche se per essere precisi era da un sacco di tempo che non lo vedeva in generale. Ex ora eccolo che si avvicinava e man mano appariva sempre più chiaro che, su quel viso solitamente impassibile, era disegnata una smorfia di disgusto accompagnata da due occhi inferociti. Il ragazzo passò davanti al fratello maggiore senza neppure notarlo perché teneva lo sguardo fisso a terra, la schiena curva sotto il peso della chitarra che teneva appesa ad una spalla.

-Non che mi aspettassi una festa di benvenuto, ma la tua "calorosa" accoglienza mi lascia senza parole-.

Mikey si voltò di scatto, riconoscendo la voce del fratello e per un attimo si sforzò di sorridere -Scusami Gee, ero distratto-, disse facendo ondeggiare la custodia del suo strumento. Abbracciò il fratello -Pensavo che il tuo arrivo fosse previsto fra tre giorni-.

-Ah sì, sono riuscito a partire prima. Spero che non sia un problema-

-Certo che no! Ma adesso entriamo che ti faccio vedere la casa-.

L'appartamento non era molto grande, ma sicuramente più dei comuni appartamenti affittati ai giovani. Aveva due camere: una era occupata da Mikey e la seconda da un altro studente. E a prima vista era chiaro che i due avevano un'idea di ordine molto differente. Nella prima, infatti, gli unici vestiti fuori posto erano accuratamente ripiegati su una sedia, i poster erano attaccati dritti, con uno spazio preciso tra l'uno e l'altro, sulla scrivania c'erano solo degli spartiti, mentre tutti i libri erano riposti sugli scaffali di una piccola libreria. Mikey era sempre stato molto preciso, ordinato. Quasi maniacale. Non che odiasse il disordine in sè, ma per lui tutto aveva un posto e lì doveva stare. L'altra stanza invece denotava una certa vivacità nell'altro inquilino o forse semplicemente una grande pigrizia. I mobili erano piazzati un po' a caso. Sopra al letto erano appesi poster di ogni genere, alcuni mezzi strappati, che andavano a coprirsi gli uni con gli altri. Un amplificatore era stato abbandonato nel mezzo della stanza e in ogni angolo erano presenti vestiti, cartacce e libri. Il salotto, non molto luminoso, disponeva di un comodo divano, dove Gerard avrebbe dormito, perché purtroppo l'unica mancanza dell'appartamento era proprio un altro letto.

Terminato il breve tour della casa, a Mikey sembrava essere tornato il buon umore e il fratello decise di non turbarlo nuovamente domandando che cosa lo avesse fatto arrabbiare a quel modo. Stavano quindi parlando, tranquillamente seduti al tavolo della cucina, quando il campanello suonò. Subito il minore si fece scuro in volto ed ordinò a Gerard di andare ad aprire la porta ma, invece di aspettare il nuovo arrivato, si alzò di scatto e si chiuse in camera borbottando: -Se ti chiede di me digli che sono morto-.

Nel frattempo nell'ingresso era comparso un ragazzino dall'aria dispiaciuta che, vedendo l'ospite, arrossì e rimase fermo per qualche secondo, senza parole. Gerard fu subito colpito da quella strana espressione, un po' come quella di un cucciolo indifeso, dell'altro. Avrà avuto diciassette anni, ma era piuttosto basso. Il viso nascosto fra un cespuglio di dread castani. Era sicuro di averlo già visto da qualche parte, probabilmente frequentava lo stesso liceo di Mikey. O forse nel parco, sulle piste da skateboard. Sì, sì ora ricordava! Lo aveva spesso notato perché se ne stava sempre un po' in disparte, anche se era evidente che conoscesse bene gli altri skater.

-Ehm...p-piacere, sono Frank... t- tu devi essere Gerard, g-giusto?- disse il ragazzo. Intanto spostava lo sguardo da una parte all'altra della stanza, alla ricerca di qualcosa da fissare che non fossero gli occhi verdi e penetranti dell'altro, che sembravano capaci di scavargli nell'anima alla ricerca di tutti i suoi segreti.

-Eh sì,sono io. Allora Frank, sai per caso il motivo per cui mio fratello si è chiuso in camera appena ti ha sentito arrivare?-

-Oh cazzo!-, Frank si avvicinò alla camera di Mikey e lo chiamò: -Mikey, dai! Mi dispiace, sul serio. Ho cercato di farli ragionare, ma non mi hanno dato retta-. Dietro la porta si sentirono allora le note di una chitarra elettrica, ma non componevano una melodia, sembrava piuttosto che qualcuno stesse sbattendo lo strumento a terra.

Allora Gerard, sovrastando con la voce quel rumore, ma senza scomporsi minimamente, urlò: - Micheal esci immediatamente da quella stanza!-Calò il silenzio, poi il fratello minore aprì esitante la porta.-Ecco, adesso siate così gentili da spiegare anche a me cos'è successo di così terribile- disse Gerard in tono autoritario, ma anche un po' divertito.

-È successo- cominciò Mikey- che, a quanto pare, io non sono sufficientemente bravo per suonare in una band-.Adesso Frank era ancora più imbarazzato, tanto che parlare gli costò uno sforzo enorme -Mikey, mi dispiace sinceramente. S- solo che non sono io a decidere. Non sai quanto piacere mi avrebbe fatto averti con noi. I- io penso che tu sia un ottimo chitarrista-. Con Gerard come intermediario, andarono un po' avanti così a discutere, con Mikey che ostentava una finta modestia, ripetendo in realtà parola per parola le critiche subits, e Frank che si scusava tenendo gli occhi bassi. Fino a che Mikey non si scusò a sua  volta, spinto da l'ennesimo sguardo del fratello, per quella reazione eccessiva, dovuta all'ennesimo insuccesso.

Gerard era tornato da New York in quel buco di Belleville per passarci qualche mese e studiare in tranquillità, perché l'anno successivo si sarebbe laureato e non avrebbe avuto il tempo per andare a trovare il fratello. In realtà c'era anche qualcos'altro, ma per il momento preferì non affrontare la delicata questione, né con Mikey né tantomeno con quel ragazzino semi-sconosciuto. Infatti trascorse il resto del pomeriggio sistemando i suoi bagagli, o meglio, sparpagliandone il contenuto in giro per tutto l'appartamento, visto che l'ordine non era mai stato nemmeno il suo forte, e si sentiva in buona compagnia.

Nel frattempo Mikey provava a suonare alla chitarra un pezzo sorprendentemente difficile, come volendo a se stesso e un po' anche agli altri due ragazzi di potercela fare, ma non riusciva mai a finirlo senza commettere qualche errore.

Frank, invece, si era disteso sul letto, con gli Iron Maiden sparati nelle orecchie. Guardava il soffitto bianco e pensava. Gerard era veramente lì, nella stanza accanto. Gli aveva addirittura parlato, chiamato per nome e avrebbero abitato, seppure solo per qualche giorno, nello stesso appartamento! La realizzazione del suo sogno sembrava così vicina da poter allungare una mano e toccarla. Ma come sempre aveva paura. Paura che scottasse o che peggio, scivolasse via di nuovo.
L'aveva visto tante volte venire a prendere il fratello a scuola, con gli occhi verdi luminosi. Era di quelli che si era innamorato, anche da lontano, aveva notato che vi si scorgeva una luce all'interno o forse al di là, che brillava costantemente. Ed ecco che se l'era visto comparire, con l'aria di chi è superiore alla bruttezza del mondo, con i suoi movimenti fluidi, con i suoi capelli neri.
Era quasi svenuto dall'emozione, quella sera non avrebbe mai potuto dimenticarla. Era stato il loro primo incontro.
Ormai i suoi pensieri cominciavano a divagare, quando si accorse che era molto tardi. Si alzò all'improvviso, ricordandosi che doveva studiare: l'anno scolastico era quasi terminato e le ultime prove sarebbero state determinanti.



Buon Giornooo Mondooo, sfidando il caldo che sta fondendo il mio computer, mi sono finalmente decisa.

Ebbene questo è il primo capitolo di I Lost My Way in Your City Lights, lo so che non è granché, ma per qualche motivo a me sconosciuto riesco a rendere interessanti le mie storie solo a partire dal terzo capitolo. Quindi anche se non vi piace vi prego di continuare a leggere e rimandare il giudizio a più tardi.

Tengo molto a questa storia, perché è la prima Frerard seria che scrivo... voglio dire, chi di voi ha letto I'm thinking of every night, every day mi capisce.

In ogni caso spero che commentiate anche se pensate che sia la cosa più brutta che sia mai stata scritta. Pleaseeeee, ve lo chiedo in ginocchio. Ecco ora mi sono messa in ginocchio... Allora commentate, vero? *Fa gli occhi dolci ed imploranti*

I Lost My Way In Your City Lights (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora