9 maggio

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Gli aeroporti sono per chi scappa.

Una fuga d'amore, una vacanza per mettere in pausa la vita vera, un volo di sola andata per un posto nuovo dove cominciare da zero.

Gli aerei sono fatti per chi vuol essere portato via, lontano, e per chi sogna di librarsi in cielo, sempre più in alto, oltre le nuvole e fino al sole.

Ma la verità è che alla fine si atterra sempre, così come parimenti si deve sempre tornare da dove si è partiti.

Volare ti fa illudere di allontanarti, ma la verità è che i tuoi tormenti ti seguiranno sempre, placidamente accomodati nel sedile accanto al tuo, incastrati dentro i tuoi bagagli, sedimentati nella tua memoria.

Parti pure, codardo, tanto ovunque andrai non potrai dimenticarti che io, tormento, esisto.

Ebbene, Simone e Manuel hanno provato a fuggire, ciascuno per il loro personale incubo che ha reso loro impossibile restare a Roma, ma come un parassita il brutto sogno ha continuato a presentarsi giorno dopo giorno, notte dopo notte. Dopo un po', hanno capito che non si sarebbero mai liberati di lui, almeno che non fossero riusciti a sconfiggerlo.

Dunque, per sconfiggerlo stanno tornando a Roma.

L'aeroporto Charles De Gaulle di Parigi è semi deserto, in quel tardo pomeriggio di maggio che è fresco, uggioso, scuro. Sono appena passate le vacanze di Pasqua, la gente è rientrata al lavoro e nessuno più si sogna di prendere un volo e partire per un viaggio. Ma Simone e Manuel non stanno sognando, stanno affrontando la realtà e dunque a loro è concesso salire su un volo in direzione Roma Fiumicino, anche se non è affatto periodo di partenze.

Simone è al gate dalle cinque, malgrado l'imbarco apra soltanto alle otto. Se ne sta rannicchiato su una scomodissima sedia di metallo, col PC sulle gambe aperto su una pagina Word bianca che dovrebbe proprio iniziare a riempire di parole per la relazione che deve consegnare a brevissimo al suo capo.

Vado un po' prima, si è detto, così sono sicuro di non far tardi e posso lavorare in santa pace per qualche ora.

Beh, tardi non l'ha fatto di sicuro; per quanto riguarda il lavoro, ecco... c'è ancora da fare.

Manuel invece finisce di litigare, di gridare a pieni polmoni anni di rabbia, rancore, frustrazione, che sono le cinque. Si chiude in camera, raccatta i pochi averi che davvero gli stanno a cuore e li infila in un borsone, e poi esce da casa sbattendo la porta, così forte che il suono riverbera per tutti i piani di quell'alto palazzo che, di ascensore, non ne ha neanche l'ombra. Nel viaggio della speranza per raggiungere l'aeroporto, prenota il primo volo disponibile e successivamente si lancia in una corsa a perdifiato per arrivare in tempo per l'apertura dell'imbarco.

Supera tutti i controlli in fretta e furia, esibendo documenti con fototessere vecchie di anni, memori di una adolescenza ormai passata in cui sicuramente ha avuto meno cose a cui pensare, e si affretta verso il gate.

È solo quando si accomoda su una sedia in metallo, fredda come il ghiaccio, un po' come si sente anche lui quel nove di maggio, che l'altoparlante annuncia una orribile notizia: a causa del maltempo, il volo per Roma Fiumicino subirà un ritardo.

Simone e Manuel alzano gli occhi in contemporanea, pietrificati da quell'annuncio che suona come una disgrazia per loro, che già stanno compiendo un passo enorme e faticoso nel tornare da dove sono fuggiti. Quel ritardo non fa altro che allungare la loro agonia, instillare il dubbio della decisione che hanno preso.

I loro sguardi, complici in quel momento di panico puro, si incrociano.

«È il nostro volo?» domanda Simone, che spera di essere stato tanto disattento, con la testa tra le nuvole, d'aver capito male.

Oggi, domani, sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora