Il buon Re di Olteala, Axeros, tenne la sua città lontana dalla guerra tra Nemeja e Seterneta, i suoi occhi saggi vedevano la follia e l'inganno dietro al conflitto, aveva ereditato da suo padre, il Dio Alth-Meresh, la scaltrezza. Egli aveva molti figli e figlie, e molti nipoti. Il più valoroso tra essi era Oriorus, figlio di sua sorella Xanthea e del grande navarco della città, Heremes. Diversamente dal padre, Oriorus non era attratto dal mare sconfinato, trovava la pace e la gioia tra i boschi e le montagne. Solea partire per giorni, spada al fianco, lancia e arco in pugno, cacciando tra le foreste. Durante uno di quei viaggi, liberò le montagne da numerosi mostri e creature divoratrici di uomini.
Il prode cacciatore camminava da sette giorni nelle sconfinate foreste delle Grandi Macae. In venti giorni, si sarebbe festeggiato il compleanno del suo zio e Re, Oriorus desiderava donargli una corona intagliata dalle corna di un grande cervo. Due giorni prima, vide un magnifico esemplare, degno della regalità del sovrano, ma l'animale, sacro alla Dea Altha-Demae, riuscì a sfuggire ai dardi scagliati dall'impavido giovane.
Con gli scuri occhi acuti, vedeva ogni traccia nel sottobosco. Con il passo sicuro avanzava, persino alla luce argentea della luna, calato il sole tra i flutti del mare. Nessun cacciatore aveva il coraggio di attraversare le foreste di notte, nessuno tranne il valoroso e forte Oriorus. Vide il riflesso dorato della luna specchiarsi negli occhi del cervo. Il cacciatore posò l'arco e tolse i calzari ferrati. L'animale mangiava tranquillo, cullato dalla luna nella sua pace. Indietreggiò Oriorus il braccio forte ritratto e la lancia stretta tra le dita. Un passo silente, il forte braccio proteso, la lancia vibrò nell'aria, l'animale cadde abbattuto dal colpo.
Le orecchie acute del cacciatore sentirono qualcosa, un canto lontano e il rumore d'acqua che scorreva gaiamente nella notte calda d'estate. Un riverbero distante, l'argento della luna incontrava da qualche parte nel bosco l'argento di uno stagno. Con la preda in spalla, il cacciatore camminò e camminò tra le tenebre della fitta foresta, seguendo il lampo di luce dello stagno e quel canto dolce e armonioso. Finché gli alberi non si allargarono in una radura, un ruscello si apriva in una placida polla. Qui, avvolta dalla luna, il cacciatore vide Laerta, nuda e bellissima, fare il bagno, cantando una dolce melodia di quell'amore che mai aveva conosciuto. Oriorus non poté trattenere un sussulto del cuore e un suono dalla bocca, ammaliato com'era dalla voce di Laerta. La ragazza non poté non sentirlo e volse lo sguardo, vedendolo giovane e forte, così diverso dal bruto marito. Si ritrasse e indossò l'abito candido. Oriorus era immobile e silenzioso, Laerta si avvicinò all'eroe e gli accarezzò il viso, chiedendo chi egli fosse. Il tocco gentile sciolse il cuore di Oriorus, i due giovani parlarono, la poesia del giovane cacciatore, la sua nobiltà e bontà d'animo, fecero breccia nel cuore infelice di Laerta.
Accarezzati dalla luna, i due giovani si baciarono, in quel bacio conobbero l'amore che mai prima di allora avevano incontrato. Fu un bacio che li completò, due anime unite nel nome di Altha-Ianeaja. Ogni resistenza cadde, la passione di un amore assoluto li avvolse, si abbracciarono, si baciarono, giacquero insieme, la luna e le stelle a testimoniare il patto tra le anime dei giovani, un patto di amore eterno. Un bacio li separò, con la pena nel cuore, giacché la bella Laerta, felice per la prima volta dal momento in cui conobbe il crudele Graeno, doveva tornare al tetto del marito malvagio.
Col cuore infranto, Oriorus dovette tornare indietro, fino a Olteala, così come Laerta pianse amare lacrime sul sentiero verso casa.
La disperazione dell'eroe non passò inosservata tra le sale del buon Re Axeros. Il Principe Artaxor vide le dita della malinconia stringere il cuore di Oriorus durante le celebrazioni in onore del nobile padre. Preso da parte il cugino, gli parlò, narrò come egli avesse trovato il suo amore salvando una fanciulla da un fato crudele e consigliò il cacciatore di fare lo stesso. Fugò ogni dubbio dal cuore del cacciatore, un incontro come quello che ebbe con la bella Laerta non poteva che essere benedetto dagli Dei.
La notte successiva, Oriorus tornò allo stagno e attese, il cuore sempre più avvolto da malinconia e tristezza. Ormai consapevole che non avrebbe più rivisto la fanciulla a cui aveva legato l'anima immortale, volse le spalle allo specchio d'acqua. In quel momento sentì un canto struggente e delicato, il sorriso tornò sul volto forte dell'eroe. Laerta giunse nel luogo in cui aveva conosciuto l'amore con lacrime di disperazione agli occhi, che mutarono in lacrime di gioia quando si ritrovò tra le braccia forti del suo nobile amante.
Si amarono ancora quella notte, furono affranti nel lasciarsi, ma Oriorus non tornò a Olteala. Costruì una capanna, ove attese ogni sera Laerta, la luna e le stelle testimoni del loro amore, gli occhi di Altha-Ianeaja a benedirli. Così fecero notte dopo notte, mentre la primavera divenne estate, rubando attimi di felicità e momenti d'amore al fato crudele imposto a Laerta.
Ma il destino beffardo era deciso a lanciare i dadi contro i due giovani benedetti dall'amore. Il sospettoso e feroce Graeno si rese conto delle uscite notturne della moglie, giorno dopo giorno. Col livore nel cuore, si finse addormentato e seguì la moglie. Nascosto in un cespuglio di sanguinella, vide Laerta e Oriorus unirsi tra le fronde di un fragile mirto.
Estrasse il malvagio uomo la sua spada, e la infilzò nel terreno, tra le radici del sanguinella. Chiese al suo patrono la forza di uccidere la moglie e l'amante, offrendo al Dio dell'oltretomba qualsiasi cosa avrebbe egli desiderato dal suo servitore mortale. La benedizione di Ereth-Plodah si manifestò con il sangue che prese a gocciolare dalle foglie dell'arbusto.
Certo della vittoria, Graeno uscì dal nascondiglio e affrontò gli amanti. Colpì il cacciatore alla schiena, ma il forte giovane non soccombette. Pur ferito, Oriorus prese la spada e combatté. Affondò, assestò stoccate e parò i colpi del malvagio marito di Laerta. La giovane donna sussultava ad ogni colpo, l'eroe non demordeva per le parate del nemico, sempre più in difficoltà e costretto a recedere. Il duello fu feroce, Oriorus combatté con coraggio, pareva agli occhi della sua amata Laerta, come se fosse un Dio incarnato, giunto a vendicare i torti e l'infelicità che il fato le aveva posto sull'anima. Un colpo sicuro, la spada illuminata d'argento dalla luna vibrò nell'aria, l'arma maledetta di Graeno cadde a terra. L'uomo codardo arretrò, piangendo e implorando, spaventato per l'imminente stoccata fatale, forte e coraggioso soltanto con i più deboli, incapace di prevalere contro chi ha la volontà, il coraggio e l'onore di combattere col cuore puro. Ma il suo patrono infero giocò il suo tiro crudele.
Una radice di sanguinella parve quasi avviluppare il piede di Oriorus, facendolo incespicare a terra, la spada onorata scivolò dalla forte stretta quando la mano sbatté su una pietra dura e malevola. L'eroe e la fanciulla videro la lama affondare nello stagno, Graeno ripresa l'arma si stagliava sul giovane, affondò la spada, che si aprì la strada tra carne e sangue dei due amanti. Laerta si era gettata su Oriorus, a proteggere l'amore della sua anima con il corpo, la spada maledetta le spezzò il cuore prima di infrangere quello dell'eroe. Piansero i due giovani, mentre la vita fluiva dai corpi, stretti in un ultimo abbraccio d'amore, le dita intrecciate nella stretta finale.
Non passò inosservato il pianto dei due amanti, il suo eco disperato giunse fino alle sale dorate di Althes-Ara. La Dea Altha-Ianeaja lo udì, mentre giaceva con Alth-Marath. La tristezza della Dea dell'amore piegò il cuore del furioso Dio della guerra, che apparve in sogno ad Artaxor. Il principe si destò e cavalcò per tutta la notte, fino allo stagno mostratogli dal Dio. Qui vide il crudele Graeno ballare sui corpi delle due vittime, privo di senno e di pietà per i defunti. Lo affrontò l'eroe, con pochi colpi sicuri disarmò il malvagio, non più protetto da Ereth-Pludah, che come offerta volle la vita di Graeno. Non lo uccise, Artaxor, lo trascinò in catene a Olteala, ove il malvagio venne giudicato per i suoi molti peccati. La giustizia del buon Re Axeros fu implacabile, Graeno venne accecato, le mani e i piedi mozzati. Ancora vivo, fu riportato nella foresta, offerto ai predatori della notte, cari al suo oscuro patrono.
Insieme vennero bruciati i corpi di Oriorus e Laerta, affinché anche dopo la morte non fossero divisi, le loro ceneri volle Artaxor, e le usò per benedire un giardino al centro della splendente città, ove piantò un melo circondato di rose, affinché nei frutti e nel profumo dei fiori, il popolo per sempre potesse testimoniare l'amore sfortunato del cacciatore e della fanciulla dei boschi.
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I racconti dell'Impero di Aran
FantasíaEsperimento metaletterario. Leggerete racconti, miti, favole e leggende che gli abitanti dell'Impero di Aran tramandano in forma orale o scritta. Storie epiche e drammatiche, romantiche e felici o disperate e tragiche. I racconti non sono adatti a t...