In un tempo in cui il mondo era giovane, prima che i padri dei nostri padri calcassero le strade del nostro villaggio, viveva una contadinella di nome Maerea, gentile di cuore e bella di viso, leggiadra e felice. Lavorava nel suo orto, con i capelli color dell'oro che risplendevano al sole, curava con amore le sue caprette, vendeva a cuor felice il formaggio e le verdure frutto della sua fatica. Viveva in una casetta vicino alle mura del villaggio con il buon padre e la cara madre. Mentre lavorava, cantava con voce d'usignolo dolci canzoni d'amore, sognando il giorno in cui il suo cuore avrebbe sussultato per un giovane forte e gentile. Tutti le erano benevoli, e con ognuno ella era gentile.
Un terribile giorno di primavera, la madre di Maerea si ammalò. La fanciulla usò le erbe, come la genitrice le aveva insegnato, ma nulla poté. Nemmeno il medico del villaggio vicino, che giunse affannato per aiutare la brava fanciulla nel suo momento di disperazione, poté fare alcunché. Non restò da far altro che chiamare il sacerdote degli Dei, che guidò lo spirito della madre nel suo ultimo viaggio, verso le terre beate di Althes Ara, per unirsi alle schiere dei fortunati che trascorrono l'eternità insieme agli Dei.
Dopo i primi dieci giorni del lutto, Maerea, affranta per la perdita e per l'inconsolabile tristezza del padre, partì di buon mattino per il villaggio dei suoi nonni, per portare loro la triste notizia della morte della madre, ma non sapeva che il crudele nobile Porxor la seguiva da lontano.
Maerea camminava lungo la strada che costeggia la foresta, pensando alla madre perduta e al sorriso benevolo dei nonni, quando sentì il nitrito del cavallo di Porxor. Il nobile era il signore del villaggio, viveva in una torre di pietra, governava e amministrava la giustizia non secondo le giuste leggi del nostro Impero, ma seguendo la sua malignità e interesse. Da molti mesi, egli desiderava prendere Maerea e possederla nella carne. Si avvicinò alla contadinella e le chiese di montare a cavallo con lui, affinché la portasse alla sua torre, dicendole come fosse un onore attirare il desiderio del proprio signore, promettendole gioielli in cambio delle proprie grazie. Maerea non cedette alle richieste dell'uomo malvagio, la sua virtù sarebbe stata donata all'uomo di cuore onesto che si sarebbe innamorato di lei. Porxor si infuriò e l'afferrò, per prenderle l'onore in quel luogo, lungo la strada. Ma la contadinella, con forza e coraggio, si liberò dalla presa del nobile malvagio e scappò. Non poteva sfuggire al rapido destriero, decise quindi di lasciare la strada e addentrarsi nella foresta, dove il cavaliere non poteva raggiungerla. Corse con le agili e lunghe gambe tra i rami e gli alberi antichi come le fondamenta della Terra, corse senza voltarsi, finché non poté più udire le grida furiose del nobile. Si calmò, bevve da un ruscello che si districava tra le piante fitte, talmente vicine da non permettere ai raggi del sole di illuminare la terra.
Calmatasi, Maerea si rese conto di essersi persa nelle profondità della foresta nera e tenebrosa. Memore degli avvertimenti della buona madre, Maerea sapeva come fosse pericoloso aggirarsi nella foresta, popolata da animali selvatici e briganti. Si rimise in marcia, decisa a tornare alla strada e proseguire il viaggio fino ai nonni.
Cercò, cercò e cercò ancora, ma non poté più ritrovare la strada. Dopo lunghe ore di cammino giunse in una radura, vide una porta nel tronco di un grande albero, dietro alla porta, la casa di una vecchina, che aprì con un sorriso al bussare di Maerea, spaventata per il calar della notte. La fanciulla non sapeva che la vecchina fosse la strega Bavdorma, che si nutriva del sangue di vergini per vivere in eterno.
Le mani come artigli della strega le bloccarono i polsi, il sorriso si tramutò in zanne, pronte a divorare la contadinella. In quel momento, Maerea ripensò al buon padre, che sarebbe rimasto solo, e ai suoi sogni d'amore che non si sarebbero mai avverati. Allora, disperata, implorò la donna di lasciarla, dicendo di essere una cantastorie itinerante. Promise alla strega di intrattenerla con i suoi racconti, anziché chiederle monete, se le storie fossero piaciute alla donna, avrebbe avuto salva la vita, scampando alle fauci fameliche.
Perplessa, la strega arretrò, si grattò il capo, girò su sé stessa e attorno alla stanza del suo grande focolare. Infine, riflettendo sulla vita solitaria che conduceva da prima che il villaggio di Maerea fosse costruito, quando il mondo e la foresta erano giovani, accettò. Si sarebbe divertita ad ascoltare la storia, e avrebbe poi divorato la fanciulla.
Maerea, sollevata dalla possibilità di provare a vivere ancora un po', iniziò a raccontare la storia della "figlia del mugnaio", ma giunta a metà del racconto, disse di avere sonno, la malvagia Bavdorma voleva conoscere il finale della storia che la stava appassionando, la contadinella promise che avrebbe completato il racconto la sera successiva.
L'indomani, Maerea completò la storia e disse alla strega, che applaudiva per il divertimento e pregustava il sapore del sangue della fanciulla, di conoscerne una ancora più appassionante ed emozionante. Intrigata, Bavdorma non poté far altro che attendere il giorno successivo, per la prima parte del racconto di Maerea, che quella sera narrò la prima parte delle vicende di Laerta e Oriorus.
Così l'inganno ebbe successo, e riuscì, raccontando le sue storie, a vivere un giorno e un giorno ancora, finché la strega non decise di prenderla al suo servizio. La sera, Maerea raccontava le sue storie, un pezzetto alla volta, il giorno cucinava, spazzava il pavimento e rassettava la casa della crudele megera, attendendo la possibilità di liberarsi dalla trista cattività.
Un giorno, quando la primavera stava diventando estate, andando a raccogliere l'acqua al fiume, fu presa dalla paura sentendo il rumore di un cespuglio che si muoveva. Dal cespuglio di mirto, emerse il bel cacciatore Iolauos, dalle gambe sicure, le braccia forti e il sorriso onesto. Rassicurò la contadinella di non essere un brigante delle foreste, ma un ragazzo che, cacciato dalla casa del padre, viveva di ciò che la Dea della foresta gli offriva.
Anche Maerea narrò al giovane forte la sua storia, le lacrime colavano dagli occhi della contadinella, e commossero il cacciatore, che le promise di salvarla dalle grinfie della strega malvagia.
Quella sera, Maerea si sedette al tavolo di Bavdorma ben prima del solito e iniziò a raccontare la sua storia. La strega non si accorse che la fanciulla non aveva chiuso la serratura della porta, lasciata invece socchiusa. Il cacciatore entrò dalla porta e scoccò una freccia mortale, che colpì la donna malvagia. Ella mutò, con artigli e zanne, ma ferita non poté vincere la forza del coraggioso Iolauos, che la afferrò e la gettò nel focolare acceso. Le fiamme bruciarono la strega che tante fanciulle aveva ucciso nella sua lunga esistenza, ancora oggi ella paga il suo orrendo crimine, tormentata dal Dio degli inferi Ereth-Pludah e dai suoi demoni.
La contadinella baciò Iolauos, che si gettò sulle ginocchia, chiedendole di divenire sua moglie. Con tutto il cuore avrebbe voluto accettare Maerea, ma non poteva non rivedere il buon padre e portargli la lieta notizia, per far tornare il sole nella sua anima. Allora implorò il cacciatore di riportarla al villaggio, ancora una volta, il pianto della fanciulla mosse il cuore dell'impavido giovane.
Giunsero al villaggio di notte, nascosti dai mantelli, ma il malvagio Porxor riconobbe Iolauos, figlio del nobile signore Ectrocinor, il cui scranno egli aveva usurpato con inganno e tradimento. I due si sfidarono con l'arco, Iolauos evitò la freccia proditoria dell'usurpatore e lo trafisse al cuore. Il popolo intero festeggiò il ritorno del loro giusto e buon signore e le nozze del nobile cacciatore con la contadinella che, perdendo la strada di casa, ritrovò la strada per la felicità, sua e di tutto il villaggio.
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I racconti dell'Impero di Aran
FantasíaEsperimento metaletterario. Leggerete racconti, miti, favole e leggende che gli abitanti dell'Impero di Aran tramandano in forma orale o scritta. Storie epiche e drammatiche, romantiche e felici o disperate e tragiche. I racconti non sono adatti a t...