11. Indagini in corso

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Cécile si trovava in uno splendido caffè – giardino nel cuore della città, non lontano da Porte Saint Michel. L'insegna "Pétite Paradise" era alla sommità di un piccolo e raffinato edificio di pietra dallo stile liberty, e il cui retro era rappresentato da un giardino labirintico e alberato.

La giovane ragazza trangugiava il suo tè nero seduta a un tavolino di legno, cercando di rimuovere dalla sua testa il pensiero della scomparsa della sfortunata coetanea. Eppure, allo stesso tempo, era felice che quel tragico evento l'avesse avvicinata ancora di più a Juliette.

Non riusciva a togliersi dalla testa una strana intuizione, forse sbagliata, ma comunque non così lontana dalla realtà.

Ebbe la netta sensazione di essersela scampata dal destino di Margot, come se in qualche modo la ragazza fosse diventata una vittima sacrificale al suo posto, come se tutto fosse collegato.

Sebbene tutto ciò fosse solo un'ipotesi strampalata, quella tremenda intuizione le martellava la testa e la spingeva a indagare di più sulla morte di quella ragazza. Sentiva che la sua esperienza forse avrebbe aiutato la polizia nelle indagini, sentiva che doveva fare qualcosa, soprattutto perché, se un pazzo e pericoloso assassino era in circolazione, allora avrebbe potuto colpire ancora e ancora. Magari anche una sua amica, e Cécile non poteva permettere che ciò accadesse.

Sentiva che probabilmente anche le amiche avrebbero condiviso il suo atteggiamento e le sue intenzioni, specialmente dopo aver appurato che la città non era più un luogo così sicuro.

Mentre pensava a tutte queste cose, e rigirava la tazza di tè ormai vuota tra le mani, entrò nel bar Jean Aubert, il giovane cronista che aveva conosciuto in biblioteca, il giovane e bell'eccentrico che aveva rovesciato i due bicchieri di caffè e che sembrava c'entrare poco con il mondo moderno.

"Un caffè corretto con del whisky per favore" disse lui, arrotolandosi le maniche della camicia marrone che indossava in quel momento.

Cécile sembrava incuriosita e divertita dall'aria che aveva e senza accorgersene iniziò a fissarlo con il sorriso, tanto che nel momento in cui Jean si girò, lei si ricompose per salutarlo con un'aria decisamente più seria.

Il cronista sollevò la mano per salutarla e si avvicinò a lei.

"Posso? Spero di non disturbarti".

"Ma no fai pure, sono sola e vengo sempre qui per distrarmi".

"Già è un bel posto" disse lui sorridendo e guardandosi intorno.

"A cosa stai lavorando?" chiese lei con tono interessato.

"Beh certamente conosci già la vicenda... la tragica scomparsa di Margot Vidal. Sto facendo un lavoro d'inchiesta sulla morte di questa ragazza, voglio scoprire di più".

"Scusami se ti faccio questa domanda, ma... voglio capire che tipo sei" disse lei guardandolo negli occhi con sorriso e aria inquisitoria nello stesso tempo".

"Dai spara"... disse lui divertito e con l'aria di chi è abituato a sentirsi proferire ogni genere di commento.

"Lo fai per passione o lo fai perché ti pagano bene?".

"Bella questa, mi piace... Ehi ma non ero io quello che intervistava e faceva le domande?".

"Beh devi abituarti al fatto che potresti incontrare qualcuno che per una volta le fa a te le domande" disse lei con tono quasi di sfida.

"Secondo te qual è la risposta?".

"Eh no così non vale, io la domanda l'ho fatta a te".

"E va bene!!! Lo faccio per passione, non ti aspettare che mi paghino chissà quanto. I direttori di giornale sono degli avvoltoi. L'amore per la verità è amore puro, e a dirla tutto, paga anche poco".

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