chapter nine.

1.3K 50 14
                                    


「 a JAMES BEAUFORT fanfiction 」
chapter nine


















Dopo miliardi di sorrisi fasulli e domande indiscrete a cui avrei preferito non rispondere, la conferenza stampa era finalmente giunta al termine. E se pensavo che il peggio fosse passato, mi sbagliato di grosso: perché tornata a casa, mio padre aveva deciso di farmi una ramanzina, convocandomi come una sua qualsiasi dipendente pronta al licenziamento, nel suo ufficio.

"Tu. Sei diventata la nuova Giulietta, che se ne frega degli affari di famiglia se vanno in conflitto con i suoi impegni" si alzò dalla sedia versandosi del whisky. Ne bevve un sorso, prima di continuare con la predica
"Non riesci a fare quello che ti chiediamo, in questa unica serata in cui tutti noi contiamo su di te!" poggiò con forza il bicchiere sul tavolo, facendomi sussultare.

Io abbassai il capo chiudendo gli occhi, e stringendo i braccioli della poltrona in velluto. Respirai profondamente, cercando di non perdere la calma e peggiorare la situazione.

"Amaya Grace, vuoi dire qualcosa?" non risposi
"Sputa il rospo" mi incitò, alzando il tono della voce.

"Non è questo che volevate tu e il suo socio?" domandai retoricamente, nel modo più calmo possibile. Alzai lo sguardo, incrociando gli occhi marroni dell'uomo
"Che per il bene della vostra collaborazione, io e James andassimo più che d'accordo" inclinai il capo.

"Non ho capito?" assottigliò lo sguardo.

"Mi hai sentito, papà" affermai, alzandomi in piedi
"Oppure il matrimonio combinato è stata un'idea di Mortimer e tu, dato che pendi dalle sue labbra, ti sei lasciato raggirare come un calzino e come se non avessi la capacità di pensiero?" mi avvicinai alla scrivania.

"Non ti permetto di parlarmi in questo modo, Amaya Grace. Sono tuo padre, porta rispetto" mi rimproverò
"Con questo tuo atteggiamento arrogante e saccente non arriverai da nessuna parte" mi puntò un dito contro, dall'altro lato del desco, osservandomi con sguardo deluso
"Non capisco cosa c'è che non va in te" sussurrò, scuotendo il capo.

"Non c'è niente che non va in me" corrucciai le sopracciglia
"Sei tu il problema! Non ti va mai bene niente di quello che faccio" dichiarai. Cominciai a sentire gli occhi pizzicare
"Non ho mai voluto prendere le redini della Maison Waldorf, e lo sai bene. Ma ogni volta fai finta di non ascoltarmi. Non ti sorprendere se non mi va di venire ad una stupida conferenza stampa con persone ancora più stupide"

"Esci" affermò, cacciandomi
"Subito" continuò vedendo che restavo immobile.

"Con piacere" raccolsi la mia borsa dal pavimento, e uscii dall'ufficio, chiudendomi con forza, la porta alle spalle.

Il giorno dopo a scuola, neanche i cosmetici sembravano coprire le scure occhiaie che solcavano il mio viso. La notte passata in bianco, aveva dato i suoi frutti.

Mentre camminavo per i corridoi della Maxton Hall, sembravo uno zombie. Soprattutto mentre il rettore Lexington si congratulava con me per il successo dell'evento della sera prima.

"Pensavo che avrebbe combinato un altro disastro, ma devo dire che il gala è stato un successo" sorrise, porgendomi un foglio di carta
"Ho provveduto ad inviare l'originale all'ufficio amministrativo di Oxford, in allegato alla domanda di ammissione" concluse.

"La ringrazio" dissi con mani tremanti, mentre tenevo la mia tanto bramata lettera di referenza.
Finalmente una buona notizia, che mi fece tornare, seppur per poco, l'allegria.

𝐘𝐨𝐮 𝐛𝐞𝐥𝐨𝐧𝐠 𝐭𝐨 𝐦𝐞┊𝙅𝙖𝙢𝙚𝙨 𝘽𝙚𝙖𝙪𝙛𝙤𝙧𝙩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora