JAMIE
«Resisti» disse Finn, la prima volta che lo incontrai.
L'aveva vista, la spinta, a pochi passi dall'ingresso della scuola.
Quattro ragazzini, arrivati da dietro, con lo zaino in spalla e un ghigno stampato sul volto che si divertivano a importunare me. Io che avevo già abbastanza solitudine con cui fare i conti.
Ed ero finito a faccia in giù, con i sassi conficcati nei palmi delle mani e le braccia doloranti per aver tentato di attutire l'urto.
«Resisti, e vedrai che la smetteranno.» disse Finn, chinandosi per aiutarmi a tornare in piedi, pulendomi le ginocchia con le mani grandi e calde.
Era un uomo alto, di bell'aspetto e con due occhi così gentili da farmi dubitare persino della sua buona fede.
Per chi non conosceva il tepore di un abbraccio, o la delicatezza dell'amore era impossibile affidarsi a qualcuno. Ma Finn non mi diede scampo, con la sua voce accogliente mi impedì di retrocedere.
Mi aveva chiesto dove abitassi, ma io lo avevo portato da Gather, perché era lì che lavorava Grace. E Grace era sempre stata l'unica persona che avevo.
Non l'avevo mai chiamata mamma, perché non ero mai stato in grado di percepirla come tale.
Una madre accudisce, manifesta calore, si preoccupa di chi ha messo al mondo. Ma Grace era sempre stata una bambina che tentava di prendersi cura di un bambino, e tra i due, che era cresciuto in fretta, ero stato io.
Neanche riuscivo a ricordarle, le volte che si era dimenticata di venire a prendermi a scuola, o il pranzo che aspettavo ma che saltava inesorabilmente, o l'attesa di lenzuola pulite nel letto che restavano le stesse per settimane.
Avevo archiviato tutto, persino i momenti in cui tornava a casa a notte fonda e non riusciva a stare in piedi da sola. Pronunciava parole incomprensibili, cercava la bottiglia nella dispensa e si addormentava sul divano ancora vestita. Ogni giorno e ogni nuovo uomo uguale al precedente, mai niente di diverso, sempre tutto perennemente ripetitivo e triste.Però Finn era arrivato da lontano, e la sua presenza a Jackson Hole era stato come un segno, il colpo di scena in una storia con un finale più che scontato.
Dopo quel giorno all'entrata di scuola, lo rividi in città, di fronte a un piccolo fondo sfitto da anni, intento a inchiodare al muro un'insegna.Dottor Finn Murphy
Medico veterinario
Aperto dalle ore 8.00 alle ore 19.00La mie doti da attento osservatore lo avevano inquadrato subito.
Era un uomo solo che iniziava una nuova vita in un posto sperduto del Wyoming.
Ogni giorno, dopo scuola, facevo il solito tragitto, ed era meglio che vagare solo nei boschi alla ricerca di piccoli animali, perché Finn Murphy poteva insegnarmi un sacco di cose su come trovarli.
Inizialmente, schivo e riservato, mi appostavo sul marciapiede di fronte al suo studio, avvicinarmi in modo sprovveduto non era cosa per me.
Mi feci coraggio un passo alla volta, prima attraversando la strada, poi sedendomi sul gradino sotto l'insegna, sino a decidermi a entrare per accomodarmi nella sala d'attesa.
In realtà i primi tempi, per lui, ero solo un'innocua compagnia, perché Finn passava ore seduto alla scrivania, aspettando clienti.
Ma Jackson Hole non era mai stata tanto accogliente, e ci volle un po' prima che qualcuno si decidesse a rivolgersi a lui in cerca di aiuto.Quello fu il periodo più bello, il migliore avessi mai vissuto, perché mi diede il tempo di abbassare le barriere.
Finn Murphy mi insegnò a fidarmi.
Le ore con lui furono come lezioni bellissime sul mondo naturale, e io amavo il luogo in cui vivevo.
Montagne dai pendii scoscesi e taglienti che racchiudevano un'immensità di vita.
Alberi che nascondevano nidi, sassi e tronchi che divenivano tane. E poi le acque dei laghi, dei fiumi che custodivano un piccolo buio universo di esseri strani.
Quando i primi clienti arrivarono, per non privarmi del tempo con lui cominciai a seguirlo sino a casa, amavo conversare, imparare cose nuove, appuntare informazioni o abbozzare piccoli disegni sui testi che conservava nella sua libreria.
Mi istruì sugli habitat dei piccoli roditori, sull'alimentazione delle alci, sulla riproduzione delle aquile reali, ma fu quando mi mostrò la prima volta la fotografia di un lupo grigio che persi la testa.
Quello fu l'inizio del mio amore per Lowe.«Resisti» disse Finn, la prima volta che lo incontrai.
Lo stavo facendo ancora, dopo tanti anni, dopo essermi costruito un piccolo mondo tra le sue braccia, continuavo a resistere.
In quell'esatto istante, stavo resistendo a Bride.
Resisti Jamie, e vedrai che la smetterà mi ripetei a mente. Ma non ero certo che lei sapesse quanto mi sentissi frustrato nel vederla lì, accanto a Nathan, che cercava di avvicinarsi a lei in ogni modo possibile.
Non sapeva nulla di lui, di quanto potesse essere crudele e privo di rimorso.
A vederlo così, con i capelli ordinati, la camicia abbottonata sino al collo e la gentilezza ostentata condizionava il giudizio. Ma se Bride lo avesse visto con Trevor, non gli avrebbe permesso di entrare in casa.
Mi domandavo perché cazzo continuavo a condurre gli occhi su di lei quando avevo Mad accanto.
Mad c'era sempre stata.
Bride no.
O per lo meno, aveva smesso di esserci da un pezzo.Eppure lo sguardo virava sulle onde dei suoi capelli, sui riflessi di luce che giocavano con il rosso che le contornava il volto. E continuavo a convincermi quanto odiassi il colore della sua pelle, così trasparente da lasciare intravvedere il blu delle sottili vene sui polsi.
Sì.
Io odiavo i suoi occhi, le labbra così tonde da ricordare una pesca matura in piena estate, odiavo le le lentiggini che le disegnavano costellazioni sul viso e più di tutto, odiavo l'espressione con cui ricambiava le mie occhiate sfuggenti.
Riuscivo a immaginare i pensieri che la attraversavano, la costante superiorità che era solita rivolgermi.
Bride Murphy era così piena di sé, così arrogante e sicura da mettere alla prova anche l'animo più paziente.
Non avevo più calma con cui affrontarla, perché aveva oltrepassato il limite e si era schierata al di là delle sponda, insieme a tutti gli altri.Volevo tenerla lontana, alla larga da me.
Volevo fingere non esistesse e volevo riuscirci proprio nel momento in cui invece, era tornata.
Aspettare qualcuno per tanto tempo può alimentare rancore, e io ne avevo così tanto in serbo per lei.
Ricordavo ancora la prima volta che si era presentata a Jackson Hole, spedita come un pacco postale ben incartato e infiocchettato.
Una valigia grande quanto lei appoggiata a terra sull'ingresso, accanto alle scarpe di vernice nera che indossava.
Avvolta in un cappotto lungo sino alle ginocchia e stretto sulla vita con un nodo doppio, mi aveva rivolto uno sguardo pieno d'odio sin dal primo istante.
Ma io già mi ero perso tra le screziature lucenti dei suoi occhi, mi ero impigliato e tagliato tra i vetri rotti del suo cuore.
Mi ero riconosciuto così profondamente nelle sue contraddizioni, da non avere alcuno scampo.
Bride manifestava rabbia ma possedeva un grande dolore, proprio come me era brava a nasconderlo.Cosa fossi stato io per lei non lo sapevo.
Ma Bride Murphy per me era sempre stata l'estate che arriva, la certezza del sole che avrebbe sciolto la neve, le bellezza di una notte stellata, di un campo fiorito.
Lei, che di anno in anno, era sempre tornata.
Senza prometterlo si era sempre presentata sulla porta, con la sua valigia enorme e un corpo che si era plasmato, sbocciando sotto il mio sguardo impotente.
Mi ero adattato ai suoi sbalzi d'umore, alle forti emozioni a cui cedeva in mia presenza, ai capricci calcolati con cui affondava, come tenesse tra le mani un coltello affilato.
E attendeva con ansia una mia reazione, senza riuscire a scalfire la mia ostinata perseveranza un solo attimo.
Lei non lo sapeva ma io avevo scelto di volerle bene, avevo scelto di desiderarla e più di tutto avevo scelto di resistere.
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The Untouchable Love
RomanceBride ha il cuore spezzato. Ha perso la madre in un incidente ed è costretta a lasciare l'Irlanda per raggiungere suo padre che vive in Wyoming. Sono sei anni che non mette piede a Jackson Hole. Si sente sola, persa nel dolore della perdita che ha v...