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Alla base di ogni scelta che facciamo o decisione che prendiamo, c'è sempre di mezzo il destino a guardare tutto tramite una sfera di cristallo, come se fosse una maga dai poteri straordinari a prevedere il nostro futuro e la nostra vita.
Non potevo immaginare che sul mio cammino e nel mio futuro, sarebbe apparso lui.
Ma sto correndo troppo, lasciate che le cose vadano con calma e che vi racconti tutto dall'inizio.
Quindi, mettetevi comodi signori e signorine.

Sei mesi fa...

«FEDERICA! Non costringermi a salire.» urla mia madre dal salotto.
«ARRIVO!» rispondo a mia volta.
Lo so che farò tardi a scuola, ma per me la pittura è più importante, anche se mi sono iscritta in un liceo solo per stare con i miei più cari amici dai tempi dell'asilo: Mia, Miriam e Matt.
Ci siamo conosciuti grazie al salto con la corda. Io caddi in una pozzanghera, bagnandomi dalla testa ai piedi e riempendo i miei vestiti di fango. Mentre tutta la classe rideva di me, solo tre bambini vennero in mio soccorso, presero del fango e lo lanciarono addosso agli altri bambini urlando di smettere di ridere di me. Ed è così che conobbi Mia, Miriam e Matt.
Se non fosse che abbiamo genitori diversi, direi che sono le mie sorelle e mio fratello.
Da piccola spesse volte dicevano a mia madre "che belli i suoi figli" perché le persone ci vedevano sempre insieme.
Eravamo e siamo inseparabili.
Menomale sistemo il mio tavolo da disegno, sento mia madre urlare di nuovo e alzando gli occhi sull'orologio in camera mia, mi rendo conto che si è fatto veramente tardi.
Mi vesto di corsa e corro giù per le scale con lo zaino in spalla.
«Scusa mamma! Lo so sto facendo tardi di nuovo!» mentre addento una fetta di pane tostato mi precipito fuori casa con mia madre che si mette il rossetto davanti lo specchio.
«Mamma! Faremo tardi!» le urlo dal lato passeggero della sua auto.
Lei mi ignora e dopo aver finito di truccarsi, chiude casa ed entra in auto.
«Vai da Mia nel pomeriggio?»
Annuisco mentre ripasso mentalmente tutta la lezione della professoressa Davil.
"Davil di nome e di fatto" come direbbe Matt. È la professoressa più severa che abbiamo, e ovviamente insegna matematica.
Mentre mia madre parcheggia davanti scuola, noto una macchina che non avevo mai visto prima.
Tutta nera opaca, vetri oscuranti, molto elegante.
Scendo dall'auto e saluto mia madre con un bacio sulla guancia per poi avvicinarmi ai miei migliori amici che mi aspettano davanti il grande cancello della scuola.
«Buongiorno! Ti hanno dovuto buttare giù dal letto questa mattina?" esclama Matt dandomi un bacio sulla guancia.
«Stavo pitturando, e ho fatto tardi.»
Mentre ci avviamo verso l'ingresso, qualcuno esce dall'auto elegante parcheggiata davanti l'ingresso.
«E lui chi è?» domando, ma nessuno sembra capire quella domanda.
Quando indico la macchina nera, tutti si voltano e notano un ragazzo.
Un giovane ragazzo dai capelli scuri, carnagione molto chiara e aria da ribelle con i capelli leggermente ricci che ricadono sulla fronte.
Passa accanto a noi con nonchalance ma poco prima di varcare la soglia per entrare a scuola, il giovane ragazzo si ferma, si gira e mi osserva.
Io lo guardo a mia volta e sorrido educatamente, ma invece di salutarmi, lo vedo fare una smorfia e continuare a camminare.
«O mio Dio! Ma l'hai visto? Stava guardando te!» mi strillano sia Miriam che Mia nelle orecchie.
«Non me ne sono accorta.» mento e saliamo le scale fino alla nostra aula.
Ovviamente ci sediamo ai primi banchi davanti, come sempre, tranne Matt che si siede vicino a Catherine, la sua ragazza ormai da quando ha quattordici anni.
Ormai sono tre anni che stanno insieme, e sono davvero carini insieme.
«Travis non c'è oggi?» mi domanda Mia.
«No, ha la febbre. Si salterà la verifica di algebra. Beato lui.» e proprio mentre dico l'ultima parola, mi sento toccare la spalla.
Mi giro di scatto e l'angelo dai capelli ricci è di fronte a me.
«Posso sedermi qui?» chiede, e io annuisco. Mia strilla qualcosa a Miriam e il ragazzo si siede accanto a me, l'unico posto vuoto in tutta l'aula.
La professoressa entra in classe e tutti si alzano in piedi.
E durante l'appello, viene rivelata l'identità del ragazzo seduto vicino a me.
«Eric Stivens?»
«Presente.» mormora lui alzandosi.
Dopo aver terminato l'appello, la professoressa si rivolge a questo meraviglioso angelo caduto dal cielo.
«Allora Eric, parlaci un po' di te.»
«No, grazie. Non sono qui per parlare dei fatti miei. Sono qui per imparare qualcosa e ascoltare la sua materia attentamente, se non le dispiace.» esclama lui, accavallando una gamba sul ginocchio e incrociando le braccia mentre tra le dita della mano destra Eric fa roteare più volte una sigaretta spenta.
«Ma come si permette di rispondere così alla sua insegnante??!» strilla lei alzandosi in piedi.
«E poi non si fuma in classe!»
«Beh, se è per questo, i professori dicono anche che non si urla in classe. E lei sta urlando quando io sto parlando con calma ed educazione. E poi, non sto fumando in classe. Vedo che gli occhiali che indossa non danno l'effetto desiderato, perché se osserva bene, la sigaretta per poter fumare, dev'essere accesa e soprattutto messa tra le labbra. E io invece la sto semplicemente facendo roteare tra le dita da spenta. Quindi non vedo che danno possa procurare, oltre quello di farle perdere venti minuti della sua esistenza dove poteva spiegare e insegnarci la sua materia a comprendere per il nostro meraviglioso futuro che verrà in ognuno di questi studenti in quest'aula.
Tutti sono a bocca aperta, compresa la professoressa.
Penso che messa a paragone di un pomodoro, lei risulterebbe sicuramente più rossa.
«FUORI DALLA MIA AULA! DRITTO IN PRESIDENZA!» urla lei con tutta la voce che possiede in gola e con l'aria nei polmoni.
Eric si alza e mentre si dirige fuori, dice «buona lezione» e si chiude la porta alle spalle prima ancora che la professoressa lo possa raggiungere per portarlo in presidenza.
«Cazzo! Quel tipo nuovo già mi piace. Finalmente gliene ha cantate quattro!» esclama Matt precipitandosi accanto a me, al posto del ragazzo nuovo.
«Pensate che verrà sospeso?» domando.
«Non credo. Alla fine ha solo detto la verità.» mormora Matt ridendo.
Menomale rido insieme a lui, mi accorgo che la sua giacca è rimasta appesa alla sedia.
«Potresti riportargliela.» esclama Mia, con la sua incredibile e sovraumana telepatia che ha sempre avuto con me.
L'afferro e mi dirigo verso il corridoio che conduce alla presidenza e seduto su una sedia in corridoio, trovo lui.
«Hai dimenticato la giacca in classe.»
Lui mi guarda e alza un sopracciglio, per poi afferrare la giacca.
«Un grazie potrebbe essere carino.» dico mentre gli volto le spalle per tornarmene in classe.
Ma mentre cammino mi sento afferrare la mano.
«Grazie principessa.» la sua voce è roca rispetto a prima quando parlava alla professoressa.
«Principessa?»
«È carino come nome.»
«Ma io ho già un nome.» mi metto a braccia conserte davanti a lui.
«Sentiamo.»
«Federica, piacere.»
Lui sorride e dice «Eric»
«Sei nuovo?» chiedo.
Che domanda stupida... certo che lo è.
«Non è evidente? Comunque si, mi sono appena trasferita da Parigi. Ho vissuto tutta la mia vita negli Stati Uniti. Poi per divertirsi motivi, ho passato gli ultimi due anni a Parigi, e ora sono tornato a casa.» dice, mentre mi fissa.
«Tutto questo non potevi dirlo in classe? Ci avrebbe fatto piacere fare la tua conoscenza.» dico in modo gentile.
«Ma io non voglio fare la conoscenza di tutta la classe. Mi basta la tua, principessa.»
«Federica.» lo correggo
E lui ridendo mi dice «ti chiamo come voglio, principessa.» e mentre sto per rispondere, esce il preside dal suo ufficio.
«Vista l'assurda vicenda, però detto con molto garbo e educazione, lei non verrà sospeso signor Stivens. Tuttavia sarebbe opportuno evitare questi inconvenienti, e integrarsi tra gli studenti di questa scuola.» annuisce e gli stringe la mano per poi andarsene senza nemmeno salutarmi.
«Che stronzo...» sussurro.
Mentre torno in classe, mi rendo conto improvvisamente di avere io addosso la sua giacca in pelle nera.
Ma quando me l'ha messa??

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