Mentre esco da scuola insieme a Mia per andare con lei a casa, non faccio altro che pensare alla conversazione avvenuta poco prima con quel ragazzo.
Mi chiedo se lo abbia fatto di proposito a lasciarmi la sua giacca o se sia solo un caso.
Mentre stiamo a casa di Mia a bere cioccolata calda e studiare, inizio a pensare che siano solo dei pensieri stupidi, che un ragazzo tanto carino abbiamo dato la sua giacca a me.
«Ci vediamo domattina a scuola.» dico, ringraziando Mia e sua madre per la cena e prendo la strada verso casa, che dista solo cento metri dalla mia.
Per un gesto di abitudine, infilo le mani in tasca e trovo un biglietto.
«Non dovrei leggerlo, non è mio.» mi ripeto ad alta voce più e più volte, ma alla fine la mia curiosità è troppo grande, quindi decido di leggerlo.
"Perché ci hai messo così tanto a trovarlo? Aprilo, principessa." Leggo il biglietto a bocca aperta, non ci credo!
Dentro trovo un numero di telefono che immagino sia il suo.
Giro il biglietto e sul retro c'è scritto "quando ti decidi a scrivermi, principessa?" resto a bocca aperta per un tempo che mi sembra infinito. Il tragitto da casa di Mia, a casa mia sembra raddopiato rispetto al solito.
Si è comportato da stronzo, pensa davvero di fare colpo su di me facendo una mossa del genere?
Certo, rimango stupita da questa situazione, ma resta comunque uno stronzo e non voglio perdere tempo con uno così.
Lascio il biglietto in tasca e appena torno a casa, mi metto a dormire, cercando di non pensare a questa assurda situazione.«Federica! Faremo tardi!» urla mia madre dal soggiorno, come ogni mattina.
Mentre mi vesto, guardo all'infinito quel maledetto biglietto, ma non ho il coraggio di strapparlo.
Metto la sua giacca nello zaino lasciando il biglietto nella tasca e scendo le scale.
«Eccomi. Nel pomeriggio esco con Matt e Miriam.» avviso mia madre, prima che nel vedermi non rientrare a casa nel pomeriggio possa pensare a qualche ipotetico omicidio avvenuto da un qualsiasi serial killer con qualsiasi arma letale.
«Va bene amore, fa attenzione.» mi bacia la fronte e mentre ci dirigiamo verso scuola, ho i pensieri in subbuglio.
«Ti voglio bene tesoro.»
«Anch'io ti voglio bene mamma.» esclamo mentre scendo dall'auto dopo essere arrivata davanti al grande cancello della scuola.
Ovviamente raggiungo i miei migliori amici che stanno parlando del fatto che la professoressa di storia, per problemi di famiglia, è dovuta partire all'improvviso per un problema familiare, trasferendosi in un altro stato.
«Quindi chi prenderà il suo posto?» domando.
«Lo scopriremo alla prima ora, il che significa adesso.» dice Matt, mentre entriamo.
Sedendomi al primo banco in aula, trovo un altro biglietto, ma prima che i miei amici se n'è accorgano lo prendo leggendolo velocemente "allora? Non ti va di fare la mia conoscenza principessa?" e sul retro c'è scritto "inutile che mi ignori, lo so che effetto ti fa starmi vicino. Scrivimi, prima che perda la pazienza, ed è meglio che tu non mi veda quando la perdo, principessa."
Rimango di sasso ma per fortuna, nessuno sembra accorgersi della mia espressione scioccata sul volto.
Mentre tiro fuori dallo zaino il libro di storia, in attesa dell'arrivo del nuovo professore, mi viene un colpo quando mi trovo Eric seduto accanto a me.
«Cristo santo!»
Lui sorride e mi dice «ti faccio così tanta paura principessa?»
«No. Ero sovrappensiero.» dico, senza guardarlo in faccia.
«Sto ancora aspetto comunque.»
Mi giro per guardarlo, e a quel punto noto i suoi occhi. Le pupille si dilatano di colpo mentre siamo occhi negli occhi.
«Tieni.» gli passo la giacca, ma lui mi afferra la mano.
«Non accetterò un no come risposta, principessa.» faccio per ritrarre la mano, la lui la stringe nella sua dicendomi «ottengo sempre quello che voglio.» ma poco prima che riesca a rispondere, entra in classe il numero professore.
Tutti ci alziamo tranne Eric ovviamente.
«Buongiorno ragazzi. State pure seduti.» appoggia la borsa sulla cattedra e prende il pennarello indelebile per scrivere sulla lavagna.
«Io, sono Peter Stivens.» dice scrivendo il suo nome sulla lavagna.
Mi giro di scatto verso Eric, lo trovo girato già a guardarmi e fastidiosamente inizio ad arrossire.
«Che cos'hai da guardare?» esclama lui, sembra nervoso.
«Lui è...»
Annuisce e abbassa lo guardo.
Gli appoggio una mano sulla spalla e lo sento irrigidirsi.
«Non toccarmi.» esclama non troppo ad alta voce.
Ritraggo la mano e decido di prestare attenzione alla lezione.
Il professore, ci parla della sua vita ed esperienza lavorativa, mentre vedo Eric che stringe le mani in due pugni, così forte che le vene sembra che gli stiano per scoppiare.
Alzo la mano chiedendo se posso andare al bagno, e mentre esco dall'aula, pochi secondi dopo esce anche Eric.
«Che cos'hai?» mi chiede prendendomi per mano, e questa volta non la stringe.
«Avevo bisogno di una boccata d'aria.» ammetto.
«Non stai bene?» si avvicina di più a me.
«Perchè ti importa?» domando alla fine.
«Non lo so. Ma mi importa.» è ancora più vicino a me...
«Ti fa male?» mi domando, lo guardo confusa.
«L'anima. Ti fa male?» mi accarezza la guancia.
Chiudo gli occhi, e non so perché, ma inizio a piangere.
«Piccola... Che ti succede?» la sua voce è così dolce e morbida, a differenza delle sue mani che mi accarezzano, con le nocche spaccate.
«Pensieri...»
Restiamo in silenzio per un po', poi mi dice «mi dispiace per prima»
«Non importa. Non è per quello che mi sento così.» ammetto, più a me stessa che a lui.
«Allora cos'è che ti fa annegare?»
Alzo gli occhi e noto che anche lui ha gli occhi lucidi.
«Nulla che ti riguardi, Eric. Non so a che gioco tu stia giocando con me, o cosa tu voglia da me, ma io non voglio nessuno che mi faccia stare male. Ho già sofferto abbastanza nella mia vita, non ho bisogno di tutto questo» e nel parlare muovo le mani indicando noi due «a farmi stare anche peggio.»
Lo spingo via e mi allontano, dirigendomi in bagno, chiudendomi la porta alle spalle.
Mi lavo il viso e quando giro, lo trovo davanti a me.
«Sei pazzo? Non puoi entrare nel bagno delle ragazze!»
«Dimmi che cos'hai, principessa.» esclama, prendendomi di nuovo per mano.
La tolgo via e dico «io non sono un gioco con la quale divertirti, Eric. Sei abituato sicuramente a tutte le ragazze che cadono ai tuoi piedi appena schiocchi le dita, ma io no. Io non sono così!» urlo, sorprendendo me stessa di averti tutto questo.
A quel punto, un silenzio glaciale pervade le quattro mura del bagno delle ragazze.
Eric ha di nuovo i pugni stretti e la testa bassa.
«Pensi di conoscermi per dire questo?» urla lui all'improvviso facendomi spaventare.
Non dico niente, per non peggiorare la situazione.
«Chi cazzo ti dà il permesso di giudicarmi?» urla di nuovo, e questa volta tra un calcio contro una dei vari bagni singoli, facendola staccare dalla parete.
Rimango pietrificata e a bocca aperta.
«Io volevo sapere davvero cos'avessi. Non stavo giocando con te!» mi viene in contro, e pensando voglia tirarmi uno schiaffo, crollo a terra con le ginocchia rannicchiate al petto e le braccia a coprirmi il viso.
«O mio dio...» lo sento esclamare.
Alzo il viso e vedo il sangue colare dalle sue mani e pochi centimetri da me.
«Cristo...» dice, e penso si riferisca al sangue.
Ma poi lo vedo inginocchiarsi davanti a me.
«Cazzo... Scusami. Non volevo fare questo.» e subito dopo dice «non volevo farti questo...»
«Stai sanguinando. Vieni.» lo prendo per mano e aprendo il rubinetto metto la sua mano sotto l'acqua, tenendola nella mia.
«Non sei l'unica che ha sofferto, principessa. Non so che cosa ti sia successo, ma ti assicuro che non sei sola.» sussurra lui che quasi non lo sento.
Ci guardiamo negli occhi, e vedo che i suoi da castani, sono diventati dello stesso colore della sua maglietta, quasi neri dal quanto sono scuri, come se fosse spento da qualsiasi emozione.
«Quando arriverò a casa oggi, ti scriverò, permesso.» dico, accarezzando la sua mano bagnata d'acqua e meno di sangue. Da uno sportello vicino lo specchio prendo della garza e gli fascio le nocche della mano che ora sanguinano meno.
Improvvisamente mi sorride e dice «visto? Lo sapevo che lo avresti fatto.» e ride come un bambino.
Lo schizzo con l'acqua e dico «non farmi rimangiare la parola.»
All'improvviso la porta del bagno si apre e il professor Stivens rimane sconvolto.
«Che cos'è successo?»
«Sono caduto, sbattendo contro la porta. Federica mi stava semplicemente aiutando, professore.» e l'ultima parola di questa frase, viene detta da Eric con il veleno nella voce.
«Fammi vedere.» il professore si avvicina a lui ma Eric con un sibilo agghiacciante ringhia «se ti avvicini a me, fai la stessa fine della porta.» e senza dare il tempo al professore di rispondere, Eric esce dal bagno, dando una spallata al professore, o meglio... a suo padre.
Tornando in classe, tutta la giornata procede in silenzio senza rivolgerci la parola.
Fuori la classe, sia Miriam che Matt di raggiungono chiedendomi spiegazioni, ma racconto la stessa versione che Eric ha raccontato a suo padre nel bagno durante la prima lezione.
«Cavolo! Speriamo che stia bene.» dice Miriam, sempre premurosa anche con l'aria che respira.
Lo vedo in lontananza parlare con il padre e mentre si gera mi osserva, mentre il padre continua a parlargli.
«Ma è davvero il padre?» mi chiedono i miei amici e io annuisco.
Mentre usciamo da scuola, gli passo accanto e sussurro «mantengo sempre le promesse».
Uscita da scuola decido di tornare a casa invece di uscire con i miei amici, dicendo di essere stanca e non sentirmi bene per uscire. Loro mi salutano dicendo poi di farmi sentire nel caso avessi bisogno, e io li ringrazio.
Torno a casa in pullman e una volta arrivata a casa, vedo che mia madre non c'è.
Trovo un biglietto attaccato con una calamita al frigorifero "sono andata a fare la spesa, torno presto. Xoxo mamma" .
Vado in camera e decido di fare un sonnellino, e senza motivo, sogni occhi scuri che mi osservano e capelli castani ricci che mi sfiorano il viso.
«Che cosa stai sognando principessa?»
Mi sveglio di colpo con il cuore a mille. E mi guardo intorno in stanza ma non c'è nessuno.
«Cavolo... era così reale.» dico passandomi le mani tra i capelli, e prima di rendermene conto, ho di nuovo la testa sul cuscino riprendendo il mio sonno, sperando di riuscire a dormire senza giocare con la fantasia.
«Era solo un sogno...» dico in un sussurro nella fase rem del mio sonno.
«Sarà presto reale.» e di colpo mi sveglio di nuovo.
Porca troia... Ma che mi succede?
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Le stelle su di noi
RomanceFederica Moon è una ragazza come tutte le altre, di diciassette anni che vive insieme a sua mamma nella grande mela. Ha amici che tengono a lei, va alle feste e adora la lettura e la pittura. Ha solo una cosa che la fa soffrire più di ogni altra cos...