Federica .
Vi capita mai di sentirvi tremendamente soli? Avete presente quella stanchezza anche se non avete fatto niente, quel peso che sentite al petto e alle gambe che vi impedisce in modo incredibile di alzarvi dal letto per iniziare la vostra giornata? Ecco, proprio quello.
Il dolore. Dolore ad una o più parti del corpo, lo stesso dolore che avvertono le persone quando un loro arto viene amputato. Lo chiamano "dolore fantasma". La parte del corpo che è stata amputata non c'è più, però senti lo stesso dolore, come se fosse ancora lì attaccato a voi.
Era questo che sentivo io, un grandissimo, immenso, devastante e straziante dolore fantasma per la perdita di mio padre.
Non so spiegare come mi sono sentita all'inizio, forse il dolore viene mascherato dalla rabbia, quindi per il primo periodo dopo la sua perdita, non sentivo dolore, ma rabbia.
Non avevo metabolizzato la cosa, perché in casa si respirava ancora l'aria di lui, di quello che era lui, della sua essenza.
I suoi vestiti, erano ancora appesi nel suo armadio. Sulle lenzuola c'era ancora il suo profumo e tra le quattro mura della mia abitazione, mi sembrava di sentire ancora il suono della sua voce roca che mi chiamava per nome.
Il dolore arriva quando meno te lo aspetti. Mentre non ci pensi e si sta facendo altro per distrarsi o per non avere quel senso di vuoto dentro.
Io mi sentivo vuota. Tremendamente... e maledettamente vuota.
La casa sembrava che le pareti si restringessero sempre di più fino a farmi mancare il respiro, e il silenzio era diventato quasi assordante da far venire male alle orecchie ed una incredibile voglia di piangere o urlare, pur di sentire un rumore... un qualsiasi suono, anche il più piccolo.
È stata davvero dura la sua perdita, nonostante siano passati due anni. Dicono che quando manca una persona a te molto cara, con il passare del tempo ci si abitua.
Secondo me invece... alla perdita di un padre non ci sia abituerà mai. Ci si abitua al dolore e a convivere con esso, come se fosse un gemello dalla quale è impossibile separarsi.
Per me era impossibile riuscire a separarmi dal dolore, ormai eravamo una relazione stabile, con tanto di convivenza con annessi e connessi.
Non riuscivo più ad avere una mia identità, ero solo un corpo che si trascinava per le strade della città, senza anima e senza sensi.
Avevo perso la totale capacità di pensare e di parlare... Ma soprattutto avevo perso la completa gioia e bellezza che c'è nella vita.
Io non riuscivo più a sopportare quella vita. La vita che a me continuava a scorrere beata, e a mio padre era stata portata via così in fretta e così presto, strappando il suo corpo dalla sua famiglia, la cosa che lui amava di più al mondo.
Odiavo la vita e non volevo più viverla in quel modo. Era troppo per me. Era diventato insopportabile da non volersi più svegliare al mattino. Desiderare di addormentarsi nella notte... e al mattino non svegliarsi più, pur di smettere di soffrire e provare un'agonia disumana che non si augurerebbe a nessuno, neanche al tuo peggior nemico.
Finché un giorno, non ci si sveglia, e ci si convince tutti i giorni di andare avanti, o almeno provarci. Di non lasciarsi abbattere da niente e nessuno e credere... sperare, avere fiducia che prima o poi la felicità sarebbe arrivata, all'improvviso. E quella felicità, era proprio lì vicina, a un passo da me.
STAI LEGGENDO
Le stelle su di noi
Roman d'amourFederica Moon è una ragazza come tutte le altre, di diciassette anni che vive insieme a sua mamma nella grande mela. Ha amici che tengono a lei, va alle feste e adora la lettura e la pittura. Ha solo una cosa che la fa soffrire più di ogni altra cos...