3. home is the first grave

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non aveva chiuso occhio. non era riuscito, era impossibile, data la situazione. aveva passato quelle interminabili ore buie tremante a ripercorrere mentalmente gli avvenimenti della sera prima, alla ricerca di un 'perché', non trovandone uno. nessun motivo plausibile che giustificasse le azioni di sua madre, che lo aiutasse a perdonarla anche questa volta.

questa constatazione lo lasciò particolarmente ferito, riusciva quasi a percepire quella piccola speranza che per anni aveva custodito in un angolo buio del suo cuore, la speranza che tutto un giorno potesse sistemarsi e tornare com'era una volta, prosciugare le sue forze vitali e spegnersi lentamente.

arrivò anche alla conclusione che, effettivamente, Dio non esisteva; ne aveva avuto conferma. se fosse esistito avrebbe risposto alle sue preghiere, lo avrebbe aiutato, lo avrebbe tirato fuori da quella situazione, non avrebbe permesso che la sua stessa madre lo riducesse in quello stato, o no?

eppure si trovava ancora seduto sul quel gelido pavimento, gli occhi vitrei e stanchi, i vestiti macchiati di sangue e la pelle marchiata da lividi.

taehyung alzò quegli occhi scuri, rimasti tutta la notte fissi sulle sue mani graffiate, sulla finestra in alto sulla parete accanto a sé. le prime luci dell'alba si stavano finalmente facendo vedere.

non ce la faceva più. starsene seduto, fermo immobile, col cuore pesante, nell'illusione che qualcuno o qualcosa sarebbe arrivato a da un momento all'altro a salvarlo.

da quando era stato abbandonato in quella fredda casa con sua madre, da quando aveva cominciato a passare i suoi pomeriggi a pulire vomito e vetri rotti, da quando aveva cominciato a fare da genitore a sua sorella...la totale disperazione e solitudine che aveva provato quando aveva dovuto lasciar andare quel suo ultimo barlume di speranza, soyeon, dalla zia, in modo che potesse avere una vita normale...lo aveva portato a provare un sentimento talmente straziante.

desiderava- anzi- aveva il disperato bisogno che anche per lui ci fosse una possibilità, doveva esserci una possibilità, di essere soccorso.

ma ormai la sola idea cominciava ad apparire come un oasi molto lontana. doveva soccorrersi da solo.

doveva andarsene, doveva correre via il più possibile da quella casa, non sopportava l'idea di rimanere un minuto di più nascosto in quella camera, avrebbe definitivamente perso la testa e non poteva permetterselo.

non dopo aver resistito così a lungo.

con estrema fatica si issò in piedi usando il muro accanto a sé come appiglio per non ricadere a terra; gli faceva male tutto il dannato corpo.

fece qualche passo a stento, sgranchendosi le gambe addormentate dopo aver mantenuto la stessa posizione per ore, per poi muoversi e fermarsi davanti alla porta della camera.

non aveva modo di sapere se la madre fosse lì dietro ad attenderlo o meno; poteva solo ipotizzare, basandosi su passate esperienze, che dopo aver rinunciato all'abbattere giù la porta fosse tornata di sotto sul divano a bere fino a svenire.

deglutì sonoramente, sentendo il sapore metallico del sangue, rimasto sulla sua lingua dalla sera prima, attraversagli la gola, mentre con mani tremanti apriva una ad una le serrature attaccate alla porta fino ad arrivare alla maniglia.

la schiuse talmente piano che gli sembrò passarono ore, per poi sbirciare fuori furtivo.

bingo. non c'era nessuno.

questo era il suo via libera, perciò senza più nessuna esitazione uscì dalla camera e, ispezionandosi intorno per evitare qualche brutta sorpresa arrivò fino alle scale che scese come se stesse camminando su pezzi di vetro.

room for hope ;; taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora