2•~ Desideri

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•~Seoul~•12/03/2009      And the nights are drawn out long

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•~Seoul~•
12/03/2009
And the nights are drawn out long

-Annientalo-
Macchie vermiglie toccano il muro, schizzano violente sul mio viso rendendomi una bestia più che umano, (Che poi lo sono mai stato?) intanto che gli spettatori si godono la scena di questa farsa goduria solo per un contentino ai piani alti.
-Annientalo-
Cosa, me stesso?
Ogni giorno perdevo un tassello della mia memoria, sfrecciando colpi, anche solo respirando perdevo, intanto che vincevo scontri.
Sentirsi forti quando dentro si è pateticamente deboli, ed io ero l'individuo più debole di tutti.
<<Red in questa notte sembra nervoso miei gentili spettatori, l'avversario cade, si sforza di vincere eppure inutilmente riesce a sfiorare il suo viso. Che malinconia dipingere nei nostri occhi tali immagini di distorta realtà ma voi miei peccatori amati come fate a dormire con questo peso sulla coscienza?>>
Te lo dico io come fanno verme viscido con l'aspetto di un gatto senza pelo (meno carino), lo fanno perché sono umani.
In costoro dalle loro lacrime usciranno diamanti, dalle loro dita quando applaudiranno si arrosseranno perché troppo curate, dalle loro risa uscirà freddezza perché troppo rifatti.
Nelle loro maschere si vedranno riflessi di enti visti e rivisti, eppure, una cosa gli contraddistinguerà l'uno dall'altro, chi sarà più ingordo.
Prova a chiedere loro chi sia il vero pazzo su questa merda di palco da baraccone?! Sai cosa ti diranno? Io.
E questo mi fa incazzare, io non avevo fatto niente se non nascere in questo schifo. Dovevo annegare nelle loro risate.
-Annientati-
Ogni pugno riecheggiava in un vuoto senza fine.
Colpivo, assestavo ancora colpi e colpivo ancora, senza fine. Mi sporcavo, mi bruciavano le vene di malsana adrenalina e quei maledettissimi rumori che avevo dentro, chiamati battiti, si sperdevano in tutto il corpo...andava a fuoco la mia età.
Volevo scappare!
<<F-fermati.>>
Le fasce rotte, sul suo viso, si poggiavano rudemente. Il corpo di quel lottatore senza alcuna identità veniva placcato dai miei arti, lo tenevano tanto stretto che a stento alzava un dito per contrattaccare.
<<Sembra che questa poesia sta sera si concluda con un'ultima strofa...l'uomo cadde e si schiantò al suolo da una forza più forte e piacevole.>>
L'eterno riposo.
Non volevo far del male a nessuno.
Il pubblico si agitava esultando il mio nome, mi incitava tanto da gridarlo forte quel mio fottuto nomignolo, mi faceva venire voglia di distruggere ogni cosa.
Non voglio farti male.
I pugni si infrangevano su di lui, anima pura oppure altro mostro di favole non raccontate, eppure io non ero nessuno per giudicare voi uomini, mai sarò qualcuno di tanto importante da poter decidere per la vostra esistenza. <<Red! Red! Red!>>
Strinsi i denti sopprimendo il malessere che lo strano e ambiguo cuore non reggeva, lo faceva straripare dai vasi sanguigni ramificando l'impurezza fino alle meningi.
Colpivo, mi colpivo, schizzavo sangue, mi facevo male.
Ero così debole!
La mia mente vacillava, le ombre del passato si ricoprivano sul muro e mi sentivo osservato dal profondo di quel mio labirinto di emozioni, negli occhi dell'uomo distrutto a terra; <<Uno, due...tre...>> vedevo nella poca profondità della sua iride il mio riflesso e sentii ancora la paura per un colore di occhi, stavo avendo ancora paura di me stesso o forse di qualcun altro.
Tremavano le gambe e le ginocchia, i polmoni si prosciugavano di aria, le lacrime decoravano il mio sguardo raccapricciante, con quella luminosità che vanificava l'amarezza delle luci rosse sopra di noi.
<<Sette, otto...>>
Mi spostai da lui, mi spostai da quel corpo, mi concedetti il momento di vederlo dall'alto per una vittima di un gioco. Questo eravamo noi, solo pedine, solo carte fortunate o sfortunate.
<<Dieci! Red ha vinto signori e signore! E l'umanità ha ancora perso...>>
Abbracciami destino nel mentre che il braccio mi venga alzato, parlami o silenzio, confessa a me le tue intenzioni senza ritrarti indietro, concedi a me di congiungere i miei tanti mondi e fai sì che il passato mi si riscriva, non per scelta o per fortuna, solo per sapere, conoscere chi io sia davvero.
Perché tu sai o cielo che da lassù, nel tuo manto maestoso mi guardi. Come ti sembro? Disperato? Probabile...probabile che tu abbia ragione, che in tale lugubre posto che tanto ambisce la mia presenza io sia solo caduto in un'altra trappola.
E in tale mia incapacità di vivere e affrontare la normalità, indosso sempre la colonia della debolezza senza cambiarla.
Io non so chi sia io.
Non so chi gli altri vedano chi io sia.
La notte porto dentro e nello sguardo mio mi sento perso, ma non di strade e torrenti ma di ricordi diventati assenti.
Un vuoto lo provo dentro, ma fuori al suono di quei fottuti guantoni mi sfogo di catene più grandi di un grattacielo, sentendo emozioni e vedendo persone che mai potevo sapere o conoscere e forse era meglio se restavano nella loro tetra ignoranza.
<<Sei stato fantastico Red! Sei incredibile!>>
Ogni volto che incrociavo era una maschera di desiderio perverso che truccata sui visi stonava i colori dell'anima, ogni sorriso un ghigno distorto che mi strappava un pezzo di anima.
Il loro sguardo vuoto bruciava sulla mia pelle come se cercassero di sbranare ferocemente ogni strato di difesa, di penetrare la mia carne e vedere ciò che si celava dentro. Ma dentro di me c'era solo silenzio, un abisso di delusione e rabbia che non riuscivo a colmare.
Cercavo di mantenere il controllo, di non cedere alla follia che minacciava di sopraffarmi, ma non sapevo come fare. Erano tutti colpevoli, eppure mi sentivo il più colpevole di tutti.

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