Capitolo 2

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Il mattino seguente, New York si destava nel consueto vortice di vita. Tuttavia, per me, ogni suono era un'eco delle parole scambiate con Jacob Jones. I raggi del sole si insinuavano tra le tende della mia stanza, promettendo un nuovo inizio, mentre le ombre del passato si rivelavano ostinate.

Dopo una notte inquieta, mi apprestai all'ultimo giorno del vertice. Vestendomi, i pensieri si rincorrevano in un tumulto di emozioni contrastanti. La fermezza nel voler eccellere nel mio lavoro si scontrava con il ricordo delle provocazioni di Jacob, che sapevo avrei dovuto affrontare nuovamente.

"Oggi è un altro giorno." Mi esortai, osservandomi allo specchio. "Non permetterò che le meschinità di ieri condizionino il mio domani."

Con tale determinazione, discesi in salotto, pronta a raccogliere le sfide che il nuovo giorno riservava. Ma, varcando la soglia della sala conferenze, incrociai lo sguardo di Jacob. Era già lì, e in quell'istante, il tempo sembrò arrestarsi; ogni preparazione psicologica svanì nel nulla. Tuttavia, decisi di non lasciarmi abbattere e di evitarlo quanto più possibile. Mi accomodai quindi all'opposto estremo del tavolo, vicino a Olivia, amica di famiglia e responsabile delle idee per la cultura di massa nella nostra azienda. Con un sorriso, mi disse: "Hey! Sei pronta per oggi? Sarà una giornata intensa, quindi per qualsiasi problema non esitare a chiamarmi. Ah, e comunque, in caso di necessità, i nostri bodyguard sarebbero qui in un minuto," aggiunse, alludendo al fastidio che mi causava Jacob. Nonostante non glielo avessi mai confidato, lei lo intuiva, essendo stata una seconda madre per me.

Terminata la conversazione, afferrai il telefono per inviare un messaggio a Tiffany: "Ciao Tiffany, se tutto va bene, finirò verso le cinque. Ti va di vederci per un caffè?" La risposta non tardò ad arrivare, positiva: "Certo, amica mia. A dopo." Un sorriso mi illuminò il viso, quel pensiero era l'unico che mi distoglieva da Jacob, costantemente presente nei miei pensieri nonostante il mio astio.

Mezz'ora dopo, la riunione ebbe inizio. Il rappresentante parlò a lungo, ma il suo discorso mi risultò così noioso da non ricordarne nulla. Fu allora che mi scossi dal torpore, ricordandomi: 'Sono qui per fare la differenza... non posso distrarmi.' I miei occhi verdi brillavano di determinazione e timore.

Jacob, dall'altra parte della sala, non smetteva di lanciarmi occhiate furtive. Poi, un uomo prese la parola: "Bene, signore e signori, è il momento di dare spazio ai nostri giovani lavoratori. Avanti, ragazzi." Al suo segnale, mi alzai e mi diressi verso il podio con passo deciso, i tacchi riecheggiavano sul pavimento di marmo. Inspirai profondamente e iniziai il mio discorso. La voce era chiara e forte, le parole cariche di passione per il progetto che stavo presentando: un'iniziativa per integrare la cultura nelle città mediante la realtà aumentata.

Jacob mi osservava, forse sorpreso dalla mia eloquenza e dalla nostra visione innovativa. Sembrava calmo e controllato, ma sapevo che era solo una facciata.

Al termine della presentazione, l'applauso fu unanime e caloroso. Scendendo dal podio, il cuore mi si gonfiò d'orgoglio. Fu allora che Jacob si avvicinò con un sorriso forzato, prima di pronunciare il suo discorso: "Ysabel, devo ammettere che il tuo discorso è stato notevole. Se solo fosse tutto vero, il mondo sarebbe davvero migliore." Lo guardai con disprezzo e replicai: "Caro Jacob, i fatti parlano più delle parole. Se sai leggere, consulta i nostri dati. Addio." E tornai al mio posto.

Dopo il suo discorso, che sembrava un monologo da premiazione, fu il turno di altri. Infine, le cinque suonarono, segnando la mia liberazione. Raccolsi le mie cose e mi precipitai fuori, ma appena varcata la soglia, Jacob mi raggiunse: "Domani inizieremo a lavorare insieme. Pretendo puntualità e serietà. Niente più giochi o discorsi per compiacere la folla. Capito?" "Chiarissimo, 'capo'," risposi con sarcasmo, dirigendomi verso il Message Café, simbolo dell'amicizia con Tiffany e di tanti momenti significativi.

Arrivata, Tiffany mi accolse con un caloroso abbraccio: "Amica mia, sembra un'eternità che non ci vediamo. Hai finito con quella riunione?" "Sì, ma da domani dovrò lavorare con Jacob. Non so nulla di lui e non posso sopportarlo. Come farò a trascorrere ore con lui?" "Ce la farai," mi rassicurò. "Sei la persona più socievole che conosca. Ricordi quando avevamo dieci anni e hai fatto amicizia con quella ragazza che non parlava con nessuno? Sei una maga della conversazione."

"Sì, ma noi siamo come cane e gatto, preferiremmo morire piuttosto che sopportarci," ribattei.

"Vedrai, finirai per parlare anche con gli inservienti," insistette Tiffany.

Mentre le parole di Tiffany risuonavano nell'aria, un piccolo uccellino si posò sul davanzale della finestra del Message Café. Il suo canto melodioso sembrava un inno alla leggerezza, un contrasto piacevole con la tensione che avevo vissuto durante la giornata. Tiffany seguì il mio sguardo e sorrise: "Guarda, anche la natura sembra volerti mandare un messaggio positivo." In quel momento, sentii il peso delle preoccupazioni alleggerirsi, come se il canto dell'uccellino avesse il potere di dissipare le nubi oscure dei miei pensieri almeno momentaneamente. Perciò poi dissi:
"Va bene, cosa facciamo stasera?"
"Che ne dici di una serata film?"
"Ok, ma scelgo io il film." Dopo cena, senza aver scritto alcun messaggio, ci dirigemmo a casa mia. Mia madre non c'era, così ci sistemammo e ordinammo hamburger. Scelsi un film che rifletteva la mia situazione attuale, e mentre eravamo assorti nella visione, il telefono vibrò: era un messaggio di Jacob che mi intimava di incontrarlo alle nove del mattino seguente. Lo visualizzai ma non risposi, tornando al film. Tiffany commentò: "Parli del diavolo e spuntano le corna," riferendosi al messaggio. Continuammo a guardare il film fino a che non ci addormentammo.

❤️Grazie per aver letto.❤️

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