Capitolo 6

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La mattinata di sabato, limpida e vivace, si apriva davanti a me come una tela bianca pronta ad essere colorata. Mi allungai pigramente sul divano, lasciando che i raggi del sole, filtrando attraverso le tende variopinte del salotto di Tiffany, mi accarezzassero il viso. Era il mio giorno libero, un'occasione rara che avevo scelto di dedicare interamente a me stessa e a lei.

Dopo una colazione leggera, un toast al burro d'arachidi con una guarnizione di frutta fresca e una doccia rinvigorente, optai per un abbigliamento casual: jeans, una camicetta bianca e scarpe da ginnastica, l'abbigliamento ideale per un giorno dedicato allo shopping e alle conversazioni spensierate. Tiffany, con il suo entusiasmo contagioso e una lista di negozi già pianificati, era un turbine di energia. Ci lasciammo avvolgere dal vigore vibrante della metropoli, tra risate e scherzi, provando abiti e gioielli nelle boutique più chic di New York, concedendoci qualche peccato di gola lungo il percorso.

Il Barneys fu una delle nostre tappe obbligate, un tempio della moda all'avanguardia e delle collezioni esclusive di stilisti emergenti. Tiffany, con gli occhi che brillavano di passione, mi rivelò ancora di come ogni capo d'abbigliamento fosse per lei un tassello di ricordi, trasformando il semplice atto dello shopping in un viaggio sentimentale. E, nonostante la ripetitività del discorso, non potei fare a meno di apprezzare la sua genuina emozione.

Il pranzo lo consumammo in un bistrot accogliente, dove l'aroma del tè si mescolava al profumo del pane appena sfornato. Nel pomeriggio, ci concedemmo una pausa nel verde di un parco, sorseggiando un caffè, quando il mio telefono squillò, spezzando la quiete. Era Jacob. La sua voce, carica di tensione e un velo di panico, mi fece sussultare: "Ysabel, ho bisogno di te, è urgente!"

Il mio cuore mancò un battito, assalito dall'agitazione. Nonostante fosse il mio nemico giurato, non avrei mai desiderato che gli accadesse qualcosa di grave. "Cosa succede? Cosa è successo?" chiesi, cercando di mantenere la calma.

"Non posso spiegarti ora, vieni subito," fu la sua risposta affrettata, prima di riattaccare.

Mi sollevai rapidamente, l'ansia chiaramente visibile sul mio volto. Tiffany, allarmata, mi interrogò con lo sguardo. "Devo andare, è Jacob, parla di un'emergenza," le dissi, raccogliendo le mie cose in fretta.

Giunta a casa di Jacob, trovai la porta socchiusa e la sua voce che mi chiamava dal salotto. "Ysabel, grazie a Dio sei arrivata! Mia sorella ha avuto un contrattempo e ho bisogno di aiuto con mia nipote, Grace."

Il mio stato d'ansia si trasformò in indignazione: "Jacob, mi hai spaventata a morte! Non puoi chiamarmi così all'improvviso, ho pensato al peggio! E poi, cosa credi, che io sia una babysitter?"

Jacob si avvicinò, tentando di placare i miei animi. "Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarti, ma era davvero urgente e non sapevo a chi altro chiedere aiuto," spiegò, cullando la piccola. La bambina, un angioletto avvolto in una coperta pastello, aveva capelli fini come fili d'oro e occhi azzurri come gemme preziose. Le sue guance paffute e il sorriso innocente erano un inno alla tenerezza.

Ma nonostante la sua dolcezza, la tensione con Jacob si intensificò, sfociando in un acceso diverbio. Lo rimproverai per il suo comportamento impulsivo e gli ricordai che mi aveva sempre trattata con distacco. Lui si difese, affermando di trovarsi in una situazione difficile.

Il pianto di Grace mise fine alla nostra disputa, ricordandoci che la sua necessità era più grande delle nostre divergenze. Il litigio si dissolse e, con delicatezza, la presi tra le braccia, distraendola con sonagli colorati e morbidi cubetti di gomma. Jacob si unì a me, in un raro momento di tregua, mostrando un lato che non gli avevo mai visto.

Dopo averla accudita dandole da mangiare e cambiandole il pannolino grazie a sua madre che aveva lasciato delle indicazioni su un foglio, si addormentò serenamente, e ancora una volta Jacob si scusò per avermi coinvolta così bruscamente. "Grazie per essere venuta, nonostante tutto," mormorò con un filo di voce.

Lo osservai, intravedendo un aspetto di lui che mi era sempre stato nascosto. "Va bene, Jacob. Ma la prossima volta, cerca di spiegare prima di farmi prendere un colpo," risposi con un sorriso. "E poi, è così adorabile che... d'accordo, sei perdonato."

Ci avvolse un silenzio pacifico, interrotto solo dal respiro tranquillo di Grace. Era come se il tempo si fosse fermato, lasciandoci in una bolla di strana ma piacevole serenità. Accendemmo la TV e ci lasciammo distrarre dai programmi serali. Quando arrivò il momento di andarmene, dissi: "Devo andare, ma se hai bisogno, chiamami."

"Okay, grazie," rispose Jacob. Mentre stavo per uscire, mi fermò: "Comunque... ti devo un favore." Gli regalai un sorriso e mi avviai verso casa.

Riflettendo sulla giornata trascorsa, mi resi conto di quanto fosse stata un'altalena di emozioni. Aveva inizio con la leggerezza di un sorriso amico, ero stata scossa da un'improvvisa paura e poi aveva trovato una conclusione inaspettata. Prima di addormentarmi, pensai a Jacob e a Grace. Forse lui non era il mostro che avevo sempre immaginato, e lei... lei era davvero in buone mani.

❤️Grazie per aver letto.❤️


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