Capitolo 11

17 5 0
                                    

Le luci di New York ci accoglievano, scintillanti come gemme nella notte, mentre l'aereo iniziava la sua discesa. La metropoli si trasformava in un palcoscenico per l'atto conclusivo di una tragedia greca, con me e Jacob nei panni dei protagonisti involontari. Dalla finestra dell'aereo, cercavo di assorbire l'energia vibrante della città che non dorme mai, nella speranza che potesse infondermi il coraggio necessario.

Varcata la soglia del suo appartamento, si percepiva una tensione palpabile. Jacob si avvicinò alla finestra, contemplando i grattacieli che si stagliavano contro il cielo. Il riflesso delle loro luci nei suoi occhi creava un contrasto drammatico con l'ombra della sua preoccupazione. "Ysabel, c'è qualcosa di cui dobbiamo parlare," iniziò, con un tono urgente che non gli avevo mai sentito adottare.

Mi accomodai sul divano, braccia incrociate, in attesa. L'appartamento di Jacob, elegante e minimalista, quella sera sembrava carico di un'atmosfera pesante. "Di cosa si tratta?" chiesi.

"Riguarda l'azienda di tua madre e di mio padre," rispose Jacob, girandosi verso di me. "Per anni hanno falsificato i bilanci. E presto, quando le aziende passeranno nelle nostre mani, potremmo trovarci coinvolti in un intrigo pericoloso."

La rivelazione fu un colpo al cuore. La rabbia si mescolò alla confusione, e mi alzai di scatto. "Perché mi hai tenuto all'oscuro di tutto questo?" esclamai, la voce tremante di emozione. Le mie parole echeggiavano nell'appartamento, amplificando la mia incredulità.

Jacob si avvicinò, le mani aperte in segno di conciliazione. "L'ho scoperto solo di recente, te lo giuro. A San Francisco, ho trovato dei documenti compromettenti. Ysabel, dobbiamo affrontare la situazione insieme."

Scuotendo la testa, mi diressi verso l'uscita. "No, Jacob. È troppo," dissi, e senza voltarmi, lasciai l'appartamento. Ogni passo era pesante, ma sapevo che non potevo restare.

Vagavo per le strade di New York, lasciando che la frescura della notte placasse la mia ira. Ero senza meta, senza sapere cosa fare. Avevo solo bisogno di distanza, di spazio per respirare. Le luci al neon e il frastuono incessante della città mi avvolgevano, eppure mi sentivo isolata.

Dopo un po', il cellulare in tasca vibrò. Era Jacob. "Ysabel, ti prego, ascoltami. Non è sicuro per te, da sola, a quest'ora," supplicava. La sua voce sincera mi toccò, ma la rabbia era ancora troppo forte.

Mi fermai, fissando il dispositivo in mano. Il desiderio di correre da lui combatteva con il mio orgoglio ferito. Eppure, sapevo di non poterlo ignorare del tutto. L'immagine di Jacob, così preoccupato e disperato, mi perseguitava.

"Ti aspetto al parco, quello vicino a casa tua. Dobbiamo parlare," risposi, sorpresa dalla calma nella mia voce. Era necessario chiarire le cose, capire se potevamo superare insieme la crisi.

Giunta al parco, trovai Jacob seduto su una panchina, la sua figura vulnerabile rischiarata dai lampioni. Il parco, un'isola di pace nel tumulto urbano, emanava un'aura quasi surreale grazie alle luci soffuse. Mi avvicinai con passo cauto, il cuore appesantito ma pronto al confronto.

"Ysabel, mi dispiace tanto," esordì lui, alzandosi. "Non era mia intenzione che le cose degenerassero. Ma se stiamo uniti, possiamo superare anche questo ostacolo."

Lo scrutai, cercando la verità nei suoi occhi. La paura che vi scorgevo era lo specchio della mia. In quel momento, sotto il cielo di New York, decisi di dare una chance a noi stessi e al nostro futuro. Il suo abbraccio mi avvolse, promettendo sostegno e forza, e compresi che, qualunque fosse la sfida davanti a noi, l'avremmo affrontata insieme.

Mentre le sue braccia mi stringevano, una brezza portò l'odore di pioggia in arrivo. Alzai gli occhi al cielo, dove le nuvole si addensavano, velando le stelle. "Arriverà un temporale," commentai, la voce un sussurro nel vento.

Jacob annuì, seguendo il mio sguardo. "Ma sai, dopo la tempesta, l'aria si purifica e il cielo si schiarisce," osservò.
Un lampo squarciò l'oscurità, seguito dal rombo di un tuono in lontananza. Ci guardammo, comprendendo in quell'attimo che non eravamo soli. Avevamo l'uno l'altro, e insieme, avremmo affrontato la tempesta imminente, non solo quella notturna, ma anche quella che minacciava le nostre vite. Con un sorriso incerto, ci incamminammo verso l'appartamento, pronti a fronteggiare il domani, mano nella mano.

❤️Grazie per aver letto. Se vi va, lasciate un feedback.❤️

Il Business del CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora