DESIRE

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Sempre lo stesso sogno ogni notte: fiamme, odore di carne bruciata, urla strazianti, una corsa infinita verso una luce che non avrebbe mai raggiunto. La giovane elfa, anche quella mattina, si era svegliata in preda all'affanno, come quasi tutti i giorni da quando ne aveva memoria. Si asciugò il sudore, strofinando la cicatrice sulla sua fronte, ormai guarita da anni, ma che le prudeva ogni qualvolta si ripresentava quel sogno. Andò al fiume a sciacquarsi il volto, bagnandosi anche i corti capelli castani, amava stare a stretto contatto con la natura.

Ormai da circa duecento anni, la giovane viveva da sola in una piccola casetta di legno, poco distante dalle rovine in cui due contadini l'avevano trovata priva di sensi. Non ricordava nulla della sua vita: né legami, né chi fosse veramente, né cosa fosse successo quella fatidica notte. I suoi benefattori la aiutarono a rimettersi in forze, ma poi fu lei stessa a voler andare a vivere da sola. Sentiva un legame speciale con la natura, si procurava il cibo con le sue forze tutti i giorni e cacciava gli animali sempre con rispetto, prendendo solo quello che le fosse necessario per vivere. Ogni tanto tornava anche alle rovine, con la speranza di ricordare qualcosa del suo offuscato passato, ma invano.

Quel giorno era speciale: erano passati esattamente duecento anni dal giorno in cui l'avevano trovata, dal giorno in cui si era risvegliata priva di ricordi. Fece un enorme sospiro e tornò in casa per prepararsi ad andare a caccia. Prese il suo fedele arco e mise in spalla la faretra con le frecce, chissà se la natura le aveva preparato un regalo speciale quel giorno. Appena riaprì la porta però, qualcuno la prese alla sprovvista. Non fece nemmeno in tempo a vedere di chi si trattasse, che un uomo le mise sulla bocca con forza un fazzoletto imbevuto di una sostanza strana, stordendola, per poi incappucciarla e trascinarla via.

Qualche ora, o forse qualche giorno, dopo la giovane si trovò all'interno di un castello, in attesa di essere ricevuta da qualcuno, davanti ad un enorme portone con intarsi in oro. Una rabbia improvvisa la assalì: come aveva potuto lasciarsi prendere alla sprovvista in quel modo? Aveva abbassato la guardia e per lei era imperdonabile.

"Fatela entrare!" disse una voce dall'interno e così il portone si aprì e lei, con le mani legate, venne fatta avanzare accompagnata da due guardie.

Alla fine della sala c'era un trono sul quale sedeva, in maniera abbastanza scomposta, un ragazzo giovane dai capelli bianchi e gli occhi rossi e taglienti, che sorrideva soddisfatto. In testa portava una preziosa corona d'oro e rubini e indossava delle vesti eleganti nere con ricami in oro.

"Vieni avanti, Elring!"

L'elfa si sorprese. Il suo nome era una delle poche cose che ricordava di sé stessa, insieme all'abilità nella caccia. Avanzò confusa, ma non spaventata.

"Come conosci il mio nome? E perché mi hai fatta portare da te?"

Gli chiese per prima, senza aspettare che le venisse dato il permesso di parlare. Per qualche strano motivo si ricordava molto bene come ci si comportava al cospetto di un re, ma era appena stata rapita con metodi decisamente poco gentili e l'ultima cosa alla quale stava pensando era attenersi alle buone maniere.

"Ahahahah!" Il re rise e, con un gesto rivolto alle guardie, ordinò loro di uscire dalla stanza prima di avvicinarsi all'elfa.

La ragazza sentì un intenso profumo di rose provenire dal ragazzo, misto a qualcos'altro che le era familiare, ma che ancora non riusciva a identificare.

"Mi è stato riferito che non hai ricordi del tuo passato e che non sai cosa è successo duecento anni fa, giusto?"

Elring ignorò la domanda e guardò in basso.

"Io posso aiutarti e tu puoi aiutare me. Vuoi sapere chi sei?"

La ragazza deglutì, alzando la testa, incrociando gli occhi del re e rispondendo con un'espressione decisa: "Non ho paura di te, non ti chiamerò "sire" e non ti darò nessun titolo onorifico, se ti sta bene così e mi faresti la grazia di comunicarmi il tuo nome, potremmo trovare un accordo."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 16 ⏰

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