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Ci sono cose a cui difficilmente si abituerà. Svegliarsi con un lato freddo nel letto è forse la peggiore. Ogni mattina allunga un braccio verso sinistra, completamente contro la sua volontà, come se la memoria muscolare gli imponesse di compiere quel gesto e sotto le dita avverte solo gelo. Le lenzuola sono ghiacciate e sul cuscino nessun ricciolo, nessuna testolina addormentata.
Quel triste e vuoto lato sinistro del letto è la perfetta rappresentazione del suo stato d'animo degli ultimi sei mesi.
Ci sono cose a cui difficilmente si abituerà. Fare colazione da solo è terrificante. Prendere il caffè in tazzine che non ha scelto lui, bere il succo d'arancia in bicchieri ricevuti in regalo per... forse farebbe bene ad usare quelli di carta. Ma poi dovrebbe smettere di usare anche i piatti e le pentole e gli sgabelli accanto all'isola in cucina.
Ci sono cose a cui difficilmente si abituerà. Guidare la macchina per andare a lavoro è spaventoso. Osservare il posto vuoto accanto al suo, ascoltare playlist che non ha creato lui, annusare un deodorante per auto al pino che non ha scelto lui.
Ci sono cose a cui difficilmente si abituerà, ma è bravo a fingere con le persone che lo circondano, pensa di meritarsi un premio per la sceneggiatura per tutte le balle che ha inventato e raccontato.

Compie gesti meccanici mentre le giornate trascorrono tutte uguali, tra lenzuola fredde - che tra l'altro non ha nemmeno comprato lui - e tragitti silenziosi in macchina. Perché alla fine quelle canzoni non le vuole sentire, preferisce il silenzio, nel silenzio può ascoltare tutto il suo dolore, nella musica ci sono solo ricordi e l'ultima cosa di cui ha bisogno è vivere nei ricordi.

Si sveglia nella sua metà del letto, prende il caffè in tazzine che non gli appartengono del tutto, cucina in pentole che non ha acquistato e guida una macchina che profuma di pino e rancore.

E se vedesse un altro vivere un'esistenza a metà come sta facendo lui è molto probabile che lo prenderebbe in giro fino alla morte, perché porca miseria a trentasei anni non può ridursi a diventare un vecchio burbero e scontroso stanco della vita, ma gli riesce più facile limitarsi a sopravvivere piuttosto che tentare di abituarsi alla sua nuova condizione.
Mette un piede davanti all'altro, un passetto alla volta e la cosa che più lo terrorizza è essere completamente solo.
È stato deciso che prima o poi la verità dovrà essere rivelata, ma nel frattempo è costretto a vivere - sopravvivere - in quel limbo.

Potrebbe andare a fare shopping per cominciare, comprare lenzuola, tazzine ed un deodorante nuovo per la macchina, potrebbe cambiare gusto di dentifricio o iniziare a scegliere da solo le sue magliette. Potrebbe piano piano far pace con l'idea di essere rimasto solo in quella casa.
Solo.
Solo in una casa con il salotto luminoso e le tende gialle che lui non voleva ma che sono comunque lì, solo in una casa con una stanza in più con le pareti dipinte di verde perché "almeno in un futuro non dobbiamo ridipingere, il verde va bene sia per maschio che per femmina", solo in una casa con una grossa macchia di smalto per unghie sul divano che proprio non se ne va, solo in una casa con il giardino ed una casetta sull'albero che lui non ha costruito per dei figli che lui non ha avuto ma che ha immaginato e sognato quasi tutte le notti in quegli ultimi sei mesi di sopravvivenza.

A scuola, in mezzo ai suoi ragazzi, si sente un po' meglio. Si perde in spiegazioni, si immerge completamente nelle lezioni e per qualche ora sembra tutto più facile da sopportare.
Però basta solo alzare un attimo lo sguardo su quei due posti in fondo e tutto gli ritorna addosso. Ed è come essere investiti da una valanga, una distesa di neve ghiacciata che gli congela il corpo e gli impedisce di respirare. Si sente schiacciato mentre stringe un angolo della cattedra e prova a fingere di star bene perché la scuola è la sua oasi felice in quel mare di disperazione che è diventata la sua vita e non esiste al mondo che permetta a degli stupidi ricordi di devastare il suo angolo di pace.

Il lavoro che ama è l'unica cosa che lo costringe ad alzarsi dal letto. Se dipendesse da lui rimarrebbe sotto le coperte, dal lato destro del materasso, evitando con cura di andare verso il sinistro. Non gli interesserebbe molto di bere, mangiare, respirare.
Se non avesse le sue lezioni ed i suoi ragazzi probabilmente non gli importerebbe niente di uscire di casa ed affrontare il mondo.
Non dovrebbe bere caffè da tazzine non sue e non dovrebbe annusare il profumo di pino se non fosse così disperatamente attaccato al suo lavoro.
E forse, pensando in modo razionale, è un bene che lo sia perché se non lo fosse non gli interesserebbe molto continuare a vivere.

Sei mesi.
Sei mesi ed ancora si aspetta di sentire la serratura scattare, il rumore del mazzo di chiavi appoggiato nello svuotatasche, passi sul parquet del corridoio e quel "ciao prof, sono a casa".
Ancora si aspetta due braccia a cingergli la vita da dietro, ancora si aspetta un bacio sul collo, ancora si aspetta un rimprovero per non aver usato il sottobicchiere ed aver lasciato l'impronta sul tavolo di vetro.
Ma nello svuotatasche ci sono solo le sue chiavi ed ormai il tavolo di vetro è pieno di piccoli segni rotondi, ma nessuno lo rimprovera.

Nella stanza verde non è più entrato e nemmeno nel secondo bagno. Anche perché non ha mai capito a cosa servissero due bagni per due persone, ma "è per il futuro, se un giorno dovessimo essere in tre o quattro mi ringrazierai per aver insistito per due bagni".
Peccato che ora sia solo. Solo con due bagni.
Non ricorda quasi nemmeno più di che colore siano le piastrelle di quel secondo bagno, anche perché, come moltissime altre cose, non le ha scelte lui.

Non si è mai lamentato, non gli è mai importato molto di dare la sua opinione su quelle questioni perché per lui casa sono persone e non quattro pareti, un tetto e mobili. Per quanto lo riguardava potevano anche andare a vivere in una casetta di legno in mezzo ad un bosco, sarebbe stato felice lo stesso.
Forse con il senno di poi essere un po' più partecipe nella scelta di arredamento e colori gli avrebbe risparmiato il dover vivere in una casa quasi del tutto estranea.

Sei mesi.
Sei mesi sono passati e lui è ancora lì, seduto su un divano macchiato di smalto per unghie con una pila di compiti in classe da correggere.
Ha abbandonato il cellulare sul tavolino davanti a lui ed è immerso nella lettura di una risposta alquanto fantasiosa ad una domanda su Platone quando una vibrazione lo distrae e gli fa alzare lo sguardo.

Lo schermo è illuminato di bianco e c'è una scritta nera che lampeggia.
Sei lettere, una sola parola in grado di spezzare quel sottile e fragile equilibrio che sta mantenendo a fatica.

«Pronto?»
"Oh ciao... non credevo che rispondessi, sai?"
«Che vuoi?»
"Stai bene? Come va il lavoro? Ho visto quel tuo al..."
«Ho chiesto... che vuoi?»
"Sì beh, immagino che tu non voglia parlare con me, hai ragione ma..."
«Senti... mi devi dire qualcosa? Sennò lasciami in pace.»
"È per il compleanno di mio padre. Anita mi ha chiamato mezz'ora fa e ci ha invitati... ha chiamato me perché sa che tu fai un po' fatica a ricordarti le date e allora..."
«Sì, beh... e quindi?»
"Sei ancora dell'idea di volerci andare, no?"
«Ho scelta?»
"Posso andare anche da solo se tu non..."
«Certo, così faccio la figura dello stronzo che non si presenta al compleanno del suocero che ha appena subito un'operazione al cervello ed ha rischiato di morire. Bravo, bella pensata.»
"Non faresti la figura dello stronzo..."
«Si beh, Simò sai com'è? Alcuni di noi ci tengono a non deludere le persone che li amano.»
"Manu..."
«Ascolta, facciamola breve. Andiamo a questo cazzo di compleanno, lasciamo finire la convalescenza a tuo padre e quando starà meglio questa farsa sarà finita, diremo la verità ed ognuno per i cazzi suoi.»
"Se è questo che vuoi... ok."
«Non mi hai dato scelta.»
"Io non..."
«Passo a prenderti io sabato pomeriggio verso le quattro, va bene?»
"Vuoi che ci andiamo insieme?"
«Si aspettano tutti di vederci arrivare insieme.»
"Oh... ok. E per la notte? Sai che tua madre ci chiederà di sicuro di rimanere lì con loro fino a domenica..."
«Dormirò sul pavimento, non è un problema.»
"Tutto deciso quindi..."
«Se non c'è altro io andrei ho dei compiti da correggere.»
"Oh si certo buona serata."
«Seh...»

Tazzine estranee e deodoranti al pinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora