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In quei giorni ha più volte immaginato come si sarebbero comportati una volta raggiunta casa dei loro genitori, ma Manuel non pensava proprio che sarebbe stato così tanto difficile.
Averlo vicino, sentire il suo odore, percepire il suo calore e doversi rapportare a lui come se fosse ancora l'uomo che ama alla follia e che ha sposato quattro anni prima, è cosa certa, gli farà venire un'ulcera.
Sono sempre stati molto "tattili", una mano sulla ginocchio, una carezza sulla nuca, il braccio appoggiato sullo schienale della sedia dell'altro per tenerlo vicino, quindi sembrerebbe strano e sospetto agli occhi dei loro genitori se smettessero di colpo di toccarsi del tutto.
Perciò Manuel fa uno sforzo, soffre come un cane ma ingoia la rabbia per un bene più grande.
La loro famiglia, nell'ultimo anno, ha già subito parecchio con la malattia di Dante, l'operazione e la riabilitazione, sarebbe da egoisti buttare addosso ai loro genitori anche la sofferenza per la separazione. Quindi fingere è parsa ad entrambi la soluzione migliore, ma trovandosi così vicino a Simone sta rimpiangendo la sua decisione.

Perché l'altro non gli rende le cose semplici e si sta palesemente approfittando della situazione. Gli accarezza la mano, gli sorride e lo guarda come se niente fosse cambiato, come se non lo avesse tradito solo pochi mesi prima.
E Manuel non può reagire, non può scostarsi da lui quando gli accarezza una guancia e non può nemmeno chiedergli che cazzo ha da sorridere in quel modo quando il loro mondo, apparentemente perfetto, è andato tutto a puttane solo per colpa sua.
Senza farsi notare da nessuno gli lancia un paio di occhiatacce, ma Simone lo ignora e gli passa un braccio dietro alla schiena stringendolo un po' a sé.

Durante la cena, quasi al momento del taglio della torta, Simone si avvicina e gli lascia un bacio sulla guancia ed a quel punto vorrebbe soltanto alzarsi ed urlare. Vuotare il sacco, dire che lo odia, che sono separati, che vuole il divorzio e che quel maledetto bastardo seduto accanto a lui lo ha tradito con...

«Manu, vi fermate qui a dormire, vero?»

Ecco, lo scenario peggiore. Passare la notte con Simone nella stessa stanza non è esattamente nella lista delle dieci cose che vorrebbe fare, ma sa quanto sua madre tenga ad averli lì e, dopo quello che ha passato ultimamente, non vuole fare nulla per renderla triste o deluderla.
Annuisce appena e Simone si apre in un gran sorriso.
Vorrebbe cancellarlo a suon di pugni, fargli cadere tutti i denti e poi costringerlo a mangiarli. Vorrebbe vederlo soffrire un decimo di quanto ha sofferto lui. Perché sorride poi?
Dormire nella stessa stanza non cambia niente, essere venuti lì insieme per un obbligo di famiglia non cambia niente, essere costretti a fingere di amarsi ancora non cambia niente, vedere che Simone ha ancora la fede al dito non cambia niente.

Lui la fede non la indossa più perché la fede nel loro matrimonio è finita nel momento esatto in cui Simone gli ha confessato di averlo tradito.
Perché non poteva proprio credere che per l'amore della sua vita, per l'uomo al quale ha dato tutto se stesso lui non fosse abbastanza. E si è anche colpevolizzato per giorni interi, si è detto "se è andato con lui è perché evidentemente io non gli sono mai bastato", ma alla fine ha smesso di farsi del male ed ha tramutato quel sentimento in rabbia.
È arrabbiato con Simone, di una rabbia cieca e devastante e vedere quel piccolo cerchietto d'oro bianco ancora avvolto al suo anulare, non fa che peggiorare il suo sentimento.
Sembra quasi una presa in giro e spera tanto che nessuno si accorga che lui la fede non la sta indossando perché a quel punto non saprebbe proprio cosa inventarsi per giustificarsi.

Non l'ha mai tolta prima d'ora, ne è sempre andato particolarmente fiero, un segno di appartenenza che lo rendeva orgoglioso di essere un marito.
Ti amo e ti porto sempre con me.
Simbolo di un sentimento vero e, almeno da parte sua, destinato ad essere eterno.
Ed invece ora il suo dito vuoto e nudo gli ricorda il fallimento, la sconfitta, il dolore e la solitudine.
Un lato freddo nel letto, tazzine che non ha scelto e deodorante per l'auto al pino.

*

La camera da letto che è stata solo di Simone prima e poi diventata di entrambi per un certo periodo, è sempre uguale. In realtà un po' tutta villa Balestra è rimasta sempre la stessa e Manuel non è del tutto a suo agio in mezzo a così tanti ricordi.
Specialmente in quella stanza, teatro dell'inizio della loro storia.
Quel letto li ha visti fare l'amore, litigare, piangere e poi fare la pace. Custodisce confidenze, sogni sussurrati nel silenzio della notte, i primi baci timidi e quelli più passionali e profondi. È lì che hanno deciso di sposarsi, lì che hanno deciso di passare la vita insieme, lì che tutto è iniziato.
Ed ora che il loro matrimonio è naufragato tragicamente, ora che tra loro sembra esserci un vuoto incolmabile, quella stanza, un tempo piccolo angolo di paradiso, è diventata improvvisamente troppo piccola.

Quando Anita li ha accompagnati in camera e gli ha mostrato dove fossero gli asciugamani per gli ospiti e tutto il necessario, hanno riso. Si comporta come se non avessero mai passato la notte lì e come se quella non fosse stata anche casa loro per tantissimi anni. È dolce Anita, premurosa e gentile e Manuel si sente tremendamente in colpa perché non merita di essere tenuta all'oscuro di tutto. Merita sincerità e lui, da figlio, spera che possano raccontare come stanno davvero le cose il prima possibile.

«Se vuoi... se vuoi dormo io per terra, non c'è problema.»
«No, tiro fuori il secondo materasso dal cassettone e dormo lì.»
«Sì, ma è basso e scomodo, come fai con la tua spalla?»
«Ah ora ti preoccupi per me?»
«Dai Manu, ti prego... basta.»
«Dormi Simò, io vado in bagno e poi mi sistemo lì. Non ho voglia di discutere.»
«Prima o poi dovremo farlo però.»
«Non ne vedo il motivo.»
«Non mi hai mai dato modo di...»
«Di cosa? Di spiegarmi perché te lo sei scopato? Perché non te ne fregava un cazzo di me, ecco il perché.»
«Abbassa la voce, ti prego.»
«Giusto giusto, salviamo le apparenze, siamo una coppia felice io e te, no?»

Manuel scuote la testa e va in bagno a lavarsi i denti. Non vuole sentirlo parlare, non è pronto ad affrontare quei discorsi. Fa ancora troppo male.
Quando torna in camera, Simone ha tirato fuori il materasso e l'ha sistemato per lui, ma non ha nessuna intenzione di ringraziarlo. Certe gentilezze può proprio risparmiarsele.
Vuole solo dormire e passare quelle ore il più velocemente possibile.
Tornare a casa, lontano da Simone e dalle sue chiacchiere che non fanno altro che innervosirlo ancora di più.

«Manu? Dormi già?»
«Sì.»
«Senti... hai tutte le ragioni del mondo per odiarmi, mi odio anch'io se vuoi saperlo, ma ciò che è successo non significa nulla per me, io ti amo come quel giorno al museo in gita, quando ti ho baciato e tu mi hai spinto via. Ti amo come quel giorno seduti sul bordo della piscina, quando sei stato tu a baciare me e poi mi hai sorriso. Ti amo come il giorno in cui ti ho chiesto di sposarmi... e continuo ad amarti e considerarti mio marito.»
«Mi ami?»
«Sì, sempre...»
«Ma quello stronzo di Mimmo te lo sei scopato lo stesso però... ora dormi, non ne voglio più parlare.»

Manuel si gira dandogli la schiena ed è certo di sentirlo sussurrare il suo nome.
Si addormenta poco dopo, con il sottofondo di un respiro che non è il suo e due lacrime che gli si seccano sulle guance.

Tazzine estranee e deodoranti al pinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora