Cap 5

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Le collassate mura di Chianale aprirono le porte a una città travolta dal terrore

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Le collassate mura di Chianale aprirono le porte a una città travolta dal terrore.
Mentre le grida e le preghiere a Dio erano melodie di una stonata orchestra, Salomè si guardò intorno, alla frenetica ricerca di Daniel.
Tuttavia, ansando nuvole bianche, ella non riuscì a trattenere un gemito, quando gli strazi di una donna la stritolarono nella dolorosa morsa della disperazione: una madre, ricurva sul corpicino del suo bambino, lo stringeva al grembo, dopo averlo strappato alla morsa di una parete collassata.
La nobile sgranò le palpebre, pietrificata nella direzione della disgraziata. Ogni granello di polvere sembrava bloccato intorno a quell'immagine...

Senza accorgersene, le lacrime di Salomè le striarono le guance, mute come la sua mente. Immobile al centro del caos, tutto le apparve rallentato, ovattato: i rumori, gli odori, i colori, cornice di quel terrificante dipinto.
Aveva intrapreso il suo viaggio per evitare la caduta della cittadina, eppure ancora una volta si trovava un passo indietro al suo obiettivo.
Aveva fallito. Era un fallimento.
Si era raccontata la favola in cui sarebbe stata l'eroina, la salvatrice degli innocenti.
Si era convinta che forse, per una volta, una singola volta, lei sarebbe stata la buona. Eppure, eccola lì, immobile ad osservare le disgrazie degli innocenti che avrebbe dovuto salvare.
Forse, suo padre aveva ragione:
"Non importa cosa tu voglia fare, la tua sola presenza si rivelerà una piaga, bastarda del demonio".

Se soltanto avesse fatto scappare gli abitanti, invece di seguire Daniel nel bosco. Se avesse fermato il ragazzo, invece di lasciarlo tornare indietro.
Se avesse fatto di più, molto di più.
La voce dell'insuccesso elencava i suoi errori.

Uno scossone vigoroso la sottrasse alle fauci della sua mente e, solo in quel momento, ella si accorse di essere stata sollevata da terra. Con le braccia che la cingevano saldamente, Massimo correva per le strade del villaggio, stringendola al petto con l'unico scopo di proteggerla da qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Eppure, quella madre, ella riusciva ancora a vederla, nitida dinanzi al suo sguardo. Il crociato stava salvando il suo corpo, ma l'animo sembrava essere rimasto all'ingresso del villaggio.

"Salomè, riprendetevi!" tuonò Massimo, chiudendo la dama nel mantello "non permetterò che vi accada nulla" continuò, correndo per le strade "ma dovete essere forte, ve ne prego".
L'incantatrice scosse il capo, singhiozzando.
"Non sono riuscita a salvare nessuno, Daniel, devo andare da Daniel... Ti prego, dobbiamo salvarlo, almeno lui!"
"Ma di cosa state parlando? Chi è Daniel?"
Salomé gettò le braccia al collo del ragazzo, fuoriuscendo con la testa dal manto in cui era stretta.
"Il figlio del fabbro!"

Massimo incrociò rapidamente lo sguardo della fanciulla, abbassando le sopracciglia e aggrottando la fronte.
"Da quando in qua conoscete il figlio del fabbro? Beh, non importa adesso, la bottega si trova nella parte est del villaggio, non possiamo arrivare la giù!"
La fanciulla sgranò gli occhi, aggrappandosi al petto del cavaliere in un impeto di sconforto.
"Allora mettimi giù! Andrò io. Tu vai pure da Padre Pietro".
"Non se ne parla!" il tono di Massimo si fece austero, riflesso del suo viso dal tratto severo "non metterò la vostra vita a rischio".

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