Prologo

36 9 26
                                    

Ava

«L'inferno è un bel posto per quelli come noi» mi disse un giorno mio padre. Perché noi eravamo gli scarti della società, dei reietti, dei poveri e dei criminali. Avevo solo cinque anni, non capivo bene cosa mi stesse dicendo. Pensavo fosse una sorta di scherzo o una battuta, ma mai avrei pensato che mio padre avesse avuto ragione. Ma ora, a diciannove anni posso dire che ha sempre avuto ragione, anche se ero troppo ingenua per capirlo.

La bibbia parla dell'inferno come un posto che non esiste e avrei tanto voluto che quella fosse la sola ed unica verità. Ma la realtà è che io all'inferno ci sono cresciuta. Il mio inferno si chiama Brownsville, una cittadina nelle periferie di New York, più precisamente a Brooklyn. Incendi e sparatorie sono sempre all'ordine del giorno. Dopo un po' ci si fa l'abitudine, perché l'unica cosa di cui ti importa è sopravvivere. E io questo lo capii troppo presto.

DIECI ANNI FA

Basta. Basta litigare. Per favore, fateli smettere, non li sopporto più.
I miei genitori stavano litigando, di nuovo. Riuscivo a sentire le loro urla anche con le cuffie ad alto volume e la porta della mia cameretta chiusa.

«È per colpa tua se siamo finiti in questa situazione di merda Carl! Non lo vedi? Siamo al punto di partenza, non ce la faremo mai ad uscirne, non con una figlia!» urlò la mamma, sicuramente puntando il dito a papà.

I miei genitori non andavano mai d'accordo, l'unica volta che li ho visti sorridere era per me, o quando ho vinto cinquanta dollari al gratta e vinci, che è anche tanto per noi.

«Che cosa vuoi che faccia, Mary? Dare nostra figlia in pasto all'inferno? Perché non pensi un po' con quella fottuta testa? È nostra figlia, e nonostante tutto ha bisogno del nostro affetto, ha solo nove anni...» papà alzò la voce con fare furioso e disperato, forse per farsi sentire anche da me.

«Preparati Mary, questo pomeriggio andiamo a Brooklyn per ritirare i pacchi.» continuò in tono freddo.

Io volevo un mondo di bene ai miei genitori, nonostante il loro amore mi abbia inflitto grandi traumi.

Oh papà... Vi voglio bene anche io...
Sentii i passi dei miei genitori nella direzione della mia camera e aprirono la porta.
Mi tolsi le cuffiette.

«Ciao cucciola, che stavi facendo?» chiese mio padre con un tono delicato.

Carl Miller era un bell'uomo giovane e umile, cresciuto in una famiglia di sudamericani. Da piccolo scappò dalla Colombia per le guerre e per la povertà che ne derivava. Sperava che da grande fosse tutto diverso. Lo speravo anche io.

«Niente, stavo ascoltando la musica, non mi piacciono le vostre urla» dissi con un filo di voce.

Il suo sguardo diventò più dolce, e mi chiese scusa con gli occhi. Noi due comunicavamo così.

«Avrei tanto voluto che le cose per tutti e tre fossero state diverse. Mi perdoni per questo?»

«Sì papà, ti perdono.»

«Brava la mia bambina. Ora io e la mamma andiamo a Brooklyn a consegnare dei pacchi, va bene? Tu aspettaci a casa e non aprire a nessuno, intesi?»

Mi rivolse un sorriso sincero e io annuii. Portai lo sguardo dietro di lui e vidi la mamma andarsene dalla mia camera senza rivolgermi parola.

«Papà, ma perché la mamma si comporta sempre così con me con te? Non le ho fatto nulla, vero?»

«No amore, te non hai fatto nulla. In fondo ti vuole bene, anche se le sue azioni dicono il contrario. E ricorda che anche papà ti vuole un sacco di bene» affermò abbracciandomi.

«Carl muoviti! Non abbiamo tutto il tempo del mondo!»

Lui si alzò dal mio letto e se ne andò lasciando la porta della mia stanza aperta.
Li sentii parlare a bassa voce dall'ingresso, ma mi risultò tutto ovattato. Quando sentii il portico chiudersi corsi alla finestra.

«Ciao papà, ciao mamma!» li salutai con forza.

«Ciao cucciola! Mi raccomando, non aprire a nessuno! Ricorda che ti vogliamo bene!» papà aprì la portiera e mise in moto la macchina.

Passarono ore e ore, la notte fiondò nel cielo e i miei genitori non erano ancora tornati a casa. Ero sul mio letto e sentii dei rumori provenire dalla porta di ingresso. In punta di piedi andai verso la porta, ma come aveva detto mio padre "non aprire a nessuno". Qualcuno bussò alla porta e il mio corpo venne scosso di alcuni tremolii. I colpi continuarono. Andai verso la finestra per controllare chi fosse e quel che vidi mi spiazzò. Era la polizia.

«C'è qualcuno in casa?» chiese la voce sconosciuta. Apparteneva ad una donna, ma non era quella della mamma.

Anche se i miei genitori mi avevano detto di non aprire la porta a nessuno, il mio cuore tremava per la paura. Decisi di aprirla una volta per tutte.

«Cosa volete da me? E perché c'è la polizia a casa mia?» balbettai spaventata.

«Tu dovresti essere Ava Miller, la figlia di Mary e Carl Miller, giusto?» chiese la poliziotta.
Annuii flessibilmente.

«Mi dispiace, ma i tuoi genitori sono morti in un incidente stradale mentre probabilmente stavano tornando a casa.» i suoi occhi mi guardarono con compassione.
Non volevo la compassione.

«Chi è il responsabile?» domandai con le lacrime che minacciavano di uscire.
La donna emise un lungo sospiro. «Era un nostro collega fuori servizio, era in stato di ebbrezza.»

Un poliziotto...
Ha ucciso i miei genitori...

«Andatevene da casa mia!» gridai con le lacrime che mi rigarono il viso.

«Non possiamo. Sono qui con degli assistenti sociali, ti porteranno in una casa famiglia. Penseranno loro alle tue cose.»
Quelle parole mi rimbombarono in testa.

Ti porteranno in casa famiglia.
I tuoi genitori sono morti.
Ci sono degli assistenti sociali.
Mi sentii morire dentro. Non volevo. Volevo andarmene via, dove non mi avrebbe cercata nessuno. Sono solo una bambina, non penso di meritarmi tutto questo dolore.
Pensai piangendo, mentre mi dimenavo tra le braccia di quelle persone che volevano portarmi via dalla mia casa.

Fu quel fatidico giorno, il sette ottobre 2014, in cui la mia vita cambiò.

SPAZIO AUTRICE

Ciao ragazzi! Come state? Spero tutto bene. Nel caso contrario, io ci sono sempre. Come qualcuno già sa, ho un'altra storia in corso. Vi dico la verità, non so quando la aggiornerò ma spero presto. Ho sentito l'impulso di iniziare a scrivere qualcosa di nuovo, quindi eccomi qua. Questo è il prologo e fatemi sapere con un commento e una stellina cosa ne pensate e perdonatemi per gli errori grammaticali, apprezzo ogni commento. Ci vediamo con il prossimo capitolo.⭐️
Diamo il benvenuto a "Hell Heart",
ad un nuovo inizio.
🌹🖤

Hell HeartDove le storie prendono vita. Scoprilo ora