Ero lì, bloccata, guardando la grande scritta "Don Bosco". Pensai che fosse bella, con un colore acceso rosso fuoco, e decisi di attraversare il grande cancello spalancato. Era meraviglioso: pieno di alberi, con una piazzetta enorme e una struttura con molte porte che portavano chissà dove. Bloccata da tanta bellezza, sentii un tocco sulla spalla. Mi girai di scatto, ancora con gli occhi sgranati, e vidi un ragazzo. Era molto alto, con un viso sereno e incuriosito dai miei occhi sconvolti. Mentre lo osservavo dalla testa ai piedi, notai i suoi occhi color ambra, quasi arancio, e i capelli color rame che, con la luce del sole, sembravano quasi biondi.
"Ciao, sei tu la nuova arrivata?" chiese lo sconosciuto. Ancora scossa risposi: "Sì, sì, sono io, eheh." Lui allora rispose: "Ah, perfetto, io sono Atlante. Piacere di conoscerti. Tu, come ti chiami?"
"Io... io sono Iris... cioè, no, in realtà mi chiamo Isabelle, eheh," risposi. Atlante mi fissò per qualche secondo con uno sguardo corrugato, scrutando meglio il mio volto.
Atlante: "Tutto bene? Hai lo sguardo sconvolto."
Io: "Eh, sì, tutto bene. Ero solo incuriosita dal posto."
Atlante: "Ah, bene, anche perché io sono stato assegnato per farti da guida."Mi portò a fare un giro del "Don Bosco", mostrandomi le uscite, le entrate (in totale sono quattro) e le varie stanze, tra cui quelle fondamentali: la "sala animatori", dove dobbiamo posare i nostri zaini, lo spazio comune dove staranno i bambini per la ricreazione e le riunioni, il gigantesco teatro dove, come mi ha spiegato lui, andremo a fine giornata con i bambini, e i campi. Ce ne sono tre da calcio, due più piccoli e uno più grande; poi c'è il campo da basket (che a mio avviso non è niente di speciale) e infine il campo da pallavolo, il più piccolo di tutti. Mentre mi mostrava i campi, Atlante mi fece notare con la coda dell'occhio dei giardini all'interno dello spazio esterno della struttura. Gli chiesi a cosa servissero e mi rispose semplicemente: "Quelli sono per i laboratori". Lo guardai con un'espressione interrogativa, ma lui non disse altro. Alla fine del nostro tour, mi disse di ritornare domani per essere assegnata a una squadra e di chiedere di una certa "Yelina", indicandomela. Era una donna di bell'aspetto, con capelli neri e uno sguardo un po' stanco, forse per il lavoro, ma con un sorriso stampato in faccia. Stava parlando con un ragazzo dai capelli neri e ricci, mostrando un foglio. Provai ad avvicinarmi a lei, ma Atlante me lo impedì, appoggiando saldamente la mano sulla mia spalla e costringendomi ad arretrare. Lo guardai con una faccia confusa e lui rispose: "Meglio di no oggi per le presentazioni, è abbastanza nervosa." Non dissi nulla, non sapevo cosa dire, pensai solo: "Dannata timidezza." Allora Atlante iniziò di nuovo a camminare e io lo seguii, dirigendoci verso l'uscita. Arrivati davanti al grande cancello, mi voltai verso di lui che mi stava accanto, fissandogli il viso in attesa che mi parlasse. Passarono alcuni minuti e notai che il suo sguardo era rivolto verso la piazzetta, dove si trovavano dei bambini. Sul volto aveva un piccolo sorriso, appena accennato ma gradevole. Poi girò la testa e si rivolse a me: "Ci vediamo alle 20:00 di questa sera, va bene? Ci sarà la suddivisione in squadre." Accennai un sì con la testa, lo salutai varcando il cancello. Fuori, c'era un'auto nera che mi attendeva per riportarmi a casa; era l'autista dei miei genitori. Arrivammo a casa superando il cancello che dava accesso ai giardini e, mentre l'autista parcheggiava l'auto, gli chiesi se potessi scendere per dirigermi verso casa. La casa è spaziosa, con due piani e tre appartamenti. Io preferisco stare al piano di sotto, dove si trova il grande giardino. Entrando, si trova un salone molto spazioso; sul muro c'è una televisione e di fronte a essa c'è un divano di colore beige, accanto al quale ci sono dei pouf dello stesso colore. Sopra di essi si trovavano dei fogli.
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La stanza in sé era molto bella e iniziai a incamminai verso la mia camera, superando il corridoio pieno di quadri con foto di famiglia, ed entrai chiudendo la porta dietro di me. Oggi era sabato, e come al solito avevo la mia lezione di francese. Presi il mio zaino e ci misi dentro il computer, il quaderno e l'astuccio verde che avevo preso dalla mia scrivania. Non era gigantesca, ma abbastanza grande per studiare. Sopra di essa c'era anche una lampada bianca che usavo la sera per studiare. Prima di uscire dalla stanza, guardai la foto appesa al muro sopra la scrivania e il ricordo tornò vivo nella mia mente. Quando la guardo, non so mai cosa fare: stracciarla, tenerla o conservarla? Spesso penso: "È il mio passato non devo rimuginarci troppo." Uscii dalla stanza con l'immagine della foto impressa nella mente.
CIAO RAGHY! QUESTO È SOLO L'INIZIO DI QUESTA STORIA. IRIS È SOLO UNA RAGAZZA NORMALE? COSA SI TROVA IN QUELLA FOTO? MA SOPRATTUTTO, COSA INTENDE CON "È IL MIO PASSATO"? (QUESTO È IL NOSTRO PRIMO LIBRO IN ASSOLUTO, QUINDI ABBIATE PIETÀ DI NOI, VI PREGO 😭). SPERO DI PUBBLICARE IL PROSSIMO CAPITOLO ENTRO LA PROSSIMA SETTIMANA. GRAZIE PER LA VOSTRA FIDUCIA 🥺❤️. NON VI DELUDEREMO 😏👌. CIAOOO!
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Amore tra bambini ~Vol1 (Iris)
RomanceÈ CONSIGLIABILE LEGGERLO PRIMA DI AVER LETTO QUELLO DI SOL.