Vino (Kagekao x OC)

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• Leggero nsfw tipico delle creepypasta
• Prima persona
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Credetti di svegliarmi ma vidi completamente nero, esasperata mi voltai intorno e neanche una piccola luce raffiorava.
Dove mi trovavo?
Percepivo aria fredda provenire di fronte a me, mi tagliava la pelle come rasoi per poi perdersi e produrre quel fastidioso e sinistro suono simile a un lamento. Quindi stava sbattendo contro un qualcosa come una parete.

Ero seduta a una sedia ma non avevo né braccia né gambe legate, in questi casi si penserebbe a una imminente fuga se non fosse per la mancata vista che mi svantaggiava parecchio; sentii dei passi, ero in trappola.
Chiusi nuovamente gli occhi rintanandomi col volto chino verso il basso ma una raccapricciante risata mi fece trasalire e alzare involontariamente la testa. La sentivo forte di fronte a me e ciò valeva dire che qualcuno si trovava lì ad osservarmi, tanto lo invidiavo per la fortuna di poter utilizzare gli occhi.

Accese una candela e la pose di fianco a me permettendomi di scorgere un quarto della stanza: aveva tutta l'aria di essere una cantina, o roba simile: c'era odore di muffa e umidità e le pareti promettevano una superficie ruvida e trasandata, alcuni pezzi di parete scrostati a terra.

Per ultimo posai lo sguardo sulla persona che mi aveva rapita e rabbrividii.
Indossava una maschera molto inquietante che mi colpì tanto da notare solo in seguito che aveva anche una folta sciarpa fatta girare una sola volta attorno al collo. La scarsa luce mi permise di distinguere ancora solo una maglietta nera e basta.

«Ti prego... Dimmi cosa vuoi da me...» Riuscii a prender coraggio e tirar fuori alcune parole che furono futili alle sue orecchie. Non arrivò alcuna risposta e si limitò a fissarmi.

La sua maschera era ambigua, tutto quel tempo a fissarla mi fece passare il senso di terrore in essa e il mio sguardo inorridito mutò in uno glaciale e catatonico.
Essa era dipinta di due colori, bianco e nero, i quali la tagliavano per metà in due bande verticali. Nella parte scura era delineato un mezzo sorriso mentre l'opposta mostrava un mezzo broncio. Mi chiesi se effettivamente potesse vedermi da due misere fessure.

D'un tratto si alzò da terra e si volse verso sinistra intento ad arrangiarsi con qualcosa, sicuramente un'arma con la quale trafiggermi, dissossarmi, bruciarmi, strozzarmi o altre pratiche simili, ovviamente.
Mi abbandonai al solo funzionamento delle orecchie e percepii suoni fini e ben distinguibili come una bottiglia appena stappata ed il suo succo versarsi all'interno di un bicchiere.
Altro senso attivo, l'olfatto: ciò sembrava vino. Come poteva bere con quella maschera addosso? Infatti sentii che la tolse e la poggiò sulla sedia di fronte alla mia sulla quale era seduto lui prima, per poi tornare al suo bicchiere.

Non ero più spaventata, magari stranita. Come mai ci stesse mettendo così tanto tempo a farla finita con me non lo sapevo. Se non si trattava di un assassino voleva qualche riscatto?

Tentai nuovamente di muovermi, le gambe stavano cominciando ad intorpidirsi ed ero troppo scomoda in quella posizione.

Mi alzai finalmente da quella sedia e azzardai a prendere la candela per potermi fare luce nella stanza. Mi voltai verso di lui ed era ancora girato di spalle verso una finestra con le tapparelle chiuse.

Realizzai che non fosse una cantina, bensì un ripostiglio, ad una certa altezza di un palazzo. Dopo aver alzato le tapparelle della finestra, scorsi tetti di altri palazzi che si presentavano al panorama.

Lui era lì, intento ad osservare il cielo notturno, col suo bicchiere di vetro in mano che dondolava dalle dita delicatamente.

Mi avvicinai anche per guardarlo in volto ma appena fui dietro di lui si girò nuovamente verso la bottiglia di vino e ripeté il gesto con un altro bicchiere. Capii che non voleva farsi vedere così rinunciai.

Guardai fisso al di là della finestra quando notai la sua pallida mano tendermi un bicchiere colmo di vino rosso.

Lo bevvi lentamente gustando il sapore rimasto intriso sulle labbra, lo raccoglievo con la punta della lingua.

Era così che avrei trascorso gli ultimi istanti della mia vita? Provando a ubriacarmi?

Finii tutto il vino nel bicchiere e lo poggiai sul tavolino senza dar peso alla mia curiosità di alzare lo sguardo per intravedere il suo, però riuscii a percepire il fiato corto e la sua stretta pressante sul bicchiere come se fosse in ansia per qualcosa, quando quella sarei dovuta essere io.

Decisi di sciogliere quel lungo silenzio e tentare nuovamente un altro dialogo mancato, puntando gli occhi alla luna piena.

«Se vuoi uccidermi questa è la serata perfetta. Il dolce e caldo sapore del vino cosparso nel corpo che rende di più al palato e la flebile luna che illumina il mio candido corpo danno una sensazione di pacatezza, adatti a rilassarmi e attendere il mio bizzarro destino; in fondo, non saprei come cambiarlo, ormai è segnato», esposi liberamente quel flusso di pensieri e l'estetica con cui li descrissi ringraziò la mia lucidità ormai persa chissà dove.

Speravo fosse un sogno di merda. Non volevo morire così.

Ma poi le sue gelide mani pressarono sul mio collo, lui mi buttò poi a terra e si sedette a cavalcioni su di me. Il collo violaceo in contrasto con le sue pallide mani. Esalai inutili richieste di aiuto ma terminò lì, non avevo più forze e l'alcol stordì tutto il mio corpo lasciandomi totalmente andare a pezzi.

𝐎𝐍𝐄-𝐒𝐇𝐎𝐓𝐬 • 𝓹𝓮𝓻 𝓽𝓾𝓽𝓽𝓲 🦋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora