Capitolo 1.5 - La chiamata di un'ignota

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Avevo lasciato Rhino-14 e Matt McCree alla Torre per occuparsi del funerale di Gimmy. Io invece tornai da Eris per informarle della temporanea pace conquistata sulla Luna. Proprio in quel momento, ricevetti qualche informazione in più dalla mia maestra Ikora circa Venere e la sua regione più importante, il Bacino di Ishtar. Dovevo essere abbastanza forte per evitare di morire in battaglia com'era successo nel Tempio di Crota, perciò mi recai alla bancarella di Banshee-44 per rifornirmi di armi più potenti.

Il giorno dopo, ero pronta a partire.

Ora, dal momento che il pianeta era sì vivibile ma disabitato e trascurato dopo il Crollo, non potevo certo scendere a terra senza protezioni

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Ora, dal momento che il pianeta era sì vivibile ma disabitato e trascurato dopo il Crollo, non potevo certo scendere a terra senza protezioni. Certo, il Viaggiatore aveva trasformato Venere in un pianeta-giungla, ma il pericolo di ustionarmi con le sue piogge acide era grande.

— Mettiti il casco prima di uscire. – mi aveva detto lo Spettro – La puzza di zolfo che c'è qui ti soffocherebbe.

Atterrammo al Capoterra durante un temporale, sferzato di quando in quando da tuoni, dietro la cornice di una città in rovina all'orizzonte. I fulmini nel cielo giallo-verdastro tagliavano in due le nubi come un coltello di luce, mentre su in picco vidi una magnifica statua della Vittoria alata con lo sguardo rivolto verso il mare color ruggine.

Tanto tempo prima qui sorgeva una colonia, presumibilmente scientifica data la presenza del celeberrimo Collettivo Ishtar. Scuole, laboratori, biblioteche... scienziati e professori solevano studiare le antichissime rovine più a valle, ritenute persino antecedenti alla civiltà umana. Purtroppo, con così tanto sapere sepolto sotto la superficie, tutto il Bacino era diventato il terreno di caccia preferito del Casato dell'Inverno, una fazione di caduti riconoscibile dagli stendardi blu.

Dopo aver essermi allontanata di cinquecento metri dalla zona di atterraggio, nei pressi nella Costa Devastata, mi ritrovai nel cortile di una vecchia scuola, quella con la statua angelica al centro dello spiazzo, ma lo spettacolo che vi trovai non era dei migliori. Qualcuno era già passato da quella parte, c'erano segni di lotta e cadaveri di caduti sparsi tra le carcasse arrugginite delle auto abbandonate. Era palesemente un guardiano, a giudicare dai molti corpi fatti a brandelli e dai segni di bruciature di Luce, compatibili con... frecce? Frecce di Luce del vuoto, secondo le scansioni del mio Spettro. Forse era un'abilità dei guardiani a me sconosciuta?

Non mi preoccupai molto e proseguii. Lo Spettro mi suggerì di esaminare i computer dell'avamposto che si affacciava sul mare, ai margini di una ripida scogliera. Guardandomi intorno capii di essere finita nell'accampamento del misterioso guardiano del vuoto; dall'attrezzatura si capiva benissimo che si trattava di un cacciatore. E, se devo essere sincera, un filino ossessionato col colore nero e il gotico. Ma doveva anche essere un sentimentale, perché la sua "firma" era il disegno di una rosa... nera, ovviamente.

— Hai idea di dove possa essere andato il proprietario di quest'accampamento? – chiesi allo Spettro, mentre esaminava il computer lì vicino.

— No, ma sto scaricando un sacco di informazioni su delle creature chiamate "vex". – rispose lui, senza staccarsi dal macchinario.

DESTINY: La storia di Irina - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora