Quando avevo comunicato a mia madre l'intenzione di tornare a Cooper Center, lei mi aveva informato che l'appartamento era rimasto disabitato per un po' e che prima era stato affittato per diversi mesi a due pescatori della zona.
Poco male, mi ero detta, varcando la porta d'ingresso e mollando le valigie dove capitava.
In effetti, non mi era apparso così disastroso.
Dopo le prime settimane, al caos preesistente si era aggiunto quello creato da me, che tutto ero meno che una persona ordinata.
Quel giorno, rientrata a casa la mia euforia, attivata dalla prospettiva di una cena con Ethan, ebbe una brusca battuta d'arresto.
Non era una situazione tragica, era qualcosa di molto peggio. Era impossibile trovare le parole giuste per descrivere il campo di battaglia e di devastazione in cui avevo trasformato quel grazioso appartamento.
Il mio sguardo disperato vagò dai cuscini ammassati sul divano, alle scarpe abbandonate un po' ovunque in salotto, a oggetti di cui non conoscevo l'utilità buttati alla rinfusa. Senza considerare la polvere depositata a tempo indeterminato sui mobili.
Non potevo ignorare lo stato di abbandono in cui avevo lasciato ogni stanza. Cominciai a mettere in ordine, pulire, lavare, nascondere nei cassetti, sotto il tappeto, negli armadi. Non riuscivo più a fermarmi. Dovevo assolutamente rendere quell'appartamento presentabile e con esso, anche me stessa.
Dopo diverse ore di lavoro senza sosta, mi fermai col fiato corto. Osservai di nuovo gli ambienti e ciò che vidi mi soddisfò.
Sembrava finalmente che la casa avesse riconquistato un aspetto gradevole.
Iniziai a godermi il mio momento di trionfo per un'impresa compiuta contro tutte le probabilità. E, mentre mi beavo della vista del mio nuovo regno ordinato e pulito, non potei fare a meno di pensare che, forse, tutto quello sforzo non sarebbe stato apprezzato. Avevo ancora molta paura che Ethan non si presentasse all'appuntamento. E non potevo biasimarlo. Era trascorso molto tempo, eppure non avevo la certezza che le sue ferite fossero rimarginate e che mi avesse perdonato.
Scossi la testa come se volessi allontanare una fastidiosa zanzara e con un sospiro di leggero divertimento, mi ritrovai di fronte alla cabina armadio. Ero pronta ad affrontare quella selezione caotica di abiti.
Volevo il vestito perfetto.
Con un gesto teatrale, spalancai del tutto le ante. Avevo l'entusiasmo alle stelle. Fissai con sguardo critico la varietà di tessuti e colori presenti, compresi subito che la scelta non sarebbe stata facile né indolore. Un abito a righe colorate fu il primo a cadere sul letto, seguito da un vestito nero elegante che sembrava un po' troppo formale per l'occasione. Feci una smorfia e lo gettai dietro di me. Poi venne il turno di una serie di abiti dallo stile più casual, alcuni con motivi floreali, altri con stampe audaci. Li scartai uno dopo l'altro, come se cercassi di sfidare il destino a offrirmi la soluzione perfetta.
«Fatti sotto! E questo me li chiami vestitini per far colpo? Forza, fammi vedere qualcosa di meglio!», mi misi a gridare appena ebbi raggiunto la vetta del mio personale livello di sclero.
Raccolsi da terra un abito blu elettrico che sembrava davvero promettente, ma quando lo indossai notai che il colore non mi donava come avevo sperato.
Con un sospiro di frustrazione, iniziai a tirare fuori vestiti più eleganti, augurandomi di trovarne almeno uno in grado di catturare l'atmosfera giusta per la cena. Un abito lungo color crema attirò la mia attenzione, ma quando me lo infilai, sentii che non era adatto per quell'incontro. Provai allora un vestitino rosso scuro che mi faceva apparire più sicura, forse troppo. Non volevo sembrare aggressiva. Quindi, scartai anche quello.
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HANSEL E STREGHEL SUGLI APPALACHI
Paranormal**SEQUEL di Alaska Amore e Orsi Mannari** Emma Thompson, diciottenne dal cuore avventuroso e dal trascorso tormentato, non ha mai dimenticato il mistero che ha risolto tre anni prima: la leggenda di un orso mannaro che terrorizzava le terre selvagge...