Il soffio del vento si era spento, lasciando il posto a un'atmosfera stagnante e soffocante che aggravava la fatica della ricerca. Ero immersa in un abbraccio umido e vischioso; il sudore m'incollava la canotta al corpo, facendola aderire come una seconda pelle. Il fruscio delle foglie, carezzate da un alito tiepido di notte, si tramutava in un sussurro spettrale e fragile, quasi soffocato dalla pesantezza dell'aria calda.
Avanzammo tra i sentieri, illuminati solo dalle torce. La luce fioca rendeva ogni tronco d'albero un possibile nascondiglio, mentre fastidiosi insetti notturni ci volteggiavano intorno. Sentivo riecheggiare nel vuoto la mia voce disperata, resa stridula dal pianto soffocato.
«Ethan!»
Il grido si perdeva nelle tenebre della notte, risuonando tra le colline circostanti. Il calore piacevole del giorno era davvero diventato un vero incubo e il frinire delle cicale si era trasformato in una inquietante colonna sonora da film horror.
Frank si fermò bruscamente, facendomi scivolare contro la sua schiena.
«Cosa succede?» chiesi, preoccupata.
«Niente, ma aspettatemi qui. Torno subito. Non muovetevi, capito?»
«Dove vai?!» esclamò Louise isterica.
«A prendere un fucile», rispose lui, «Non possiamo continuare a cercarlo disarmati. Non ho mai usato un'arma da fuoco, ma credo che sia meglio averne una con noi».
«Ottima idea», concordai, «Va' e torna presto. Non preoccuparti, so io come usarlo».
Lo vedemmo correre verso l'accampamento e sparire nella vegetazione.
«E adesso?» domandò Louise terrorizzata.
«Non lo so» confessai «Aspettiamo».
Restammo in attesa in un silenzio che sembrava eterno. Poi, notammo una figura umana longilinea emergere tra i cespugli. Era Frank con il fucile in mano che avanzava con passo incerto e goffo tra le ombre che si muovevano sfuggenti sotto i piedi nudi. Quando raggiunse la mia fonte di luce, vidi che la sua fronte era solcata dal sudore. L'arma sembrava un peso estraneo e fastidioso tra le sue mani tremanti. Sulla spalla portava un altro oggetto, altrettanto pesante.
«Cos'è quello?» chiesi, indicando dietro di lui.
«Ho portato anche la telecamera. Prendila tu, Louise».
«Hai preso la telecamera e non le scarpe?» domandai sconcertata.
Lui non rispose, ma era evidente che fosse in imbarazzo.
La biondina afferrò lo strumento e se lo sistemò a tracolla. Poi, avanzò con passo sicuro e la telecamera accesa a illuminare il buio circostante. Notai con stupore quanto quel semplice strumento tecnologico la facesse sentire più protetta, nonostante non fosse un'arma di difesa. In qualche modo, sembrava trarre conforto dal tenere quell'oggetto tra le mani, come se fosse per lei una sorta di copertina di Linus.
Proseguimmo e più le lancette delle ore giravano, più il mio respiro affannato echeggiava nell'aria e la paura che mi pervadeva era più evidente.
Il bosco, palpitante di vita, era diventato inospitale. Ogni tanto, qualche animaletto non identificato scivolava via sotto i nostri piedi, aggiungendo un tocco di palpitazione di cui non sentivamo la necessità. Il buio, la tensione nell'aria e la sensazione di essere osservati facevano sì che ogni passo fosse un passo verso l'ignoto. La ricerca di Ethan si stava trasformando sempre di più in un percorso angoscioso all'interno di un labirinto di ombre sotto una regia che mi appariva sempre di più quella invisibile della Strega.
STAI LEGGENDO
HANSEL E STREGHEL SUGLI APPALACHI
Paranormal**SEQUEL di Alaska Amore e Orsi Mannari** Emma Thompson, diciottenne dal cuore avventuroso e dal trascorso tormentato, non ha mai dimenticato il mistero che ha risolto tre anni prima: la leggenda di un orso mannaro che terrorizzava le terre selvagge...