Capitolo 12.1

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R I C C A R D O

Saliamo sulla sua moto dopo esserci cambiati, mi ha detto di vestirmi sportivo e di mettere le scarpe più comode che ho. Non so dove stiamo andando ma il tragitto è più lungo di quanto pensassi. Viaggiamo per più di cinquanta minuti, evitando però il traffico dell'autostrada con facilità.

Noto un cartello con scritto "FROSINONE" e capisco perché il viaggio è così lungo. Continuiamo il nostro tragitto e vedo che si dirige verso il centro della città, parcheggia e mi fa cenno di scendere. Entra solo lei in quel negozio che noto sia di vestiti e ne esce, dopo svariati minuti, con due buste in mano.

Senza dire niente mi sorride e si rimette il casco, mi fa cenno di rimontare e partiamo nuovamente.

«Siamo arrivati!» esclama sotto il casco rallentando e accostando la moto in un parcheggio riempito di macchine.

Mi guardo intorno, siamo immersi nella natura, riesco a sentire gli uccellini cinguettare, le foglie che si muovono al passare del vento e lo scorrere dell'acqua affianca gli altri suoni.

Mi levo il casco e mi godo il vento fresco che mi colpisce il viso, mi sistemo i capelli, sicuramente spettinati, e li riapro non appena sento prendermi la mano.

Beatrice mi sorride raggiante, il sole le illumina il volto, i capelli scuri sono ancora legati in una treccia ormai rovinata, i suoi occhi sono socchiusi per colpa della luce. Non si è neanche truccata eccessivamente, ha solo usato un po' di mascara per evidenziare i suoi occhi.

Le stringo a mia volta la mano, mentre la sua libera afferra una delle due buste dicendomi «spero sia della tua taglia» e me la porge. Io le lascio per un piccolo attimo la mano così da riuscir a tenere per bene la busta e ne tiro fuori un costume a pantaloncino blu.

«È bello grazie!» guardo la taglia e continuo «si è la mia taglia» dico ripiegandolo e infilandolo nella busta.

«Ma a cosa serve? Siamo a Febbraio» le domando ridacchiando.
«Be'... guarda lì» mi risponde puntando il dito verso un piccolo laghetto aldilà degli alberi.

«Siamo nel Lago di Posta Fibreno, è da un sacco che voglio venicce, ma non ne ho mai avuto la possibilità tra studio e lavoro so' sempre stata impegnata o comunque non ho mai avuto nessuno con cui pote' raggiunge questo paradiso così vicino. Ci sono un sacco di animali, possiamo fare un'infinità di attività e soprattutto, siamo in mezzo alla natura» parla facendo qualche giro su sé stessa e iniziando a saltellare come una bimba felice.

«Va bene, allora guidami».
«Di solito ci si deve venire d'estate, ma non fa niente, voglio godermi questo giorno al massimo, senza pensieri, sei con me?» chiede porgendomi la sua mano ancora avvolta dai guanti per la moto.

«Certo!» esclamo afferrandole la mano. Afferra lo zaino che aveva messo dentro il bauletto della moto, ci lascia dentro le chiavi e i suoi guanti, poi si toglie anche la tuta facendo difficoltà e ridacchio quando rischia di cadere, ma prontamente l'afferro per un braccio e la tiro su, nel farlo la spingo verso di me e io suo volto si scontra con una mia spalla.

L'aiuto a mettere tutto a posto e chiediamo a una delle donne della reception dove possiamo cambiarci per metterci i costumi sopra i vestiti. Ci indicano un piccolo edificio e ci dirigiamo verso quel luogo, apro la porta e la faccio entrare per prima, notiamo fin da subito due cartelli, uno che indica a sinistra con l'immagine di una donna e l'altro che indica a destra con l'immagine a di un uomo.

i love your deep eyes || riccardo dose, daniel d'addetta, simone pacielloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora