1: 𝐼𝓁 𝒞𝒾𝑔𝓃𝑜 𝑅𝑜𝓈𝓈𝑜 - 𝒱𝒶𝓁𝑒𝓃𝓉𝒾𝓃𝑒 𝒮𝒶𝓁𝓁𝑜𝓌

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I capitoli sono in terza persona ma si concentrano di più sull'oc scritto nel titolo :)
E sopratutto è scritto in un modo che ricordi il suo carattere, quindi anche eventuali commenti su altri pg o altro

-Hai mai pensato a com'è la morte?--No--Come mai?--Perché alla fine siamo tutti pedine di uno stesso gioco, che senso ha pensare alla mia morte se so già che ci sarà già stato qualcun altro a pensarci?-

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-Hai mai pensato a com'è la morte?-
-No-
-Come mai?-
-Perché alla fine siamo tutti pedine di uno stesso gioco, che senso ha pensare alla mia morte se so già che ci sarà già stato qualcun altro a pensarci?-

15 Novembre
Ore: 12.35 a.m.
Un'huntaria dai lunghi capelli lunghi biondi e gli occhi violacei nota un'insegna.
Sull'insegna, è raffigurato un animale un po' particolare. Un cigno di colore rosso spicca sullo sfondo in legno bianco. Ai piedi del portone, un tappeto completamente bianco che, per non essere incoerenti, ha raffigurato un cigno.

L'huntaria sorride. Il suo nome è Valentine Sallow.
Ricca famiglia, bellezza da far schifo e supponenza da vendere.
Con lei, una Seret di nome Adley.
Tra le scaglie bianche dell'animale risaltano le poche colorate.
Cammina fieramente accanto alla sua padrona, entrambi con una postura perfetta.

Non era stato facile raggiungere Tiboko, ormai i ponti tra i vari continenti sono quasi del tutto chiusi, ma, corrompendo qualche agente della marina e non, Valentine se l'era cavata benissimo.

E con le armi a portata di mano, una postura perfetta da cui comunque trapela una vaga agitazione, apre la porta del locale.

Il posto è semi vuoto, probabilmente apre solo di sera.
All'interno si distinguono due figure, una ad un tavolo e uno dietro il bancone.

L'ansia di Valentine svanisce non appena le vede, nessun Huntaria, solo un tizio con un braccio rotto e una sottospecie di elfa, almeno all'apparenza, che gioca in modo annoiato con una forchetta.
Cammina dritta davanti a sé e mostra in modo a dir poco teatrale la lettera ricevuta qualche mese prima.

"Ne sapete qualcosa?" chiede, il tono non trapela emozioni.
L'elfa alza finalmente gli occhi dalla forchetta.
Sorride, è un sorriso un po' strafottente.

Si alza, conficca con forza il pezzo di metallo sul tavolo, e non stacca mai per un momento gli occhi da quelli violacei di Val.
"Non osare conficcare nient'altro sui miei tavoli" ha parlato il barman ma nessuna delle due presta attenzione.
"Era ora che uno di voi arrivasse, sei la prima di dodici" "E questo dovrebbe interessarmi?" "Dipende da quanto ti interessano le persone a cui dovrai affidare la vita"

Rumore della porta che si apre. Nessuna delle due osa interrompere il contatto visivo, è diventata quasi una sfida.
"Scusate per il ritardo" è una voce maschile, molto giovane. Il respiro affannato fa breccia nel silenzio della sala.

Il barista sorride leggermente appena lo vede, sembra un sorriso compassionevole.
La ragazza interrompe il contatto come se niente fosse e va verso il ragazzo.
Val si gira e i suoi occhi incontrano la figura.
La sua espressione non cambia, un altro Demos, possibile che qui a Tiboko fossero così comuni?

𝕮'𝖊𝖗𝖆 𝖑𝖆 𝖕𝖆𝖈𝖊, 𝖚𝖓𝖆 𝖛𝖔𝖑𝖙𝖆, 𝖆 𝕸𝖊𝖓𝖎𝖊 - Storia a OcDove le storie prendono vita. Scoprilo ora