Quando Simone rientra in camera, dopo una bella doccia rilassante, con solo un telo bianco legato in vita, trova il suo ragazzo seduto sul bordo del letto con un'espressione accigliata in viso. Essa scompare nel momento in cui questo gli si avvicina, afferrandolo per i fianchi parzialmente nudi e lo guarda dritto negli occhi. "Sei solo mio Simo, vero?" Il più alto lo osserva perplesso. "Ancora Vale? Si, sono solo tuo" dice esausto, più per accontentarlo che per reale sentire.
Hanno discusso quasi tutto il pomeriggio in giardino, poi in camera, col rischio di farsi ascoltare pure dagli amici. Simone è stanco, vorrebbe solo tornare a Glasgow, magari stare un po' da sua madre, oppure andare a Roma da sua nonna e suo padre a Villa Balestra. Vorrebbe staccare un po' la spina da tutto e forse in questa accozzaglia di fonti di stress, è compreso anche il suo fidanzato. In realtà, se deve essere sincero, non ne può più della gelosia di Valerio verso qualsiasi essere di sesso maschile che respira e che gli ronza, secondo lui, troppo attorno. Sospira e sposta le mani del ragazzo dal suo corpo. "Scusa mi devo vestire" "Perchè dovresti?" gli chiede quello con fare malizioso, tornando a tastare i suoi fianchi. "Vale, per favore! Non mi va, sono stanco, voglio solo dormire e tornarmene a casa domani." Il ragazzo pare percepirla tutta la sua distanza, ma non ne fa un dramma, o almeno così pare. "Va bene" si arrende.
Simone si cambia svelto, indossando un semplice pantalone bianco di lino e una maglia leggera al di sopra. Si sistema un po' i capelli, senza troppo impegno e recupera poi il suo pacchetto di sigarette dallo zaino nero. Non è abituato a fumare di solito, ma in casi estremi quando i suoi pensieri diventano troppo pesanti da sopportare, decide che una sola sigaretta non gli farà male.
"Dove vai scusami?"
"Scendo a fumarmi una sigaretta"
"Non avevi detto di essere stanco?"
Sbuffa esausto. "Ho solo voglia di andarmi a fumare una sigaretta per fatti miei, posso o devo avere il tuo permesso prima?"
Valerio schiude le labbra come sorpreso da quella risposta tanto acida e brusca. "Fai come ti pare"
"Bene, ciao!"
Non prende neppure l'ascensore il corvino, preferisce le scale perchè si sente irrequieto e triste e se si ferma anche solo per un secondo, è convinto che potrebbe scoppiare a piangere da un momento all'altro e non saprebbe poi come rimettere insieme i pezzi di sé. Esce fuori, si dirige verso la piscina, si siede sul bordo con le gambe penzoloni e i piedi nudi nell'acqua. Prima o poi deve fermarsi, deve sostare. Si accende la sigaretta e inspira. Calma. Silenzio. Quell'angolo lì, gli ricorda un po' la villa dove è cresciuto, con i suoni della natura, gli alberi intorno e la stessa quiete. Manca solo qualcosa. O meglio qualcuno.
Forse una parte di sé, la sua metà mancante.
Continua a fumare e gli pare ridicolo il gesto spontaneo e istintivo di porgere la Marlboro rossa alla sua destra, come se ci fosse qualcuno lì pronto a prenderla tra l'indice e il medio. Ride, ride di sé. E' come se il suo corpo non si fosse mai abituato alla mancanza del maggiore, è come se continuasse sempre a cercarlo, a sporgersi nella sua direzione anche se di lui non c'è traccia. Solo un grande vuoto, soltanto un rumoroso e fastidioso silenzio che gli fa un male cane, che gli squarcia il petto. La sua mente, invece, è come se nel tempo avesse creato una barriera tra il passato e il presente, tra se stesso e Manuel. E in qualche modo forse lo ha fatto illudere di poter andare avanti. La mente a volte gioca brutti scherzi, ti fa credere delle cose che non rispecchiano la realtà. Il corpo è diverso, perchè esso percepisce stimoli e mancanze, prima della mente. Essa è una mente che mente a se stessa. Il corpo non racconta mai bugie. Il suo, in quel frangente, ne brama un altro accanto, le cui traiettorie conosce a memoria e i cui punti deboli li ha impressi nella testa, seppur grazie ad una sola notte di passione. Crede che sia ancora la più bella della sua vita. Simone ricorda tutto perfettamente: il modo in cui si sono osservati con i respiri pesanti e la maniera quasi animalesca in cui poi quei respiri li hanno fusi in un unico. Accarezza con la mente quelle immagini ancora vivide e se si concentra un poco, se chiude gli occhi, le percepisce le mani di Manuel sulle sue spalle che cercano lembi di pelle da graffiare con le unghia e da marchiare, mentre lui lo tiene su contro una parete e si spinge dentro il suo corpo stretto, ma allo stesso tempo accogliente, bevendo i suoi gemiti direttamente dalla loro fonte.
STAI LEGGENDO
Amore che vieni, amore che vai
FanfictionDopo undici anni di silenzio, Simone e Manuel si ritrovano al matrimonio di Matteo e Chicca. Un bacio e un passato al liceo li legano, ma i non detti li hanno separati. Ora, tra Glasgow e Berlino, riusciranno a riscoprire ciò che hanno perso? Picc...