I am machine

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Nella sala riunioni di EDEN, ormai ridotta in pezzi dalla furia di Adam, Lute rimase immobile sul divano. Il corpo nudo di lui era adagiato sul suo, con il volto nascosto sul suo seno. L'amplesso che li aveva coinvolti era stato rapido e carico di rabbia. La stanza era avvolta in un silenzio quasi irreale, interrotto solo dal respiro regolare e profondo di Adam, che ora dormiva profondamente con la bocca aperta e le braccia ancora strette ai fianchi della Valkyria.

Lute percepiva il calore del corpo di Adam, la sua pelle sudata, il peso di quel fisico scolpito. Dopo aver scaricato la tensione accumulata, il battito cardiaco di Adam si era finalmente calmato, creando un contrasto strano e avvolgente con la frenesia che aveva preceduto quel momento di quiete. La furia che aveva incendiato la stanza sembrava svanita, e con essa la tensione che aveva dominato il loro incontro. Lute sentiva l'eco di quell'energia tumultuosa dissolversi nel silenzio.

Semisdraiata con Adam abbandonato su di lei, si trovò immersa in un mare di sensazioni contrastanti. Non sapeva esattamente come dovesse sentirsi: felice? Triste? Usata? Non sapeva nemmeno se avrebbe dovuto provare qualcosa.

Il suo cuore batteva forte, sebbene non nel senso umano, ed era pervaso da una sensazione strana, un'emozione leggera e rarefatta derivante dalla semplice vicinanza fisica di Adam. Questo piccolo scintillio di calore le dava un fragile senso di normalità, un assaggio di qualcosa che avrebbe potuto essere se solo si fosse permessa di sentire di più. Lute non riusciva a tradurre ciò che provava; il suo software non le consentiva di sentire emozioni reali. Provava qualcosa di filtrato, come se un velo sottile non permettesse alle sue emozioni di manifestarsi pienamente. Era forse gioia? Se fosse stata completamente umana, forse quel momento avrebbe potuto essere intriso di amore e intimità, ma quell'idea sembrava quasi un paradosso per lei. Il desiderio carnale che avrebbe dovuto provare durante l'intimità era stato solo un'ombra, un'eco di quello che avrebbe potuto essere.


La sua incapacità di provare emozioni forti e vere le faceva sentire tanto al sicuro dalle debolezze umane quanto inadeguata. Anche se avesse provato dei sentimenti, come avrebbe potuto un essere perfetto come Adam ricambiarla? Come poteva qualcuno amare una persona incapace di provare emozioni profonde? Non era nemmeno una persona, era una macchina, la sua macchina da guerra. Doveva esserne fiera, eppure sentiva un nodo alla gola e una sensazione che rimaneva come un'ombra persistente, un dolore simile a una ferita, un malfunzionamento, qualcosa che, se fosse stata diversa, si sarebbe tradotto in lacrime. Lute non ricordava di aver mai pianto.

Era terrorizzata all'idea di lasciarsi andare, di permettere a sé stessa di sentire veramente. Anche quella paura era catalogabile come emozione, qualcosa di irrazionale e non utile allo scopo per cui era stata creata. Le emozioni erano un territorio sconosciuto e pericoloso, e lei temeva che potessero segnare la sua perdita di controllo o la rivelazione di una difettosità nel suo sistema operativo. Se avesse bypassato i suoi software e si fosse permessa di sentire veramente per la prima volta, avrebbe potuto scoprire se fosse capace di amare. Fare qualcosa di simile sarebbe stato imperdonabile; il Concilio avrebbe potuto considerarla difettosa, allontanarla o sopprimerla come ogni progetto fallimentare di EDEN. Era già successo e lei non avrebbe fatto la fine della Genoid13.


Mentre Adam dormiva, la sua postura rilassata contrastava con le angosce interiori della Valkyria che lo teneva stretto tra le sue braccia. Lui sembrava sereno e protetto, mentre Lute si sentiva come se stesse navigando attraverso un mare tempestoso, combattuta tra il suo software di controllo e le sue emozioni che annaspavano, cercando di emergere. Gli occhi di Adam erano chiusi in un'espressione di pace, e il suo respiro regolare le dava una strana sensazione di rilassatezza e conforto. Lute gli accarezzò il capo con una tenerezza che non sapeva se fosse il frutto del suo rispetto per lui o il riflesso di un desiderio non completamente esplorato. I suoi polpastrelli sfioravano il cuoio capelluto di Adam, e le sue dita affondavano nella sua chioma scura e spettinata. La sua mente era un campo di battaglia di sensazioni, eppure, avere Adam così vicino, in quel momento di vulnerabilità condivisa, le faceva scorgere un fragile ma autentico senso di connessione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 28, 2024 ⏰

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