Capitolo IV

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Harper

Il mondo intorno a me inizia a vorticare.

Spirali di colori e suoni mi avvolgono in modo confuso e io confusa mi guardo intorno, girando e rigirando su me stessa, provando a vorticare anche io, ma no: sono ferma.

Compio un giro di trecentosessanta gradi, barcollando sulle gambe, e ritorno a guardare lì, e il mondo intorno a me scompare.

Non c'è nient'altro al di fuori del ghigno che mi rivolge.

Nient'altro se non il taglio all'ingiù dei suoi occhi, sollevati da quelle due rughe sotto il destro.

Nulla se non lui, che mi invita ad avvicinarmi.

Niente oltre al ricordo delle mie gambe strette al suo busto e le sue avide mani contro i miei glutei.

Nulla se non io, che provo a divincolarmi.

E di nuovo provo a correre.

A scappare dal suo tocco, a sfuggire ai suoi occhi.

I rumori sono sovrastati da grida soffocate da palmi inquieti; e all'improvviso una voce, che rimbomba e rimbomba della mia testa.

Mi dice solo una cosa.

Mi devo ripulire.

E di nuovo provo a scappare e, nel caos, inciampo su un sasso.

Ma anche cadere non mi riesce bene, perché subito sento una stretta al braccio al posto della ruvida ghiaia spalmata sul viso.

Un petto caldo che mi avvolge e una carezza sui capelli, una fragranza fruttata e sensuale avvolge l'aria, e non l'odore metallico del sangue.

Sento una voce morbida al posto del ronzio dovuto all'impatto con il suolo.

Qualcuno mi sussurra.

<<Stai attenta, potresti farti male>>.

Peró per me ora non c'è più nulla.

Solo il silenzio.

...

La prima cosa che vedo quando riapro gli occhi sono le stelle che luccicano nel cielo.

E sono quegli occhi verdi l'unica cosa che vedo prima di capire che mi trovo inginocchiata per terra, di nuovo.

Ancora lui?

<<Ti senti un po' meglio?>>

È questa l'unica voce che riesco a sentire, perché ora, tutto il trambusto, è solo in lontananza.

O forse è sempre e solo stato nella mia testa.

Ignoro la domanda.

<<Dove sono?>>

Mi guardo intorno nel buio e per lo sforzo le mie palpebre si assottigliano.

Ignora la mia domanda, sorridendomi.

Ma non importa, mi rispondo da sola.

<<Perché sono in un parcheggio?>>

<<Come ti chiami?>>

<<Perché ignori le mie domande?>>

<<Perché tu ignori le mie.>>

<<Non è vero.>>

<<Non era una domanda.>>

Sollevo lo sguardo per guardarlo in faccia, sta sorridendo.

Ricambia il mio sguardo, ma qualcosa nella sua espressione cambia.

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