Capitolo II

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L'asfalto liscio e bagnato fa scivolare sopra di sè le auto. Le gomme stridono contro di esso. I fanali abbagliano.

Cavalli di metallo che si impennano, si infuriano, nitriscono. Nessuno li può più dominare, sopraffare.

Nessuno, a parte loro.

I ragazzi sono i veri protagonisti di questo incontro, sono loro che ne escono vincenti o sconfitti. Loro, non le loro auto.

C'è un viavai frastornante: ragazze seminude in cerca di attenzioni, uomini disposti a dargliene anche troppe; ragazzini curiosi, fatti, ubriachi.

Il crepitio della pioggia, il rombare dei motori.

I soldi girano, le scommesse iniziano. E forse, se non fosse per quelle, nessuno ora sarebbe lì a rischiare la propria vita per guadagnarsene una più dignitosa.

Perché a correre non sono le auto, ma i loro piloti: giovani ragazzi con fegato che credono un po' troppo in loro stessi.

E corrono, perché a loro, non resta nient'altro; cavalcano, come cowboy nella notte.

Eveline

Arrivo al circuito con il fiatone e il cuore a mille.

Sono scappata di casa. Per la seconda volta da stamattina. Un vero record.

Mi sento un po' in colpa ma Rose ci ha chiesto di venire qui con lei e alle amiche non si può dire di no.

So che i miei genitori mi avrebbero punita anche se non fossi scappata, quindi tanto vale godersi al meglio la mia ultima serata in libertà. Inizio bevendo un buon Martini.

Purtroppo, per evitare che mi rinchiudessero, sono dovuta partire con largo anticipo lasciando le mie amiche senza un passaggio. Tanto so che se la caveranno.

Preferirei comunque loro fossero qui con me. Diciamo che i circuiti da corsa non sono proprio il mio habitat naturale. Anche se c'è un che di emozionante nell'atmosfera che si respira qui, qualcosa di impossibile da sentire a scuola, nei club, ne tantomeno a casa mia.

Mentre mi avvicino a uno stand-bar ambulante, il freddo mi punge tutto il corpo e mi rendo conto di aver dimenticato a casa la mia felpa rimanendo così vestita solo con una minigonna aderente e una fascia nera.

Oltre che la punizione, mi tocca anche prendere la bronchite.

Per riscaldarmi inizio a gustarmi il drink.

<<Cazzo Chase mi avevi promesso che saresti arrivato in tempo.>>

Una voce familiare mi raggiunge.

Mi volto e lo vedo. Hunter Lancaster a pochi metri da me, con il telefono appoggiato all'orecchio.

Rimango a fissarlo. Sembra parecchio incazzato.

Ha la mascella tesa e i suoi occhi sono carboni ardenti. La sua mano destra stringe il telefono con una presa poderosa mettendo in risalto le vene. Nell'altra tiene una sigaretta da cui aspira profondi tiri.

Indossa una maglia e dei jeans neri con sopra, a coprire le braccia, una giacca di pelle con dettagli rossi.

Perchè lo sto fissando?

Prima che io possa distogliere lo sguardo, i suoi occhi incontrano i miei inondandoli di calore. Per un attimo smetto di sentire freddo.

Riattacca la chiamata ignorando ciò che Chase gli stava dicendo.

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