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AMELIA POV'S:

È arrivato quel giorno.

È arrivato il giorno che odio più al mondo, l'1 ottobre.

Odio quel giorno perché è lo stesso in cui mi ricordo veramente di chi sono, di qual'è la mia vera vita, di cosa sono costretta a fare, e di come io abbia sempre vissuto col pericolo attorno.

Fino ai 5 anni sono stata ignara di quello che mi sarebbe aspettato dopo, i miei genitori non erano mai a casa, era raro cenare con loro e non con Yara.

Sapevo cosa facevano, mi avevano detto di non dirlo a nessuno a scuola perché sennò saremmo finiti nei casini, e così feci, stetti zitta.

Non feci amicizia con nessuno perché mi ero talmente abituata a sentirmi dire 'miraccomando Amelia, bocca chiusa sul lavoro di mamma e papà.'
che tenni la bocca chiusa su tutto.

I bambini pensavano fossi stramba, me ne stavo sempre in quell'angolino e parlavo a malapena quando la maestra mi chiedeva di leggere ad alta voce, ma anche lì, era raro sentirmi parlare.

Poi iniziai le medie, e pensai 'magari stavolta farò amicizia', ma non successe mai.

Le medie furono il periodo peggiore, un bambino mi prese di mira e iniziò a prendermi in giro su qualsiasi cosa facevo

il punto è che io non facevo mai nulla.

Odiavo quel bambino, era violento e lo vedevo spesso dare pugni ad altri fuori a ricreazione, ma non avevo paura di lui, perché lo conoscevo bene, era l'unico che sapeva il mio segreto.

Lo sapeva perché lui aveva lo stesso segreto.

I nostri genitori facevano lo stesso lavoro, nello stesso ufficio e iniziarono entrambi nello stesso periodo.

Il punto è che però i miei mi avevano sempre detto di star lontano da quel bimbo, forse era per questo che lo odiavo così tanto, e lui odiava me.

O forse mi odiava solo perché sapeva che ero l'unica a conoscenza della sua storia, e viceversa.

Ma il periodo peggiore non fu solo per questo, ma per mio padre.

Ho un ricordo che mi rimarrà per sempre impresso e che ancora oggi non riesco a spiegarmi, ma in quel periodo papà era particolarmente strano.

Tornava più tardi dal lavoro, spesso aveva lividi in faccia e ogni volta che gli chiedevo il perché rispondeva con 'tranquilla tesoro, sono caduto dalle scale'

ma possibile cadere dalle scale per giorni di fila?

La mamma lo aveva notato, e chiedeva anche lei stessa spiegazioni, ma ogni volta che le rispondeva finivano per litigare e non gli credeva mai.

La storia continuò, per tanto, se non ricordo male quasi due anni, fin quando la mamma morì, la sera prima del mio compleanno.

Papà cadde in depressione, l'azienda stava fallendo e l'unico modo per evitarlo era andare a lavorare con lui ma, ero ancora troppo piccola per farlo, non ero in grado di assumermi certe responsabilità.

Lo cercai di aiutare nei modi che potevo, lui non aveva più soldi e io allora decisi di mettere in vendita tutte le mie bambole per avere qualche spiccio da dargli.

Lui mi ringraziò ma non funzionò per tirargli su il morale, e io mi sentivo in colpa.

Quel bambino improvvisamente smise di prendermi in giro, dopo la morte di mia madre, non mi parlo neanche più una sola volta, ma lo vedevo che spesso mi fissava, e mi incuriosiva il suo strano comportamento.

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