3 - Segreti

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Novembre 2017

I birilli crollarono l'uno dopo l'altro, e Simon cacciò un verso di vittoria. «Strike!» esclamò, alzando anche le braccia in aria. «Alla faccia tua, Teddy.»

Il suo amico, che aveva invece appena finito di esultare per uno spare, lo placcò dal dietro e iniziò a dargli dei giocosi pugnetti nello stomaco. Simon scoppiò a ridere e provò a divincolarsi, senza successo. Teddy giocava a rugby, in confronto a lui Simon era un ramoscello.

«Te lo faccio vedere io lo strike» borbottò lui.

«Accetta la sconfitta, Jones, dovresti essere uno sportivo.»

Teddy sbuffò e lo liberò dalla presa, facendogli passare però un braccio attorno alle spalle per attirarlo al suo fianco. «La partita è ancora agli inizi, non cantar vittoria, Devon.»

«Vedremo» lo sfidò, inarcando le sopracciglia un paio di veloci volte.

Teddy gli diede un buffetto sulla guancia, e poi diede le spalle alla pista, facendolo girare insieme a lui. «Meg, dai, tocca a te!»

Appena si voltarono verso il divanetto dove Margaret era seduta, Simon incrociò gli occhi di Leo, seduto accanto a lei. Leo sostenne il suo sguardo per un attimo, e poi lo fece scorrere sul braccio di Teddy, ancora attorno al suo collo, con un'espressione che lo rese all'improvviso estremamente consapevole del tocco che si stava scambiando con il loro amico.

Era una vicinanza giocosa, non c'era niente di più dietro, eppure Simon si sentì colpevole di qualcosa che non riuscì nemmeno a comprendere. I lineamenti tirati di Leo gli fecero strisciare sotto pelle un senso di inadeguatezza e, senza rendere evidente la sua fuga, Simon si tolse in fretta il braccio di Teddy dalle spalle.

«Oh, giusto, scusate» disse Margaret, che era balzata in piedi al suo richiamo.

La ragazza si fece avanti per prendere la palla da bowling, e Simon lasciò indietro Teddy per andarsi a sedere accanto a Leo, che tornò a guardarlo per seguire pensieroso i suoi movimenti.

«Ti stai annoiando?» gli domandò, appena si sistemò sul divanetto.

Leo scosse la testa. «No, certo che no.»

Simon indicò con un cenno lo schermo sopra le loro teste, che segnava i punteggi dei giocatori della partita tra cui non compariva quello di Leo. «Non giochi.»

«Solo questa, ho bisogno di una pausa» gli disse, puntando lo sguardo verso i loro compagni di scuola, tutti ammassati vicino alla pista, in facili conversazioni e risate.

Simon annuì, e poi guardò in direzione di Margaret quando la vide fare il primo tiro.

Era un venerdì sera di inizio novembre, ed era il suo sedicesimo compleanno.

O almeno, il giorno prima aveva compiuto sedici anni, e aveva festeggiato a casa con la sua famiglia. E Leo, ovviamente, che dopo scuola era andato da lui a cena.

Quella sera, invece, aveva invitato una decina di compagni al bowling. Erano lì già da diverso tempo: avevano giocato due partite divisi in squadre, poi avevano cenato con hamburger e patatine, e ora era tornati sulla pista per farne una tutti contro tutti.

Simon si stava divertendo, aveva invitato le persone con cui era più amico, ma una parte di lui non riusciva a non preoccuparsi per Leo, che invece sembrava lì solo per fare una favore a lui.

Anzi, sapeva che era lì solo per lui: era consapevole che, in quel momento, Leo desiderava essere a casa a leggere un libro, a riposarsi, a giocare con qualche console.

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