Aprile 2020
Simon era convinto di non aver mai provato nella vita i livelli d'ansia che stava provando quel pomeriggio.
Seduto su una comoda poltrona fuori dall'ufficio del coordinatore delle ammissioni dell'Accademia di Arti Visive di Parigi, si girava e rigirava il cellulare tra le mani per tenerle in qualche modo occupate ed evitare di mangiucchiarsi le unghie.
Gettò l'ennesima occhiata nervosa alla porta chiusa di fronte a lui e poi illuminò lo schermo del telefono per controllare l'ora.
15.55.
C'erano solo cinque minuti a separarlo dal colloquio che avrebbe deciso il suo futuro.
Simon sarebbe entrato in quell'ufficio e ne sarebbe uscito senza più poter fare niente per cambiare la decisione che il dottor Williams avrebbe preso dopo la loro chiacchierata.
Ammesso o rifiutato.
Anche se poi ci sarebbero voluti altri due mesi per conoscere il responso, Simon avrebbe lasciato quell'edificio già con una sentenza sulla sua testa.
Sotto l'orario c'era un messaggio di Leo, che gli aveva inviato qualche minuto prima. Con il cellulare in silenzioso, non se ne era accorto.
"Ti penso", diceva, seguito dall'emoticon del quadrifoglio.
Simon vi cliccò sopra per andare direttamente alla chat.
"Sto morendo d'ansia."
Sullo schermo comparirono subito i tre puntini a indicare che Leo stava già scrivendo una risposta.
"Andrà bene, Sim."
Simon sospirò, pronto a digitare di inviargli in qualche modo un po' della sua fiducia, perché dentro di lui non riusciva a trovarne neanche un po'. Era sempre stato sicuro delle proprie abilità, di sé stesso, ma in quel momento sembrava aver perso ogni grammo di autostima.
Sono in una delle accademie di arti visive migliore d'Europa. Come posso pensare che ho davvero possibilità di essere preso?
L'essere arrivato al colloquio finale avrebbe dovuto essergli di conforto, eppure...
Si distrasse quando sentì un movimento vicino a lui, e alzò frettolosamente lo sguardo dallo schermo.
La porta dell'ufficio era ancora chiusa, e voltò il viso quando capì che qualcuno stava prendendo posto sulla poltrona accanto alla sua. Era sua madre. Era andata a recuperargli una bottiglietta d'acqua dalla macchinetta nel corridoio, e gliela passò ora con un sorriso rassicurante.
«Bevi.»
Simon posò il cellulare sulle gambe e fece quanto ordinatogli, anche se era sicuro che avrebbe potuto vomitarla appena entrato in quello studio sigillato di fronte a lui.
C'era già qualche studente a sostenere il colloquio, lì dentro?
Da fuori non si sentiva niente, e da quando era arrivato, mezz'ora prima, non aveva visto nessun movimento.
Quanto durava l'incontro? In quanto tempo avrebbero deciso il destino dei ragazzi che bussavano alla loro porta?
Sbuffò tutto il suo nervosismo, avvitò il tappo dell'acqua e riprese in mano il cellulare.
Leo gli aveva scritto ancora: "In caso ti servisse per fare conversazione, ecco la formula chimica della respirazione cellulare."
Sotto, seguiva un messaggio fatto solo di lettere e numeri.
Simon aggrottò le sopracciglia, ma la sua confusione davanti a quanto gli aveva inviato Leo durò solo un istante. Il suo cervello gli riportò un ricordo di quella che sembrava una vita fa, e Simon scoppiò a ridere, cercando poi di smorzarla per non farla risuonare nel silenzio in cui lui e sua mamma erano immersi.
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Stolen Shots
RomanceStolen Shots non è una storia, né una novella, ma una raccolta di racconti la cui lettura è caldamente consigliata solo a chi ha letto Offstage.