9. Amore e dolore

13 2 4
                                    

La città di New York è sempre stata pervasa da un'energia costante e da una frenesia tipica delle grandi città. Noi eravamo abituati al ritmo veloce della nostra quotidianità, era diventato ormai parte della nostra vita.

Io e mio fratello siamo cresciuti in un agiato quartiere della parte occidentale di Manhattan, tra uomini in giacca e cravatta che correvano a destra e manca, imponenti edifici che davano l'impressione di poterci schiacciare da un momento all'altro, e turisti che venivano da ogni parte del mondo.

La città che non dorme mai, così viene sempre chiamata, colma di uomini e donne in affari, grattacieli che non finiscono mai e taxi ovunque, con un cielo che viene spesso messo in ombra dagli edifici.

Los Angeles, da quel che ho potuto notare, è molto diversa da come la immaginavo. Santa Barbara è un quartiere abbastanza popolare, al limitare dell'oceano. La vita che offre è completamente differente da quella di New York: il sole è una costante delle nostre giornate, ci accompagna ovunque, insieme al vento provocato dalla vicinanza del mare.

Le persone vivono per lo sport e l'aria aperta, e sono sempre disposti a mettere da parte la frenesia e la fretta causate dal lavoro, per del sano surf. L'oceano, più che un luogo, è un vero e proprio stile di vita, che accompagna la maggior parte delle persone che vivono qui.

A mio fratello sarebbe piaciuto davvero molto, forse per la sua costante aria solare, o per il suo bisogno continuo di muoversi. Penso si sarebbe divertito, tra le giornate calde e le serate tranquille, passate sulla spiaggia, infiltrato a qualche festino poco legale.

Me lo immagino sempre, con il sorriso splendente e la sabbia tra i suoi capelli morbidi come la seta, che, per calmarlo, gli accarezzavo nei momenti di crisi.

Io e Liam eravamo una cosa sola, congiunti da un legame fraterno unico, che avevo visto poche volte nelle altre famiglie. Vivevamo l'una per l'altro, facendoci bastare il nostro amore reciproco. Ci completavamo, io con i miei insistenti difetti e lui con la sua infinita bontà. La sua risata placava la mia immancabile irascibilità, ed il mio carattere un po' più forte compensava la sua accondiscendenza.

Prima dell'inizio dei numerosi casini che riguardavano la nostra famiglia, la nostra vita era completamente diversa.

Liam era amato da tutti, sempre al centro dell'attenzione, grazie al suo carattere sociale, al suo ottimismo ed alla sua bravura nell'eccellere in tutto. Io non sono mai stata gelosa di lui, sono sempre stata la sua fan numero uno, nonostante spesso mi sentissi in difetto.

Anche quando, tornati dagli allenamenti, mamma baciava lui e non me: non provavo invidia, ma solo una genuina felicità per il fratello che per me avrebbe donato la sua stessa vita, ed indifferenza nei confronti di chi questa me l'aveva effettivamente data.

A scuola eravamo i più popolari, gli inarrivabili fratelli Burton, con il carisma che arrivava alle stelle ed una bellezza da far paura. Noi eravamo belli insieme, impossibili da sostituire o da separare; le nostre anime erano tessute l'una con l'altra tramite un filo resistente, fatto d'amore e speranza, che il nostro futuro fosse migliore di quanto non sia stato il passato.

Molti vedevano nel nostro rapporto un morboso e tossico attaccamento, mentre io non vedevo nient'altro che la mia ancora di salvezza.

Lo è stato quando a dieci anni mi prendevano in giro per l'apparecchio, oppure quando mamma si arrabbiava con me per cose inutili, o anche quando il mio primo ed unico ragazzo, nonché suo migliore amico, mi metteva le mani addosso, lasciandomi traumi indissolubili che mi porto dietro tutt'ora.

Lui c'è stato anche quando papà si era ammalato e non poteva più occuparsi dell'azienda, e quando mamma aveva smesso di rientrare a casa la sera.

Poi, ad un tratto, non c'era più.

I sorrisi erano sempre meno frequenti, così come le sue apparizioni. Era addolorato, stava male per ciò che la vita ci aveva ingiustamente riservato, ed io non sono stata abbastanza forte per riuscire a tenere su entrambi.

Lui aveva smesso di volere la mia spalla su cui piangere, aveva smesso di venire da me per sfogarsi o anche solo per un abbraccio consolatorio. I momenti che passavamo insieme si erano ridotti, fino a quando riuscire a scambiarci due parole era pressoché un miracolo.

Non era più il ragazzo di una volta, e ne eravamo tutti la causa. Mamma che ci ha abbandonati, dando più importanza al proprio dolore che al nostro, sfogandolo ogni sera con un uomo diverso e con più alcol di quello che il suo corpo potesse ingerire.

Papà, che ci aveva lasciati per sempre, illudendoci che le cose si potessero sistemare, convinti fosse più forte della malattia che se l'è portato con sé.

Io, che ero dilaniata e che soffrivo di attacchi di panico, causati da una madre assente e dalla morte di un padre che amavo più di me stessa, che l'angelo della morte ha deciso di portarsi via.

E quando anche Liam se n'era andato, la mia vita era crollata, cadendo piano piano a pezzi, e lasciandomi uno squarcio nel cuore che non si sarebbe mai più risanato.

La mia mente era diventata un buco nero, risucchiava tutto ciò che mi si avvicinava, incastrandolo nei meandri più oscuri. Mi sentivo prosciugata, stanca di vivere, e non avevo più il supporto dell'unica persona che sarebbe stata in grado di far sbocciare il mio cuore, che mi avrebbe colta da terra come un anemone sul punto di sfiorire, restituendomi la vita di cui avessi bisogno.

Ero diventata fragile, debole, un paradosso per una persona come me, che ha sempre preso la vita per la spina dorsale e ci ha lottato con le unghie e con i denti, perdendo, una volta per tutte, quando anche Liam se n'era andato.

Quando la chiamata della polizia risuonò tra le pareti della cucina, sapevo che il mio mondo sarebbe crollato per sempre. L'avevo letto nei miei occhi arrossati riflessi nello specchio. L'avevo letto nelle urla disperate di mia madre, nelle lacrime incontrollabili dei nostri amici, e nei sospiri sconsolati dei nostri professori.

Noi, che eravamo ''Amore e Dolore'' di Munch, ci siamo trasformati in un quadro privo di vivacità, vuoto, in bianco e nero. Ero stata prosciugata, dilaniata, e non ho idea di come io sia riuscita a sopravvivere a tutto questo.

La vita mi aveva strappato un pezzo di anima, ed aveva macchiato di nero ciò che ne restava. Nulla sarebbe mai più tornato come prima, e l'avevo capito nell'improvviso silenzio che il mondo aveva deciso di donarmi.

Aflame - L'onda Più Fragile Del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora