Benvenuta in America

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**Capitolo 1: Benvenuta in America**

Isabella strinse il biglietto dell’aereo come fosse un’ancora di salvezza, anche se ormai era solo un pezzo di carta stropicciato. La tensione e l’eccitazione si mescolavano nel suo stomaco, facendole sentire una strana vertigine. Il suo volo da Roma a New York era stato lungo, ma il tempo era passato velocemente, complice la sua irrefrenabile voglia di scoprire il nuovo mondo che l'aspettava.

L'aeroporto JFK era un caos ordinato, una marea di persone che si muovevano in tutte le direzioni come in un coreografico balletto. Mentre si dirigeva verso l'uscita, osservava i volti intorno a sé, cercando di immaginare le loro storie. Si chiese se anche lei sarebbe diventata una di quelle persone che sembrano appartenere a un altro mondo, che portano con sé il mistero di una vita vissuta intensamente. Ma per il momento, era solo una ragazza italiana di ventidue anni, con una valigia troppo pesante e un inglese ancora incerto.

Appena uscita dalla porta degli arrivi, vide il cartello con il suo nome scritto in caratteri eleganti: *Isabella Russo*. Lo teneva in mano un uomo di mezza età, vestito in modo impeccabile, con un’espressione di cortese distacco. Accanto a lui, una donna alta e sottile, con capelli biondi perfettamente acconciati, le sorrideva con un calore che sembrava quasi forzato.

«Isabella?» chiese la donna, avvicinandosi e porgendole la mano.

«Sì, sono io.» rispose Isabella, cercando di mantenere la calma mentre stringeva la mano fredda della donna.

«Io sono Margaret Hartman, la padrona di casa. Benvenuta in America. E lui è il nostro autista, Charles.»

«Grazie, signora Hartman. È un piacere conoscerla.»

Margaret la studiò per un attimo, i suoi occhi azzurri la fissavano con un’intensità che la fece sentire a disagio. «Chiamami pure Margaret, tesoro. Vieni, Charles prenderà i tuoi bagagli.»

Charles, senza dire una parola, afferrò la pesante valigia come se fosse leggera come una piuma e la portò verso una limousine nera parcheggiata davanti all’uscita. Isabella seguì Margaret, sentendo il cuore battere forte mentre cercava di assimilare tutto ciò che la circondava.

Mentre la macchina sfrecciava per le strade di New York, Isabella si perse ad ammirare i grattacieli che si stagliavano contro il cielo, il traffico caotico e l’energia pulsante della città. Era tutto come nei film, eppure così diverso quando lo si viveva in prima persona. Cercò di non farsi sopraffare dall’emozione, ma non riusciva a trattenere un sorriso.

«Spero che il volo sia andato bene,» disse Margaret, interrompendo i suoi pensieri. «La casa è un po' fuori città, in un quartiere più tranquillo. Penso che ti piacerà. È molto… accogliente.»

Isabella annuì. «Sì, grazie. Sono sicura che sarà meraviglioso.»

Il tragitto durò meno di quanto avesse immaginato. Ben presto, la limousine abbandonò il traffico cittadino e iniziò a percorrere strade più larghe, costeggiate da alberi rigogliosi e palazzi eleganti. Infine, girarono in un lungo viale privato, costeggiato da alte siepi che proteggevano la proprietà dagli sguardi indiscreti. Alla fine del viale, apparve la casa: una maestosa villa bianca con colonne doriche, che sembrava uscita da un’altra epoca.

Isabella trattenne il fiato mentre la limousine si fermava davanti alla scalinata di marmo. Charles aprì la portiera e la aiutò a scendere, mentre Margaret le faceva cenno di seguirla all'interno. La giovane italiana salì le scale con passo incerto, sentendosi come Alice che entra nel Paese delle Meraviglie.

L’interno della villa era ancora più imponente. I soffitti alti, i lampadari di cristallo e i pavimenti di marmo lucido le davano l’impressione di trovarsi in un museo piuttosto che in una casa. Le pareti erano adornate con quadri d’epoca e specchi dorati che riflettevano la luce in un modo quasi abbagliante.

«Benvenuta nella tua nuova casa,» disse Margaret, osservando Isabella mentre girava su sé stessa per ammirare ogni dettaglio. «Qui vivrai con noi per il prossimo anno. Sei pronta per iniziare?»

«Sì, certo,» rispose Isabella, anche se una parte di lei si sentiva travolta da tanta opulenza. «Non vedo l’ora.»

Margaret sorrise e fece un cenno a Charles, che si era già diretto verso le scale con la valigia. «Charles ti mostrerà la tua stanza. Emily, nostra figlia, non vede l’ora di conoscerti. È una bambina dolcissima, sono sicura che vi piacerete.»

Isabella annuì e seguì Charles al piano superiore, mentre cercava di immaginare come sarebbe stata la piccola Emily. Tuttavia, mentre attraversavano i corridoi silenziosi, avvertì una strana sensazione, come se qualcuno la stesse osservando.

Si voltò di scatto, ma non c’era nessuno. Solo il vuoto e il riflesso dei suoi occhi scuri in uno degli specchi antichi. Isabella rabbrividì leggermente, ma scosse la testa, cercando di scacciare quella sensazione. Doveva essere solo la stanchezza del viaggio.

Arrivarono alla sua stanza, una camera spaziosa con un grande letto a baldacchino e una finestra che dava su un giardino perfettamente curato. Le pareti erano di un tenue color avorio, e gli arredi, di legno scuro, erano di un’eleganza sobria.

«Spero che ti troverai bene qui,» disse Charles, lasciando la valigia vicino al letto. «La signora Hartman è molto esigente, ma è una brava persona.»

Isabella sorrise debolmente. «Grazie, Charles. La stanza è bellissima.»

L’uomo annuì e, con un leggero inchino, uscì dalla stanza, lasciandola sola. Isabella si sedette sul letto, cercando di riordinare i pensieri. Era solo l’inizio della sua avventura americana, eppure qualcosa, nel profondo, le diceva che c’era molto di più dietro quella famiglia perfetta. Ma per ora, decise di ignorare quell'intuizione, lasciandosi andare alla stanchezza che finalmente la sopraffece. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, cullata dal silenzio della villa.

Non sapeva ancora che quello era solo l'inizio di un viaggio che l'avrebbe cambiata per sempre.

L' inganno della casa dorataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora