Essenza: tocco caldo.

50 7 2
                                    

Aveva la mano chiusa a pugno poggiata sulla bocca, la mascella serrata e gli occhi insofferenti.
Un tocco, un respiro.
Aveva poggiato la sua mano calda e forte sulla mia, tranquillizzandomi. Quel gesto mi stupí. Che é tutta questa confidenza.
Stette cosí fino alla fine della mezz'ora di preghiera, alla fine delle lezioni, imperturbabile si era alzato e se n'era andato, abbandomandomi.

-

Unisciti a noi.
Un sussurro nell'orecchio.
Unisciti a noi, Sorella, unisciti a noi.
Un volto indefinito, uno sguardo perso.
Torna a casa Jack.
«Come sapete il mio vero nome?»
Jack, torna dalla tua Famiglia.
Tesi consenziente la mano verso il sussurro, toccai qualcosa, e...
E buio fu.

Aprii gli occhi stanchi lentamente, un altro incubo.

Caro diario,
Entità sconosciute m'invitano ad unirmi a loro in sogno.

Un brivido di paura, gelido e silenzioso come la morte, mi percorse la schiena.

Penso ci fosse anche quella persona.
Ha le mani forti e prepotenti, affusolate come quelle di un pianista, e gli occhi... Sono così vuoti, urlano implicitamente parole non dette e sospiri non fatti.
Sono occhi cosí vuoti ma pieni di storie da raccontare.

Inconsciamente, mi misi a scarabocchiarli sulle pagine immacolate del diario.

Mai visto un paio di occhi cosí, e ne avevo contemplati tanti.

Il loro grigio mi ricorda quello del vestito di mamma, lo portava il giorno in cui decise di portarmi qui e dimenticarsi di me.

Mi bruciava ancora la mano per via del contatto... Essere toccata mi aveva sempre schifato: lo trovavo rozzo, poco fine,
ma quella volta, era stato diverso, e più ci pensavo più bramavo le sue mani.

~I silenzi, quelli lunghi ma pieni, parlano e fanno più di mille gesti e parole.~

~~

Camminavo nel giardino, evitando la luce solare come nel milleseicento si evitava la peste.

Mi ero sempre chiesta cosa ci fosse dietro il grande muro che divideva la natura da quella sottospecie di giardino scolastico.
Sapevo ci fosse un bosco, ma nulla più.

Gli uccellini cantavano canzoni autunnali, i grandi alberi che durante l'estate e primavera avevano dipinto le mie giornate del più acceso e spensierato verde e svariati colori, stavano pian piano lasciando cadere le rosse foglie sul suolo.
Il verde ancora vivo dell'erba era in netto contrasto col fuoco del fogliame.

L'odore impuro e pungente dell'aria entrava con violenza nelle narici.
Amavo l'effluvio di terra bagnata e foglie in decomposizione.

Ora i raggi del Sole, disperati, tentavano di far capolino dalle grige nuvole appena apparse nel cielo blu.

Grigio come i suoi occhi.

Il rumore di un ramo spezzato in lontananza mi riportò alla noiosa realtà.
Mi voltai lentamente.

Tuffo al cuore, dannazione.

Ancora quella sensazione, ci unimmo per alcuni secondi.
Sembrava un gatto, mentre camminava verso me. Il suo passo sicuro e molleggiato, ispirava... Tante botte. Sembrava si stesse atteggiando.
Mi sorride, tendemi la mano, presentandosi.
Gliela strinsi con sicurezza.

Che sensazione meravigliosa. Quale angelico tocco può farti toccare l'ineffabile paradiso con un solo dito, innalzandoti come le donne facevano coi poeti cortesi.

Rimasi pietrificata, davanti a quel volto tanto sconosciuto quanto familiare.

SolitudeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora