Tuffo nel passato.

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Rimasi pietrificata, quel grigio mi fece sprofondare nel nero oceano chiamato passato.
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«Jack!» Urlò sua madre appena la vide fare quel gesto blasfemo verso il Cristo.
L'aveva presa per un braccio e strattonata per tutto il tragitto casa-chiesa.
Non capiva che cosa aveva fatto.
Come poteva essere in grado d'intendere una bambina di sei anni appena compiuti?

«Mamma mi fai male, lasciami!» Si dimenò fino a liberarsi dalle secche ma forti mani della genitrice. "Non devo piangere", si ricordava anche i pensieri.

La porta della chiesa si ergeva cupa e seria nel cielo nuvoloso. Erika allungò il braccio e bussò, tenendo stretta a sé la bambina.
L'uscio si aprí facendo un rumore sinistro.
Si sentiva cosí piccola a confronto con l'edificio.
La madre la spinse dentro con noncuranza. Si avvicinò quel che sembrava essere un prete incappucciato.

«L'ha rifatto, padre Cristoforo!» Aveva un tono istericamente preoccupato, il prete allungò la mano verso il braccio libero di Jack. Corse via. «Jack devi chiedere perdono», la bloccò un altro prete, uscito da chissà dove.
Era grasso e basso, con la pelata.
La fecero inginocchiare dinnanzi ad un enorme crocefisso. Tutti e tre gli adulti iniziarono a pregare, stringendo le fragili braccia della bambina.
Si mise ad urlare e piangere spaventata. «Voglio tornare a casa!»
Sapeva non ci sarebbe più tornata.
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«Ragazza?» la voce del ragazzo la fece tornare alla realtà.
Che candida ed infantile voce.
Le aveva appoggiato la mano sulla spalla e la fissava intensamente.
Sorrise e lei ricambió vaga. «Piacere, Kerly» rispose lei prima che lui potesse aprire bocca.
«Bugia» ribatté poco convinto.
«Prego?»
«Bugia. Non ti chiami davvero cosí»
«Lo saprò io come mi chiam-»
La interruppe. «Se fosse stato vero, non ti saresti agitata così tanto. Dimmi la verità, detesto le menzogne»
Lo studiò, da capo a piedi. «Jack é il mio vero nome»
«Tu mi puoi chiamarmi A-» si irrigidì «A, solo A»
Magari ha parenti orientali.

Distratta, fece correre nuovamente lo sguardo sul muro in pietra rossa, che divideva la "civiltà" dal bosco,
mentre si accingeva ad affrontare un nuovo doloroso e terribile flashback.
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L'avevano lasciata nel grande atrio, mentre padre Cristoforo e la madre si erano chiusi dentro ad una stanzina per parlare.

La curiosità, che l'aveva sempre guidata, la spinse a camminare sino alla piccola porta per origliare.
«Che dovrei fare?» "Mamma sta piangendo"
«Hanno aperto da poco una scuola cristiana per bimbi "particolari". Non é scopo di lucro, ma fanno davvero un lavoro impeccabile»
Le voci diventarono sussurri, appena sentí dei passi, tornò dove l'avevano lasciata.

«Da oggi ti chiamerai Kerly, prepara i bagagli che andiamo a fare una bella vacanza»
Esordí con voce pacata il prete, fissando gli occhi nocciola, nuovamente colmi di lacrime, della bambina.

Erika fissava la figlia con sguardo deluso, gli occhi rossi di pianto contrastavano l'azzurro cielo dell'iride.
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Aveva gridato per tutto il tragitto, voleva tornare dalla madre,
mentre si allontava da casa e si avvicinava alla "nuova vita", si rese conto che non aveva bisogno di lei,
lei che l'aveva abbandonata, la persona alla quale aveva dato il cuore su un piatto d'argento, glielo aveva rilanciato in faccia, con tanto di espressione schifata.
"Perché mi hai abbandonata?"

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